L’antisemitismo in Germania tra Ottocento e Novecento

Nel corso dell’Ottocento si diffuse in Germania un’idea di ebreo incentrata su tre cardini: l’ebreo era diverso dal tedesco, era l’opposto binario del tedesco e non si trattava di un diverso innocuo, ma maligno, pericoloso, nemico. Essere ebrei e tedeschi parve impossibile, come se si trattasse di due realtà reciprocamente incompatibili. Lo si concepisse in termini di religione, nazione, gruppo politico o razza, l’ebreo era sembre un fremdkorper, un corpo estraneo alla Germania. Con questi presupposti si cominciò a vedere tutto ciò che non andava nel paese, nell’organizzazione sociale come nelle difficoltà economiche, un collegamento con gli ebrei. Questo antisemitismo era diffuso e tuttavia sommerso, una tendenza culturale che non si trasformò in forza politica.

L’atteggiamento sicuramente risaliva al cristianesimo medioevale ed all’ostilità contro gli ebrei di Martin Lutero, ma andava ricostruendosi nel quadro del processo che avrebbe portato la Germania all’unità. Inoltre la fusione del cristianesimo con il germanesimo vanificava il concetto stesso di battesimo, ovvero la possibilità per tutti, anche per gli ebrei, di rinunciare al peccato. Eventuali conversioni erano irrilevanti ai fini della definizione di chi fosse ebreo e andavano valutate come imbrogli. Si dichiarava che l’ebreo era il male, la fonte di tutto ciò che non andava nlla società, non un agente del diavolo – come lo si intendeva nel Medioevo -, ma il diavolo stesso. Gli ebrei non erano un gruppo religioso, erano una razza.

Il 14 dicembre 1849 la camera bassa del parlamento bavarese approvò una legge che concedeva piena eguaglianza agli ebrei, ma subito partirono le proteste. La stampa e l’opinione pubblica aprirono una stagione di lunghe polemiche e contro quella legge si organizzò pure una raccolta di firme che ebbe un rilevante successo. In tutta la Baviera solo tre comunità inviarono petizioni favorevoli alla legge e, nel 1880, sbocciò una vera e propria campagna nazionale per la revoca dei diritti agli ebrei nella Germania ora unita. Furono raccolte duecentocinquantaseimila firme ed il parlamento ne discusse per due giorni. Ma i tedeschi lanciarono anche numerose campagna per bandire diverse pratiche specifiche, in particolare la shehitah, la macellazione rituale ebraica. Cose del genere rappresentavano delle vere e proprie aggressioni all’ebraismo perchè dichiaravano che taluni aspetti del mondo ebraico violavano la morale civile.

Già sul finire dell’Ottocento comparvero in tutto il paese pubblicazioni in cui era presente l’idea di “risolvere la questione ebraica” e di farlo con lo sterminio fisico degli ebrei. Erano maturate le condizioni perchè l’antisemitismo si formasse in un gruppo politico ed in effetti, nel 1899, un partito antisemita era già presente con un programma chiaro e raccapricciante: “Grazie allo sviluppo dei moderni mezzi di comunicazione la Judenfrage diventerà, nel corso del XX secolo, un problema globale, e in quanto tale verrà risolto in modo concertato e definitivo dalle altre nazioni, con la totale segregazione, e infine (se lo imporrà la legittima difesa) con l’annientamento del popolo ebraico”.

Alla vigilia della Grande Guerra in tutta la Germania si riteneva esistente una “questione ebraica”. Durante la guerra le cose peggiorarono: i tedeschi accusarono gli ebrei di scansare l’arruolamento, di non difendere la patria, di approfittare dei disagi per sfruttare la borsa nera. Il risentimento antiebraico era talmente forte che le autorità prussiane, nel 1916, censirono gli ebrei nelle forze armate per valutarne l’effettiva presenza, una iniziativa umiliante che attestava la diffusa convinzione di un nemico ebreo. Con la sconfitta e la Repubblica di Weimar la diffidenza e l’odio verso gli ebrei esplose in una serie di pogrom. Università, stampa, magistratura, chiese e partiti erano permeati dall’antisemitismo. Si registravano assalti a negozi, agguati, violenze d’ogni tipo. Lo stesso Max Weber, nel 1920, poteva scrivere che: “l’atmosfera nell’accademia si è fatta estremamente reazionaria, e per di più radicalmente antisemita”. Albert Einstein l’anno dopo già previde che sarebbe stato “costretto a lasciare la Germania entro dieci anni”.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler

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