L’assedio di Gerusalemme del 1187

Nell’ottobre del 1187, a tre mesi dalla tremenda disfatta di Hattin, le bandiere di Saladino furono issate anche sulle mura di Gerusalemme. Per evitare una strage, Baliano di Ibelin aveva scelto una sofferta resa.

Hattin era stata un disastro. Dei milleduecento cavalieri e baroni che presero parte alla battaglia, solo Raimondo III di Tripoli, Reginaldo di Sidone, Joscelin III di Edessa e Baliano di Ibelin fuggirono alla cattura insieme a poche decine di cavalieri. Di diciottomila fanti, solo tremila erano riusciti a scappare al nemico, gli altri furono venduti come schiavi. Tutti i Templari e gli Ospedalieri catturati furono uccisi. Andò persa la reliquia della Santa Croce e il Vescovo di Acri, che la trasportava, fu ucciso. Il re Guido da Lusignano fu condotto a Damasco come prigioniero, altri nobili vennero invece riscattati.

Con l’esercito crociato quasi distrutto e il suo re catturato, Saladino riuscì a far man bassa di città e castelli, cacciandone i cristiani. Rapidamente caddero in suo possesso San Giovanni d’Acri, Nablus, Jaffa, Toron, Sidone, Beirut e Ascalona. I sopravvissuti tornarono a Tiro con grande mestizia. Di essi Raimondo III andò a Tripoli, dove mori di pleurite in autunno, Reginaldo di Sidone corse a difendere a Beaufort, mentre Joscelin III di Edessa provò a difendere San Giovanni d’Acri.

Baliano di Ibelin, signore di Ramla e Nablus, invece, chiese a Saladino che gli fosse concesso un passaggio sicuro a Gerusalemme per recuperare sua moglie, Maria Comnena, vedova di re Amalrico I ed ex regina. Saladino acconsentì in cambio di un giuramento: Baliano non sarebbe rimasto in città più di un giorno e non avrebbe più sollevato armi contro di lui. Accadde invece che, una volta rientrato a Gerusalemme, il nobile cristiano assunse il comando della città per difenderne il popolo, i religiosi, il patriarca Eraclio e la regina Sibilla d’Angiò da una sicura strage.

Quando seppe la notizia, Saladino restò sorpreso, non dal tradimento del giuramento, ma dal fatto che Baliano accettasse coscientemente un incarico privo di prospettive di vittoria. Garantì egualmente una scorta a Maria Comnena e ai suoi figli e li fece condurre al sicuro, a Tripoli, poi mise in marcia il suo esercito per conquistare Gerusalemme.

La città, intanto, si era andato riempiendo di profughi disperati che avevano abbandonato le città conquistate dai musulmani ed avevano fame, erano infermi e bisognavano di cure. C’erano pochi uomini capaci di combattere. Baliano poteva contare solo su una trentina di cavalieri e ne elevò altri sessanta, alcuni persino dai ranghi di scudiero, poi iniziò a immagazzinare tutto il cibo e le provviste che poteva.

Nel giro di pochi giorni l’esercito di Saladino fu alle porte della città e la circondò. Il sultano reputava inutile combattere, avrebbe preferito prendere la città senza spargimenti di sangue ma si vide respingere più intimazioni di resa e allora dette principio alle operazioni.

Una fitta pioggia di frecce precipitò sulla Torre di David e la Porta di Damasco, poi entrarono in azione trabucchi e torri d’assedio. I cristiani non mostrarono volontà di resa e si impegnarono in tenaci contrattacchi. Saladino decise di non sprecare più i suoi uomini e rivolse la sua attenzione ad un altro tratto delle fortificazioni cittadine, ovvero quello situato presso il Monte degli Ulivi, dove non esistevano porte principali dalle quali i crociati potessero contrattaccare. Impossibilitati a rispondere a quell’offensiva, i cristiani attesero che trascorrese la notte e che una parte del muro crollasse. Ne seguì una sanguinosa lotta. I musulmani si videro respinti con gesti di sacrificio estremo dai cristiani e non furono in grado di farsi strada nella città. Eppure a quel punto erano rimasti a malapena dodici cavalieri a Baliano che solo allora scelse di uscire e trattare con Saladino.

Il sultano si mostrò indignato dai precedenti rifiuti alle sue proposte di resa e avrebbe ora voluto conquistare la città con la forza delle armi. Baliano insistette ma Saladino si rifiutò di accettare qualsiasi pagamento di riscatto o resa. Il crociato allora minacciò di far distruggere Gerusalemme e massacrato ognuno dei musulmani, in maggior parte prigionieri o schiavi, ancora presente al suo interno se Saladino non avesse accettato. Fu così che i due convennero un accordo per garantire l’uscita libera e sicuro ai cristiani. La sola condizione imposta dai nemici fu che ogni cristiano pagasse per la sua vita un riscatto. Però il riscatto richiesto era troppo, venti bisante per ogni uomo, dieci per le donne e cinque per i bambini. Baliano provò ad opporsi ma alla fine poté pagare solo la libertà di settemila cristiani, ovvero trentamila denari. Il denaro fu preso dalle casse del tesoro che Enrico II d’Inghilterra aveva creato in città, custodito dai Cavalieri Ospitalieri. Oltre cinquemila cristiani restarono a Gerusalemme. Non potevano pagare il riscatto. Baliano e il patriarca Eraclio si offrirono come ostaggi in cambio della loro liberazione, ma questa proposta fu rifiutata e tutti coloro che non poterono pagare entro il termine di cinquanta giorni finirono in schiavitù.

La città sarebbe tornata cristiana solo per un breve periodo, nel XIII secolo, alla fine della sesta crociata sotto Federico II.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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