Nizzardi e savoiardi all’indomani della cessione alla Francia

Il 24 marzo 1860, in forza dell’articolo 1 del Trattato di Torino, i territori di Nizza e Savoia furono ceduti alla Francia e i loro abitanti divennero quindi francesi. Un fatto poco noto è che in un articolo successivo il trattato concedeva agli abitanti di Nizza e Savoia che avessero voluto continuare ad essere sudditi del re di Sardegna, di poterlo fare, a patto che inoltrassero, entro un anno, «une déclaration préalable faite à l’autorité compétente», nella quale manifestavano questa loro volontà. Ugualmente poco noto, è che un altro articolo prendeva in considerazione anche la condizione dei funzionari civili e dei militari nizzardi e savoiardi, che, essendo nativi di quelle zone, sarebbero ugualmente divenuti francesi («les fonctionnaires de l’ordre civil et les militaires appartenant par leur naissance à la province de Savoie et à l’arrondissement de Nice qui deviendront sujets français»). Essi non erano semplici sudditi perché erano titolari di un rapporto di servizio ed avevano prestato giuramento di fedeltà al re («giuro solennemente d’essere fedele a Dio, ed alla Maestà del Re nostro Signore […] pel sostegno della sua Corona e della piena sua Autorità Sovrana»). A queste persone venne salvaguardato il posto, dando loro la facoltà di divenire francesi, proseguendo la loro carriera o nell’amministrazione d’Oltralpe o nell’Armée Impériale, oppure di divenire, dopo il 1861, sudditi del Regno d’Italia, trasmigrando nel Regio Esercito o nella Regia Amministrazione. Questa scelta non era indolore, perché il nizzardo o savoiardo avrebbe dovuto trasferirsi in Italia, tagliando i ponti per sempre con la sua terra natale.

 

Tutti i funzionari e i militari originari di Nizza e Savoia dovettero esternare la loro scelta tramite «une déclaration préalable faite à l’autorité compétente» ossia al Ministro dell’Interno o a quello della Guerra. Sappiamo che quando a Nizza e in Savoia si svolsero i plebisciti, vi furono percentuali altissime di adesione al “sì” (rispettivamente il 99,38% ed il 99,82%). È interessante scoprire invece come si comportarono queste persone, dovendo fare una scelta di vita pratica. Sapere come si comportarono i “travèt” savoiardi o nizzardi, implicherebbe una ricerca negli archivi italiani e francesi, che finora nessuno storico ha ancora compiuto. Diverso discorso per i militari, e in particolare per gli ufficiali: un articolo di Hubert Heyriès, comparso nella “Revue Historique des Armées”, con il titolo “L’Intégration des Officiers Savoyards et Niçois dans les Armées Piémontaise, Française et Italienne au cœur du XIXe siècle”, apre un interessante spiraglio sull’argomento. Da questo lavoro, apprendiamo che vi fu una sostanziale differenza di comportamento tra soldati e ufficiali.

Le «déclarations préalables» presentate dai militari di bassa forza risultano nella stragrande maggioranza (95% dei soldati della Savoia e 88% di quelli di Nizza) a favore della Francia. Le «déclarations préalables» presentate dagli ufficiali sono invece nella stragrande maggioranza rivolte verso l’Italia. A cosa si deve, questa differenza? Nel 1860, all’interno dell’Armata Sarda erano presenti 602 ufficiali nati da famiglie della Savoia o della Contea di Nizza. Di questi, 493 (282 savoiardi + 211 nizzardi) optarono per l’Italia, mentre soltanto 109 (101 savoiardi + 8 nizzardi) scelsero di divenire francesi. La scelta degli ufficiali savoiardi di “italianizzarsi” potrebbe sorprendere pensando che molte delle loro famiglie erano profondamente legate alla loro terra di nascita e che molti dei loro padri avevano talvolta servito Napoleone Bonaparte, come il padre di Charles Duverger de Saint-Thomas, capitano nella Grande Armée, o il padre del marchese Léonard Félix de Roussy, prefetto durante il Primo Impero.

