La Marina francese nell’Adriatico durante la Grande Guerra

Nel corso della Grande Guerra la Marina francese fu obbligata a trovare in mare dei validi alleati per respingere la minaccia dell’imponente flotta degli Imperi Centrali. Fu così siglato un accordo con la Gran Bretagna nel quale il comando delle operazioni navali nel Mediterraneo contro la Marina austro-ungarica veniva affidato ai francesi, mentre la Royal Navy si sarebbe concentrata nelle acque del Mare del Nord dispiegando la sua forza contro la flotta tedesca.


Il giorno stesso della dichiarazione di guerra, due incrociatori tedeschi, il Goeben e il Breslau, usciti dall’Adriatico, bombardarono Philippeville e Bona. Nonostante gli accordi, furono navi britanniche, ancora presenti nel Mediterraneo, ad inseguirle, mentre la flotta francese, che s’andava lentamente schierando nel Mediterraneo Occidentale, assunse come sua prima missione il trasporto del XIX Corpo dell’Armata d’Africa dalle coste africane in Europa. Furono subito evidenti dunque le debolezze della Marina francese dovute soprattutto alla mancanza di basi navali nell’Adriatico ed all’impossibilità di sbarrarne l’imboccatura.

Quando il 16 agosto del 1915 i francesi entrarono nell’Adriatico e attaccarono navi austriache ferme al porto di Antivari, in Montenegro, riuscirono ad affondare l’incrociatore Zenta; con successo arrivarono, il 1 settembre, a bombardare i forti austriaci di Cattaro ed ancora il 7 bombardarono Durazzo. Tuttavia le perdite dovute alle mine ed ai sommergibili nemici furono notevoli, la Francia contò pure l’affondamento dell’incrociatore Leon Gambetta ed il danneggiamento della corazzata Jean Bart. Fu così costretta a ritirarsi a Biserta, due anni dopo a Corfù, poi ad Argostoli, senza più tentare altre azioni in Adriatico.

Si era reso chiaro che la geografia di questo mare esigeva incrociatori leggeri di cui la Francia non disponeva. Non poteva portare avanti una guerra di incursioni, di spostamenti rapidi sulla costa occidentale, sabbiosa e ricca d’insenature, e su quella orientale, piena di rifugi ed isolette. Soprattutto i sommergibili e le mine posate sia al di fuori delle basi navali austroungariche, sia nella parte nord dell’Adriatico, dai bassi fondali, costringevano le corazzate a navigare sotto la protezione di unità leggere di cui la Francia era sprovvista.

L’entrata in guerra dell’Italia tolse le operazioni in Adriatico ai francesi che accettarono la cosa controvoglia solo per portare l’Italia nella coalizione. Finalmente così l’Adriatico si apriva all’Intesa con i preziosi porti di Venezia, Ancora e Brindisi. Le unità francesi, insieme a quelle britanniche, furono concentrate nel sud del mare, con base a Brindisi. I rapporti tra i comandanti però non furono dei migliori e il Vice Ammiraglio Louis Dartige du Fournet fu sempre determinato ad affermare il proprio ruolo di coordinatore supremo.  Addirittura in più occasioni il francese ritirò i suoi cacciatorpedinieri. Il suo sostituto, l’Ammiraglio Dominique Gauchet, si mostrò più flessibile e soprattutto consapevole che i piani francesi di conquista di qualche isoletta avevano il difetto di basarsi su un impiego di fanterie che nessun generale era disposto a concedere. Di fatti questa idea si mostrò utilizzabile solo nell’occupazione di Corfù, destinata ad ospitare i 200.000 serbi messi in salvo dai navigli italiani.

La guerra in Adriatico doveva essere combattuta con mezzi leggeri, esattamente come suggerivano gli italiani.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: F. Sanfelice di Monteforte, Alleate e rivola. Le Marine italiana e francese nel Mediterraneo

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