Storia del Cristianesimo: il primo santo nero
Durante il pontificato di Giovanni XXIII fu elevato agli onori degli altari il primo santo nero, el negrito San Martin de’ Porres, fratello laico nel convento di Santo Domingo di Lima.
Il papa l’aveva conosciuto a Parigi quando la Società Internazionale della Protezione degli Animali aveva portato in Nunziatura un quadro del “Santo moreno” chiedendone la beatificazione. Martin de’ Porres, per il suo amore al lavoro come portinaio e per la premura che aveva verso gli animali, era rappresentato intento a spazzare il pavimento, affiancato da un gatto, un cane e un topo che mangiavano dallo stesso piatto.
Il patriarca Roncalli ricordò allora d’aver già visto un’immagine del religioso peruviano mulatto, ma diversa. Nella Basilica di San Giovanni e Paolo a Venezia c’era già un’icona di Martin de’ Porres, raffigurato col rosario al collo. Nel 1966 papa Paolo VI l’aveva voluto patrono dei barbieri veneti perchè, proprio in una peluqueria, Martin aveva imparato ad usare perfettamente il rasoio “come un chirurgo”.
Martin de’ Porres era natoa Lima nel 1579, figlio di un cavaliere spagnolo, Juan de’ Porres, già governatore e procuratore reale di varie città del regno, e di Anna Velasquez, una schiava di Panama. Fu riconosciuto come figlio legittimo dal padre che però non ebbe mai gran cura di lui. La madre invece cercò d’impartigli un minimo d’istruzione e, appena dodicenne, Martin finì a lavorare come barbiere in una bottega di Lima dove si praticavano anche salassi e chirurgia spicciola. Apprese così qualche nozione di chirurgia, che in seguito lo rese un valido infermiere.
A quindici anni, quel ragazzo chiese d’essere ammeso a servire nel convento di Santo Domingo. Non volle farsi sacerdote e si reputava indegno anche di divenire Fratello Converso. Fu un semplice Familiare con l’abito bianco nero di Terziario Laico, solo più tardi ricevette il cappuccio.
Martin de’ Porres volle avvicinare i poveri meticci peruviani alla Chiesa, gli schiavi fuggiti ai loro padroni che vivevano emarginati da tutti nelle huacas e per farlo non bastava mettersi al loro livello, ma bisognava essere ancora più umili, occupando sempre l’ultimo posto in coro e non entrando mai a mangiare in refertorio. Offrì alla sua comunità il lavoro continuo, riservandosi solo di poter mendicare il pane per i bassifondi di Lima e di implorare misericordia per le ingiustizie che vedeva, attraverso dure penitenze.
Giuse preso alle forme più alte della vita mistica, come testimoniato più volte da profezie e fenomeni di bilocazione, levitazione ed estasi. Fu apprezzato da tutti per semplicità e buon umore. Riuscì ad ottenere finanziamenti per poter erigere un collegio per ragazzi abbandonati, mantenendone da solo oltre 350 al giorno. Aprì pure una casa per le giovani disagiate e prive di risorse economiche.
Fu canonizzato da Giovanni XXIII il 6 maggio 1962.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: F. Reginaldo, Giovanni XXIII e il primo santo di colore