Il codice di Hammurabi

Il luogo preciso che vide per la prima volta gli uomini riuniti in città, come cittadini con diritti e doveri, lì dove iniziò la civiltà, è l’area denominata Mezzaluna fertile, quella grande pianura verdeggiante che univa Africa e Asia. Qui sorse Babilonia, patria di re Hammurabi, probabilmente vissuto intorno al 1750 a.C.. Le antiche iscrizioni ritrovate ne parlano con grandi lodi, è lui che portò ordine e giustizia sulla terra, e quando, nell’inverno del 1901, a Susa, un gruppi di archeologi francesi, riportò alla luce la stele sulla quale erano scolpite, in ventuno colonne di caratteri cuneiformi, le leggi di Babilonia, si capì che era davvero così.

Questa era la giustizia nella Babilonia di Hammurabi, brutale e primitiva, ma giustizia, per quell’epoca. La società appare divisa in tre classi, gli amelu, i mushkenu e gli ardu, ovvero nobili, borghesi e servi, tutti con particolari diritti e doveri. Dal punto di vista pratico non c’è differenza tra amelu e mushkenu, salvo una diversità di valore intrinseco per cui  un danno causato a un mushkeno è risarcito meno che se lo stesso danno è causato a un amelu, quindi il mushkeno vale meno, ma è libero, invece sull’ardu, lo schiavo, ricadono i doveri più duri.

La costituzione della famiglia è regolamentata con gande cura, il matrimonio è preceduto da un contratto, la legittimità dei figli è connessa all’eredità ed è prevista anche l’adozione. Era consentito al padre o alla madre di rinnegare i figli adotti, ma dovevano pagargli un compenso, viceversa se i figli rinnegavano i gentori incorrevano in vere e proprie penalità.

Come ai nostri giorni, specifici atti disciplinavano associazioni commerciali, prestiti di denaro, confini terrieri e ciò che il codice prevedeva solo a grandi linee si trovava poi sviluppato in numerosi altri documenti che pure ci sono pervenuti e provano l’esistenza di una giurisprudenza evoluta. Malgrado tanta evoluzione, le punizioni di ciò che è giudicato un crimine sono esemplari. La pena di morte è prevista per il calunniatore e lo stregone, il falso testione, il ladro, il ricettatore, il rapinatore di bambini d’amelu e per colui che nasconde schiavi fuggitivi.

Il codice si apre con una norma precisa: “Se un uomo lancia una maledizione su di un altro senza giustificazione, dovrà essere condannato a morte”. La seconda è analoga e ricorda la caccia alle streghe con relativa prova del fuoco, poi seguono un certo numero di leggi inerenti i casi di moralità: chi avesse dato asilo a uno schiavo fuggiasco era condannato a morte, ma chi ne trovava uno nel suo campo e lo riportava al padrone era premiato; chi, per pigrizia, trascurasse la manutenzione delle dighe del suo campo causando la rovina di quelli dei suoi vicini, era privato della terra; chi venvia scoperto mentre penetrava in casa altrui, doveva essere ucciso e sepolto nel buco aperto per commetere il furto; se durante un incendio qualcuno tra quelli addetti ad estinguerlo, profittava dell’occasione per rubare, doveva esser dato alle fiamme; se una donna veniva sorpresa in adulterio doveva essere buttata nel fiume insieme al suo amante, a meno che il marito non volesse lasciarla in vita; un uomo poteva divorziare da una moglie sterile, ma doveva restituire la dote quando la donna tornava alla casa del padre; se una donna non aveva cura della casa e trascurava il marito, l’uomo poteva separarsene e la donna tornava dal padre senza la resitutizone della dote; se qualcuno cavava un occhio a un amico o a un concittadino, a sua volta perdeva un occhio, se invece cavava un occhio ad uno schiavo o gli rompeva un osso, doveva solo pagare metà del valore dello schiavo al suo proprietario.

In realtà quando Hammurabi fece redigere il Codice non fu invero un innovatore perchè già i suoi predecessori avevano promulgato delle leggi. Ancora fino a poco tempo fa si riteneva il codice babilonese come il più antico, in seguito furono scoperte altre raccolte di leggiù più antiche come le raccolte semitiche di Lipit-Ishtar, re d’Isin, e quella trovate adurante gli scavi a Tell-Hermel, risalete ai tempi di Bilalama. Entrambi ispirarono Hammurabi, assieme ad ulteriori leggi sumere redatte dai suoi predecessori conservate su numerose tavolette. L’importanza del codice però resta perchè è connessa all’importanza stessa del re che le fece regidere.

Hammurabi, infatti, sesto re della prima dinastia di Babilonia, viene ricordato per aver unificato la bassa Mesopotamia. Ereditò il trono dal padre Sin-muballit, quando il regno non era che un piccolo territorio in un complesso sistema di città-stato in eterno conflitto per il controllo dei terreni agricoli più fertili. Hammurabi, assicuratasi la pace interna con una politica di grandi opere pubbliche per l’irrigazione dei campi e la fortificazione delle mura della città, lanciò una campagna espansionistica con cui arrivò a dominare tutta la Valle del Tigri e parte di quella dell’Eufrate, fino alla conquista della gande nemica Eshnunna. La promulgazione del Codice in un territorio così vasto, e fino a ieri frammentato in tante autorità, conferì a queste leggi quell’aspetto universalistico che ancora oggi è la ragione della sua importanza.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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