Paolina Bonaparte, la regina dei fronzoli
Paolina Bonaparte, la più bella delle sorelle di Napoleone, la sua preferita, la dolce, la brillante, la “frivola”, non mancò di sconfessare tutti e star accanto al fratello quando cadde in sventura.
Arnanet, ufficiale dello Stato Maggiore del Bonaparte, la descrive “singolare miscuglio di ciò che poteva esservi di più completo in perfezioni fisiche e di più bizzarro in qualità morali. Se ella era la più leggiadra creatura che si potesse vedere, era anche la più irrazionale che si potesse immaginare”.
La ragazza era certo stravagante. I suoi detrattori ne dissero “che della donna ebbe tutte le debolezze e nessuna virtù”. Odiò senz’altro Napoleone per aver impedito il suo matrimonio d’amore con Louis-Marie-Stanislas Fréron, il giacobino, il rivoluzionario, lo squattrinato commissario del popolo. Per ambiziose ragioni il fratello la allontanò da quell’uomo e la concesse, invece, all’amico generale Leclerc, comandante in capo dell’Armata d’Italia.
Del Leclerc la ragazza si innamorò tanto, ma non abbastanza da riservagli in esclusiva l’uso di quelli che lei chiamava “i vantaggi concessimi dalla natura”, ossia il suo bel corpo. Paolina iniziò infatti a coltivare numerose relazioni extraconiugali, che sarebbero poi state una costante della sua vita: attori, pittori, musicisti, generali ed ussari avrebbero via via frequentato la sua alcova. Lo scandalo non tardò a scoppiare e Napoleone spedì la coppia ed il figlioletto Dermide ad Haiti, allo scopo apparente di sedarvi la ribellione indigena capeggiata dall’ex schiavo Toussaint Louverture, ma col fine vero di mettere a tacere ogni diceria. Leclerc morì sul finire del 1802 a seguito d’un attacco di febbre gialla Paolina tornò in patria pronta a cadere fra le braccia di nuovi amanti.
Paulette, dunque, giusto il tempo di partorire Dermide e si ritrovò vedova, neppure un anno di lutto e sposò il ricco Camillo Borghese, Principe di Sulmona, appartenente ad una delle più nobili e facoltose casate romane. Bello, elegante, fascinoso nei suoi tratti mediterranei, aveva tutte le doti per piacere alle signore parigine e tuttavia non brillava per intelligenza nè educazione. Solleticato dalla prospettiva di vedere la sua famiglia imparentata con quella di un principe della famiglia di Papa Paolo V, Napoleone acconsentì di buon grado alle nozze della sorella col Borghese, raccomandandole di seguirlo a Roma e di rispettarlo come marito e come uomo. Parole al vento perché, una volta giunta nell’Urbe, Paolina iniziò presto ad annoiarsi, pur in mezzo a tante bellezze artistiche, trovando sollievo ancora una volta negli amanti, frequentati durante le sempre più lunghe assenze del marito.
Per Arnanet “non aveva maggior contegno di una educanda: parlava a vanvera, rideva per niente e per tutto, contraffaceva i personaggi più gravi, mostrava la lingua alla cognata quando costei non la guardava, mi urtava col ginocchio quando io non prestavo sufficiente attenzione alle sue birichinate…”. Forse pure per suo marito fu questo. Paolina ebbe più di trenta amanti e Camillo Borghese lo seppe sempre e lo accettò con rare scenate di gelosia. L’uomo era compiaciuto dal cognato che lo volle principe di Francia nel 1805, comandante della Guardia Imperiale nel 1806 e poco dopo colonnello, maggiore generale e duca di Guastalla. La prematura morte per un attacco malarico del figlioletto Dermide, di cui la donna incolpò il marito che lo aveva mandato a trascorrere l’estate nella calura di Frascati, a casa dello zio Luciano Bonaparte, guastò irreparabilmente i rapporti di coppia ed a nulla valse lo splendido regalo fattole da Camillo, che nel 1804 incaricò l’artista del momento, lo scultore Antonio Canova, d’immortalare la moglie seminuda come “Venere vincitrice”. Dal 1810 la separazione fra i due fu anche fisica.
Paolina fu a Torino. Quì ebbe come damigella d’onore la coetanea Adele de Sellon, mamma di Camillo Benso di Cavour, cui fu molto affezionata, e fu madrina di battesimo proprio del nostro Cavour.
Come la madre, Paolina Bonaparte trovò nella cognata Giuseppina la più odiata nemica e vide la sua mano quando il fratello le assegnò Guastalla. “La regina dei fronzoli” se ne lagnò scrivendogli: “Vi prevengo, carissimo fratello, che mi strapperò gli occhi, se non mi date da governare uno stato un po’ più grande di un fazzoletto!”. Certe cose facevano ridere l’Imperatore…
Cambiarono i tempi e, come dicevamo, la svampita Paolina soccorse il fratello, raggiungendolo a Portoferraio e sacrificando persino i gioielli dei Borghese. Questa fedeltà non si spense neppure dopo Waterloo. Tentò in tutti i modi di raggiungere il fratello a Sant’Elena, ma le fu sempre negato il permesso.
Si ammalò di cancro al fegato e morì dopo essersi riconciliata con il marito da cui si era separata, assicurandosi una degna sepoltura nella Cappella Borghese, all’interno della Basilica romana di Santa Maria Maggiore. .
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: H. d’Alméras, Paolina Bonaparte; E. Lazzareschi, Le sorelle di Napoleone – Paolina; A. Bersanetti, Donne Napoleoniche