Priapo

L’interpretazione della figura pagana di Priapo è molto più complessa di quanto si possa immaginare.

La madre è Afrodite, la dea nata dalla spuma del mare, il padre è Hermes o Dioniso, in ogni caso una divinità fallica. Scrive Kerenyi: “Egli veniva annoverato tra i figli di Ermes e si affermava che proprio lui fosse Ermafrodito. Sua madre era Afrodite, al posto del padre figurava per lo più Dioniso, se non Adone o addirittura Zeus stesso”. Hera, colta dalla gelosia, toccò con la sua mano il corpo di Afrodite incinta e Priapo nacque mostruoso, talmente brutto da essere abbandonato su di un monte. “Un pastore – scrive ancora Kerenyiavendo trovato il mostro, avrebbe capito che la singolare posizione del suo attributo fallico – quindi non soltanto il carattere fallico, ma anche ciò che era in lui di ermafrodito – avrebbe favorito la fecondità delle piante e degli animali”. E fu così che Priapo divenne la deità della fertilità dei campi, protettore di giardini, vigneti e frutteti.

Il suo animale era l’asino, lo racconta Ovidio nelle Metamorfosi. Era il suo animale sia a causa dell’importanza che esso aveva nella vita contadina, sia per una sorta di analogia fra il pene del dio e quello dell’animale. Narra il mito che Priapo stava per cogliere la ninfa Lotide mentre dormiva quando il ragliare di un asino la svegliò e la fece fuggie. Da allora, per vendetta, Priapo pretese un sacrificio annuale dell’asino, inghirlandato, osannato, onorato per il suo chiaro aspetto duplice. Altrove l’antagonismo con l’asino è fatto risalire ad una gara di fertilità, durante la festa di Cibele, che Priapo perse a Lampsaco contro l’animale, al termine della quale il dio, indispettito, ammazzò il vincitore.

Però Priapo, che è portafortuna ideale dell’antichità e simbolo sessuale, è destinato a vedere sempre insoddisfatte le sue voglie. Scrivono Sissa e Detienne in La vita quotidina degli dei greci: “Il ‘grande strumento’ che la natura gli ha riservato con l’aiuto di Hera non conoscerà nè piacere nè moderata soddisfazione. Sesso irrigidito da quello stesso priapismo che aveva voluto far provare agli scortesi mariti delle sue ammiratrici. Condannato di regola al fallimento amoroso, impotente e sterile, Priapo si vede rinchiuso nel ruolo di giardiniere ipocondriaco, dedito alla sorveglianza di un campetto di legumi e sofferente della malattia umiliante che rivela per sempre la sua laidezza. Priapo non sarà mai rivale del gioioso Phales o Phallus, che si tiene ‘ben dritto’ dietro la fanciulla dalla testa del corteo per le Dionisie dei fiori. Nessuna faloforia per Priapo: la distanza fra lui e Dioniso si allarga irresistibilmente”.

E’ forse allora una allegoria dell’uomo dagli istinti più bassi, l’uomo che è logorato dalla passione istintiva?

Priapo è in effetti un dio complesso. Secondo Diodoro, Priapo era ricollegato al mito d’Osiride e sarebbe la deificazione della sua virilità tagliato nel mito, così che i seguaci del culto portavano in processione un fallo; Priapo è anche collegato alla danza ed alla guerra, da lui infatti Marte apprende la danza armata e poi anche l’arte delle battaglie, forse perchè il simbolismo del fallo si congiunge all’idea di lancia in resta o forse perchè la primavera, la stagione in cui i campi esplodono di vita, era anticamente il periodo preposto alle battaglie.

Nelle sue feste gli si offrivano corone colorate e serti di spighe. Gli si immolavano l’asino, un giovane becco o una capra. Tutto ciò rimanda anche alle sue raffigurazioni: spesso infatti il dio appare con corna di becco, orecchie di capra, corone di foglie o di alloro. Durante le priapee greche, forse ad esclusiva partecipazione femminile, le donne gli presentavano canestri di frutta e vasi di vino, si danzava al suono di flauti e tamburi e si compivano i sacrifici. Si trovò così in Italia facilmente incluso al seguito di Dioniso, praticamente omologato a Sileno ed ai Satiri.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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