La battaglia delle Egadi

Il 10 marzo del 241 a.C. si combatté la battaglia delle Egadi, lo scontro che consegnò la Sicilia a Roma.

Esaltati dalla vittoria conseguita nella battaglia di Milazzo, i romani avevano preso a percorrere le acque siciliane senza più timori, consci di non aver capacità adeguate a colpire il nemico duramente. Si contarono così successi su successi, ma anche battute d’arresto, molte delle quali dovute però a violente tempeste. Per esempio quando Attilio Regolo sbarcò in Africa, finì travolto dal nemico in una ingloriosa sconfitta anche perché la flotta che avrebbe dovuto assisterlo dal mare finì dispersa in una tempesta da cui trovarono scampo solo ottanta delle trecentosessantaquattro imbarcazioni. Furono numerose le perdite che Roma subì per le intemperie e, a lungo andare, la continua costruzione di flotte di rimpiazzo iniziò a pesare sulle casse statali. Per qualche anno Cartagine tornò ad avere la meglio e si spinse con incursioni sino a Cuma, mentre i romani guardarono impotenti. Con le casse statali esaurite c’era poco da fare, si votò quindi una legge che obbligava i più ricchi a versare contributi che sarebbero stati rimborsati a vittoria ottenuta, così Roma poté dotarsi di una nuova flotta. Furono preparate 200 navi, ma di un tipo con scafo più leggero e veloce.

I cartaginesi furono colti di sorpresa dal comparire di queste nuove navi. Il porto di Trapani, sguarnito di protezione, fu occupato e la città di Erice, controllata dal comandante cartaginese Amilcare Barca, fu posta sotto assedio dal console Gaio Lutazio Catulo. Quando la notizia giunse ai fenici, essi affidarono la loro flotta ad Annone. L’ammiraglio intendeva sorprendere i romani partendo da Marettimo, un’isola delle Egadi. Qui avrebbe svuotato le imbarcazioni di vettovaglie e le avrebbe caricate di mercenari per scagliarsi sui romani. Lutazio Catulo riuscì però ad intercettarlo: raggiunse Favignana, la più orientale delle Egadi, con l’intento di dar battaglia ma, l’indomani, il vento contrario spingeva le navi nemiche a vele spiegate. Il piano di Annone sarebbe stato portato a termine se il console non avesse sfidato il vento. Bisognava impedire che il cartaginese potesse caricare le sue navi di combattenti. Fu così che Gaio Lutazio Catulo sfruttò la leggerezza delle nuove imbarcazioni, salpando da Favignana e tagliando la strada al nemico schierando la flotta in un’unica fila.

La flotta romana si distese su una sola linea come per formare un muro contro le navi cartaginesi che veleggiavano verso la costa del Monte Erice. I cartaginesi accettarono la battaglia; ammainarono le vele per avere maggiore mobilità e attaccarono i romani. Per i punici fu una disfatta totale, persero settanta navi con gli equipaggi ed altre cinquanta furono affondate con un numero di morti che arrivava a quattordicimila uomini. Annone riuscì a salvarsi ma subì la morte per mano del suo stesso popolo.

La prima guerra punica si concludeva con la Sicilia divenuta romana.

 

 

Bibliografia:

A. Frediani, Le grandi battaglie di Roma antica

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