L’Abbazia di Santa Maria di Farfa

L’Abbazia di Santa Maria di Farfa è un monastero che sorge in Sabina, nel reatino. L’abbazia nel Medioevo ebbe una importanza enorme grazie ad elargizioni, privilegi, esenzioni, da parte di imperatori e papi e diventò così una vera potenza interposta fra il Patrimonio di Pietro ed il Ducato di Spoleto. Nel momento più alto della sua potenza l’abbazia controllava 600 tra chiese e monasteri, 132 castelli o piazzeforti e 6 città fortificate, per un totale di più di 300 villaggi. I passaggi che seguono sono estratti da Renzo Di Mario, “Viaggio nel Medioevo sabino”.

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L’abate di Farfa, oltre a una flotta esente da oneri e pedaggi, poteva contare su un consistente e ben equipaggiato esercito che reclutava, a seconda della necessità, dalla popolazione degli oltre 130 castelli dipendenti. Fra di essi, intorno al 1000 si segnalavano per organizzazione difensiva Fara Sabina, Frasso, Pozzaglia, Mompeo, Salisano, Montopoli di Sabina [paese della mia famiglia paterna], Tribuco e Castelnuovo. Erano pertanto soprattutto le consorterie di questi vicini “castra” a proteggere l’abate e i suoi monaci dalle incursioni barbariche, dalle angherie dei signorotti locali e dall’invadenza delle potenti famiglie baronali romane…

Farfa, i cui territori fin dal 779 superavano i confini della Sabina estendendosi, per ben quattro secoli, in Toscana, nelle Marche, in Emilia, fino alla Lombardia, possedeva numerosi castelli e porti, flotte e milizie, ospedali e ospizi, efficienti laboratori, attive officine, ricche chiese, “scriptoria”, scuole, archivi e biblioteche…

I contadini ingaggiati dall’abbazia per lavorare le terre di sua pertinenza godevano di una certa autonomia, del rispetto della dignità personale, delle consuetudini locali e non erano oberati da tributi, vincoli e imposizioni arbitrarie come quelli dipendenti dalle signorie laiche…

Agli inizi del secolo XII, Farfa, imitata da qualche signorotto della Sabina tiberina, aveva concesso ai sudditi dell’Abbazia le Carte di Libertà. Con esse si riconoscevano alcuni diritti elementari, come quello di non essere percosso e incarcerato senza un regolare processo, di non effettuare servizi e versare tasse a solo arbitrio del signore, di rispettare la dignità e l’integrità della persona, abolendo tra l’altro lo “ius primae noctis” [che aveva forma pecuniaria, non in natura come si credeva], di acquisire il diritto di possedere beni e trasmetterli agli eredi senza subire confische tranne per i casi di omicidio e adulterio, di fissare per iscritto i patti reciprocamente stipulati e soprattutto di rispettare le consuetudini locali.

 

 

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