L’incoronazione di Ruggero II

Gli arabi furono scacciati dalla Sicilia da Ruggero, fratello di Roberto il Guiscardo, che ne divenne conte, mentre Boemondo e Ruggero Borsa, figli di Roberto, si divisero i possedimenti paterni. Partito poi Boemondo per la Terra Santa, la Puglia e la Calabria finirono nelle mani di Ruggero Borsa, ma per poco tempo. Nel 1127 si estinse la discendenza diretta del Guiscardo, per cui Ruggero II, succeduto a Ruggero I sul trono siciliano, passò lo stretto e invase l’Italia meridionale prendendo il principatum Capuae e l’honorem Neapolis. Fu così incoronato re di Sicilia a Palermo, il 25 dicembre del 1130.

Il cerimoniale dell’incoronazione di Ruggero II non è documentato. Secondo alcuni studiosi esso riprendeva quello di Carlo Magno, caduto in disuso solo nell’Ottocento, secondo altri, invece, ricalcava le formule elaborate per l’incoronazione dei re sassoni: “Siano unte queste mani con l’olio santificato, come furono unti i re e i profeti, e come Samuele unse re Davide, così tu sia benedetto e costituito re in questo regno e su questo popolo che il signore Dio tuo ti ha assegnato, affinchè tu lo regga e lo governi” (AA.VV., I caratteri originari della conquista normanna).

La cerimonia si svolse tra sfarzi e splendori. Ruggero fu unto secondo la tradizione cristiana per mano di un cardinale, poi il principe Roberto di Capua gli pose la corona sul capo. Lo racconta Falcone Beneventano nel Chronicon. Il palazzo reale fu tappezzato di pregiati tessuti, e la via che conduceva alla cattedrale fu ricoperta di tappeti multicolori. Nel banchetto, che ebbe luogo alla reggia in festa, i convitati vennero serviti con vasellame aureo e argenteo, le portate furono distribuite da servi vestiti di seta. Grande, infine, fu il concorso di popolo, estasiato da tanta magnificenza.

Alessandro di Telese descrive lo splendore del palazzo regio ed il gran numero di  cavalli ornati d’oro e argento: “Palatium quoque regium undique interius circa parietem palliatum glorifice totum rutilabat. Solarium vero ejus multicoloriis stratum tapetis terentium pedibus largifluam preastabat suavitatem. Euntem vero Regem ad Ecclesiam sacrandum, universis eum dignitatibus comitantibus, immensus etiam equorum numerus ex parte altera ordinate procedens sellis, frenisque aureis, vel argenteis decorates secum comitabandur”. Il giurizio è confermato da Romualdo di Salerno ed ancora il Telesino conferma come Ruggero “produsse in tutti meraviglia tanto da suscitare timore in coloro che erano accorsi da molto lontano”.

Quel Natale, in verità, il Normanno ebbe l’autorizzazione di Anacleto II, ovvero Pietro de’ Pierleoni, niente altro che un antipapa, rivale di Innocenzo II. Quando fu proclamato pontefice quest’ultimo, col sostegno dell’imperatore Lotario II di Suplimburgo, successo a Enrico V, Ruggero, da lui scomunicato (scomunica ribadita pure al concilio Laterano II), gli diede battaglia, lo sconfisse e riuscì persino a farlo prigioniero, a San Germano, odierna Cassino. Pur vittorioso, però, volle confermare a lui il giuramento fatto ad Anacleto.

Dopo tre giorni di trattative, Innocenzo II, in una tenda di Mignano, in Terra di Lavoro, si vide il Normanno inginocchiarsi davanti. Dopo due giorni venne emessa una bolla indiriazzata a “Rogerio illustri, et Glorioso Siciliae Regi”. La pace era fatta. In tali vicende fu enorme l’apporto di San Bernardo da Chiaravalle. Il santo fondatore della celebre Abbazia di Clairvaux, percorse tutta l’Europa per farvi riconoscere Innocenzo II, ovvero Gregorio Papareschi, ed alla fine anche Ruggero II, pur vittorioso sui campi di battaglia, l’accettò.

Il Normanno ottenne da Innocenzo II al revoca della scomunica ed una seconda incoronazione, forse quella che egli stesso ritenne “più valida” dato che la prima l’aveva ricevuta da un antipapa. E tuttavia si deve proprio ad un antipapa l’istituzione della figura del Rex Sicilie, prima inesistente. Era il 1140.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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