La Battaglia di Alesia

La Battaglia di Alesia si combattè nel 52 a.C. e fu uno degli episodi chiave della conquista della Gallia. Cesare mostrò sul campo di battaglia quelle doti che lo avrebbero portato a divenire imperator e che lo avrebbero pure consegnato alla storia come uno dei più grandi geni dell’arte militare.

Una confederazione di tribù galliche capeggiate da Vercingetorige, re degli Arverni, fu sbaragliata dall’esercito della Repubblica di Roma. Il capo gallico fu catturato e la Gallia fu definitivamente assoggettata a Roma.

Sconfitti gli eburoni di Ambiorige, i celti s’erano finalmente resi conto che solo la loro unione poteva arginare l’avanzata romana. Un consiglio di tribù tenutosi a a Bibracte nel 53 a.C. creò l’agognata alleanza sotto la guida di Vercingetorige.Il capo ribelle dettò attacchi contro romani in tutta la regione. Il più sanguinoso fu quello di Cenabum, città portuale della tribù dei carnuti che era divenuta il centro di approvvigionamento di grano per le legioni. I mercanti romani furono massacrati dai galli ed i loro corpi furono gettati nella Loira. L’eccidio colse di sorpresa Cesare che era accampato nella Gallia Cisalpina per l’inverno. Problemi politici, oltretutto, pregiudicavano l’arrivo di rinforzi. Nonostante ciò, con una velocità sorprendente le truppe romane attraversarono le Alpi ed a tappe forzate si precipitarono su Cenabum attaccandola. I galli provarono a fuggire attraversando il ponte sulla Loira, ma il loro peso finì con lo schiantare la struttura. Le legioni superarono le fortificazioni e si abbandonarono a violenza e saccheggi, prima di dare alle fiame l’insediamento.

Nel cuore della Gallia, Cesare divise le sue truppe spedendo Tito Labieno a nord, per combattere contro i senoni, mentre egli stesso, al comando di sei legioni e di reparti di cavalleria germanica mercenaria, inseguì Vercingetorige.

Alesia era situata sulla cima di una collina circondata da valli e fiumi ed aveva importanti difese sia naturali che artificiali. Supponendo che ogni tentativo di assalto avrebbe causato un gran numero di vittime, Cesare pensò che sarebbe stato meglio cingere d’assedio la città, costringendo i suoi nemici ad arrendersi per la fame. Dispose allora la costruzione di fortificazioni lungo il perimetro dell’insediamento per circondarlo ed isolarlo. Furono costruite mura lunghe 18 chilometri ed alte 4 metri con torrioni regolarmente distanziati e dotati di artiglieria, il tutto nell’arco di appena 3 settimane. Questa linea fu seguita nell’entroterra da due fossati larghi quattro metri e mezzo e profondi circa mezzo metro. Quello più vicino alla fortificazione fu riempito d’acqua fattavi confluire dai fiumi vicini. Altre fosse erano state scavate di fronte alle palizzate per rendere il loro superamento ancor più arduo. Il condottiero stimò che la città, con i suoi 80.000 galli, si sarebbe rapidamente arresa per sete e mancanza di scorte.

In effetti, le condizioni di vita in Alesia s’inasprirono rapidamente, il cibo iniziò a scarseggiare e si decise di espellere donne e bambini in modo da risparbiare viveri e confidando nella clemenza di Cesare avrebbe permesso loro di andarsene. Indubbiamente, questa sarebbe stata anche una buona occasione per distrarre i romani e forzare una partenza dall’esercito gallico. Tuttavia, il condottiero romano ordinò di non aprire le porte del doppio anello di fortificazioni e lasciò lì donne e bambini per evitare che l’apertura dei valichi potesse spingere i galli a tentare di scappare.

La cavalleria di Vercingetorige spesso attaccò le opere romane per evitare di essere completamente chiusa, ma i cavalieri germanici protesse i lavori con successo. Dopo due settimane di lavoro, tuttavia, parte della cavalleria gallica riuscì a fuggire dalla città attraverso una delle sezioni ancora incompiute delle fortificazioni romane per chiamare i soccorsi. Cesare, allora, ordinò la costruzione di una seconda linea difensiva esterna a protezione delle sue truppe. Fu un muro di 21 chilometri che comprendeva anche quattro campi per la cavalleria.

Intanto, la pietosa visione degli innocenti fermi tra le fortificazioni, senza ripari nè cibo, colpì e demoralizzò molto i galli. Solo il provvidenziale arrivo dei rinforzi, guidati da Commio, salvò Vercingetorige da un ammutinamento generale. Quei rinforzi tanto attesi però, si trovarono davanti alle fortificazioni esterne alzate dai romani e dovettero condurre un assedio durante l’assedio. I numerosi attacchi condotti quello stesso giorno contro le mura risultarono inutili. Più fortuna ebbero quelli notturni ma la cavalleria, diretta da Marco Antonio e Gaio Trebonio, salvò la situazione. Enormi difficoltà incontrarono anche gli assediati di Alesia nei loro tentativi di superare i trinceramenti romani. L’indomani, Vercassivellauno, cugino di Vercingetorige, provò a forzare la mano e lanciò un massiccio attacco con 60.000 uomini, focalizzato su un unico punto delle fortificazioni romane. Era quello un punto debole delle costruzioni nemiche, una zona con ostacoli naturali in cui era stato impossibile costruire un muro continuo.  L’attacco ebbe luogo combinando le forze esterne con quelle della città: Vercingetorige, infatti, attaccò da tutte le angolazioni le fortificazioni interne. Cesare si fidò della disciplina e del coraggio dei suoi uomini che mantennero le linee. Visitò personalmente il perimetro incoraggiando i suoi legionari ed infine ordinò a Labieno a guidare un contrattacco con sei coorti della cavalleria. Inviò poi Bruto con altre sei coorti e Caio Fabio con altre sette corti a difendere la fortificazione interna. La manovra ebbe successo, tuttavia Cesare dovette mettersi a capo di ulteriori quattro coorti per attaccare alle spalle i nemici, in aiuto di Labieno. Il suo arrivo galvanizzò le truppe romane, che misero da parte i loro pilum attaccando con la spada. Poco dopo i galli cominciarono a farsi prendere dal panico e disordinatamente si ritirarono.

Vercingetorige fu testimone della sconfitta dei suoi uomini. Di fronte alla fame e alla morale, fu costretto ad arrendersi e presentò con orgoglio le sue armi a Giulio Cesare. Il capo dei galli fu fatto prigioniero e condotto a Roma dove restò in catene nel Tullianum per cinque anni, prima di essere esposto pubblicamente nel primo dei quattro trionfi di Cesare nel 46 a.C.. Dopo il trionfo fu giustiziato, probabilmente per strangolamento nella stessa prigione.

 

 

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