Quali motivazioni espressero gli ufficiali savoiardi che scelsero l’Italia nelle «déclarations préalables» inviate al Ministro e conservate oggi all’Archivio Centrale dello Stato? Fondamentalmente tre: alcuni di essi dichiararono di farlo per lealtà verso il re; altri scrissero di farlo per attaccamento alla propria unità; altri ancora dichiararono di farlo per attaccamento alla causa italiana. Hanno fondamento, queste argomentazioni? Relativamente alla prima, essa fu quella prevalente a causa del legame fortissimo tra esercito e Monarchia che nasceva dal giuramento di fedeltà e lealtà. Come è stato scritto, «la Casa di Savoia godeva di incondizionato lealismo monarchico da parte delle Forze Armate e in particolare del Corpo Ufficiali, i quali percepivano la Corona come la fonte stessa della loro esistenza» (quanto forte sentissero questo giuramento lo si è visto 8 settembre 1943, allorché molti ufficiali andarono in crisi per non violare il giuramento). L’altra motivazione, quella dell’attaccamento alla propria unità, bisogna considerare che tutti questi ufficiali avevano frequentato le stesse scuole militari e tra essi intercorrevano forti legami di sangue, di cameratismo militare e di amicizia. In più, essi ritrovavano la loro identità nella “Brigata di Savoia”, che raccoglieva al suo interno soldati “savoisiens” ed era celebre per il suo grido di battaglia “Savoye, bonnes nouvelles!”. L’ultima motivazione, quella dell’amore per la causa italiana, per i savoiardi era molto relativa: bisogna dire che in Savoia il Risorgimento non era un tema sentito giacché gli abitanti non ritenevano che li concernesse; l’ufficiale savoiardo era disposto a battersi e a morire per il suo re, ma non altrettanto per l’indipendenza italiana. Per contro, essa poteva valeva per gli ufficiali di origine nizzarda, esistendo a Nizza una forte comunità italofona («Les Savoyards restaient fidèles avant tout à la Maison de Savoie-Carignan, dont leur duché était le berceau et se battaient pour le roi, pas tant pour une idée nationale. En revanche, les Niçois exprimaient un sentiment national plus aigu, davantage sensible à la révolution risorgimentale et à l’image d’un roi national italien»). Per spiegare questa maggioranza di opzioni per l’Italia, bisogna citare una quarta motivazione, molto più concreta: la carriera. Infatti, per contrastare un emorragia di ufficiali verso l’esercito francese, che avrebbe messo a dura prova la tenuta dell’esercito proprio nel momento critico nel quale si stavano spendendo somme enormi per potenziarlo e riarmarlo, in vista di sicure future guerre di indipendenza, il Ministro della Guerra Manfredo Fanti condusse una massiccia politica di promozioni e avanzamenti di carriera: dal 1 agosto 1859 al 31 dicembre 1861, furono promossi 485 ufficiali su 602, e il movimento riguardò soprattutto i gradi inferiori (sottotenenti, luogotenenti e capitani), cioè ufficiali di età compresa tra i venti e i trent’anni, ansiosi di fare carriera. Tra una decorazione e una promozione, gli ufficiali non esitarono, e scelsero la promozione.

Anche molte illustri famiglie della nobiltà savoiarda, avendo forti legami con il Piemonte, fecero la scelta italiana con tutti i loro membri, come i Gerbaix de Sonnaz d’Habères (dei quali due esponenti furono il generale Ettore de Sonnaz, protagonista della Prima Guerra d’Indipendenza, Ministro della Guerra e Senatore, e il generale Maurizio De Sonnaz, Comandante in capo degli Alpini e Senatore), o i come i Roussy de Sales (in cui uno degli esponenti era Francesco di Sales, vissuto nel XVII secolo e divenuto santo, e non ci si dimentichi di Josephine Françoise Philippine de Sales che aveva sposato il marchese Giuseppe Filippo Benso ed era la nonna di Camillo Cavour); altre famiglie nobili, come i Costa de Beauregard, scelsero la Francia pur avendo i loro membri ricoperto importanti cariche nell’esercito e nell’amministrazione sabauda (come Louis Marie Eugène Costa de Beauregard, morto nel 1794 per Vittorio Amedeo III combattendo alla testa dei Granatieri Reali contro Napoleone, il generale Joseph Henri Costa de Beauregard, commissario di Vittorio Amedeo III all’Armistizio di Cherasco, Victor Henri Costa de Beauregard, Consigliere di Stato e Commendatore dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, e Sylvain Louis Joseph Costa de Beauregard, Primo Scudiero di Carlo Alberto ed anche Commendatore Mauriziano). Altre famiglie dell’antica nobiltà savoiarda, come i D’Humilly de Chevilly, si divisero: dei quattro fratelli di questa famiglia, il più grande, Charles, maggiore dei Lancieri di Montebello e i minori, Pierre, Maggiore delle Truppe della Marina, e Louis, Maggiore del 4° Reggimento Granatieri di Sardegna, scelsero l’Italia, mentre l’ultimo, Raymond, Capitano del 1° Reggimento di Fanteria, Brigata di Savoia, preferì la Francia. In un celebre caso, quello di Félix-Philibert Mollard, la scelta della Francia fu motivata dalla frustrazione, e derivò dal fatto che Vittorio Emanuele (pur facendolo generale) non onorò la sua promessa, fatta sul campo, di nominarlo anche “Duca di San Martino” quando Mollard salvò per un soffio le sorti della battaglia. Il fratello di Mollard, anch’egli ufficiale dell’Armata Sarda e anch’egli generale, optò invece per l’Italia.

 

 

 

 

Autore articolo: Paolo Benevelli

 

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