La fine dei rivoluzionari del 1799

La caduta della Repubblica del 1799 fu seguita da una lunga serie di processi e condanne a morte.In questa pagina del suo “Saggio storico sulla Rivoluzione Napoletana del 1799”, Vincenzo Cuoco ricorda la fine di tanti rivoluzionari.

 

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Dopo la caduta della repubblica, Napoli non presnetò che l’immagine dello squallore. Tutto ciò che vi era di buono, di grande, d’industrioso, fu distrutto; ed appena pochi avanzi de’ suoi uomini illustri si possono contare, scampati quasi per miracolo dal naufragio, erranti, senza famiglia e senza patria, sull’immensa superficie della terra.
Salviamo da tanta rovina taluni esempi di virtù: la memoria di coloro che abbiamo perduti è l’unico bene che ci resta, è l’unico bene che possiamo trasmettere alla posterità.
Noi abbiamo sofferto gravissimi mali: ma abbiam dati anche grandissimi esempi di virtù. La giusta posterità obblierà gli errori che, come uomini, han potuto commetere coloro a cui la republica era affidata: tra essi però ricercherà invano un vile, un traditore. Ecco ciò che si deve aspettare dall’uomo, ed ecco ciò che forma la loro gloria.
In faccia alla morte, nessuno ha dato un segno di viltà. Tutti l’han guardata con quell’istassa fronte, con cui avrebbero condannati i giudici del loro destino. Manthoné, interrogato da Speziale di ciò che avesse fatto nella repubblica, non rispose altro che: “Ho capitolato”.
Ad ogni interrogazione, non dava altra risposta. Gli fu detto che preparasse la sua difesa: “Se non basta la capitolazione, arrossirei di ogni altra”.
Cirillo, interrogato qual fosse la sua professione in tempo del re, rispose: “Medico”. “Nella repubblica?”. “Rappresentante del popolo”. “Ed in faccia a me, che sei?”, riprese Speziale, che pensava così avvilirlo. “In faccia a te? Un eroe”.
Quando fu annunziata a Vitagliani la sua sentenza, egli suonava la sua chitarra; continuò a suonarla ed a cantare, finchè venne l’ora di avvicinarsi al destino. Uscendo dalle carceri, disse al custode: “Ti raccomando i miei compagni: essi sono uomin, e tu potresti essere infelice un giorno al pari di loro”.
Carlomagno, montato già sulla scala del patibolo, si rivolse al popolo e gli disse: “Popolo stupido! tu godi adesso della mia morte. Verrà un giorno, e tu mi piangerai: il mio sangue già si rovescia sul vostro capo e, se voi avrete la fortuna di non esser vivi, sul capo de vostri figli”.
Granalé dall’istesso luogo guardò la folla spettatrice: “Vi ci riconosco” disse “molti miei amici: vendicatemi!”.
Nicola Palomba era già sotto al patibolo: il commesso del fisco gli dice che ancora era a tempo di rivelare de’ complici. “Vile schiavo!” risponde Palomba “io non ho saputo comprar mai la vita coll’infamia!”.
“Io ti manderò a morte” diceva Speziale a Velasco. “Tu?… Io morirò, ma tu non mi ci manderai”. Così dicendo, misura con l’occhio l’altezza della finestra che era nella stanza del giudice, vi si slancia sotto i suo occhi, e lascia lo scellerato sbalordito alla vista di tanto coraggio e indispettito per aver perduto la vittima sua.
Ma, se ci vuole coraggio per darsi la morte, non se ne richiede uno minore per non darsla, quando si è certo di averla da altri. A Baffi, già certo del suo destino, fu offerto dell’oppio. Egli lo ricusò; e, morendo, dimostrò che non l’aveva ricusato per viltà. Era egli, al pari di Socrate, persuaso che l’uomo sia posto in questo mondo come un soldato in fazione, e che sia delitto l’abbandonar la vita, non altrimenti che lo sarebbe l’abbandonare il posto.
Questo sangue freddo, tanto superiore allo stesso coraggio, giunse all’estremo nella persona di Grimaldi. Era già condannato a morte; era stato trattenuto dopo la contanna più di un mese tra’ ferri; finalmente l’ora fatale arriva: di notte, una compagnia di Russi ed un’altra di soldati napolitani lo trasportano dalla custodia al luogo dell’esecuzione. Egli ha il coraggio di svincolarsi dalle guardie; si difende da tutti i soldati, si libera, si salva. La truppa lo insegue invano per quasi un miglio; nè lo avrebbe al certo raggiunto, se, invce di fuggire, non avesse creduto miglior consiglio nascondersi in una casa, di cui trovò la porta aperta. La notte era oscura e tempestosa; un lampo lo tradì e lo scoperse ad un soldato che l’inseguiva da lontano. Fu raggiunto. Disarmò due soldati, si difese, nè lo potettero prendere se non quando, per tante ferite, era già caduto semivivo.

 

 

 

 

Fonte foto: dalla rete

 

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