San Filippo Neri e Santa Caterina de’ Ricci seguaci di Savonarola

Savonarola era in Lombardia quando, a Firenze, Pico della Mirandola implorava Lorenzo de’ Medici di far tornare quel frate dai santi costumi in città, come lettore nel convento di San Marco. La sua predicazione, rafforzata dall’esempio d’una vita austera e rigorosa, ebbe risultati prodigiosi, i libertini abbandonarono le loro abitudini, gli usurai rinunciarono ai loro interessi, le donne ricche rinunciarono all’ostentazione del lusso. Savonarola non apparteneva alla schiera degli adulatori di Lorenzo de’ Medici e fu merito della sua predicazione se gli interessi dei banchieri furono intaccati dall’istituzione di un Monte di Pietà, tuttavia Angelo Poliziano riporta che il Medici lo stimò e ne implorò umilmente la benedizione. Quel tipo di predicazione però intaccava troppi interessi e metteva sul banco degli imputati troppe personalità importanti. Il pontefice Alessandro VI sottopose le dottrine del Savonarola ad un rigoroso giudizio mentre quegli condannava il mal costume della Sede Apostolica. Il papa scomunicò il frate mentre il senato fiorentino lo difese garantendo che “in tanti anni, ne’quali egli ha soggiornato qui fra di noi, intendendo alla predicazione e ad istruire il popolo ne’buoni costumi, ha dato sempre saggio di buono e dotto religioso; e, parlando senza alcuna passione, niente in esso si è potuto notare, che smentisse il carattere di una vita esemplare, e di una dottrina eccellente”. Ma inimicarsi il papa non era l’ideale, così “i magistrati – dice il Muratori, timorosi ancora delle tante minaccie del Papa, fecero prendere e menar nelle carceri il Savonarola. Allora fu che infieri contro di lui chi gli voleva male. Corse tosto a Firenze un Commissario del Papa, per accendere maggior mente il fuoco ed accelerare la morte dell’infelice”. Savonarola fu impiccato e bruciato, eppure fu presto pianto da molti…

I suoi seguaci ne serbarono la memoria e continuarono a leggere i suoi libri accrescendo in numero. Nel processo di canonizzazione di San Filippo Neri si riporta che, mentre la commissione pontificia discuteva le opere del frate, il santo pregava assieme a tutta la comunità della Minerva, e ad un tratto, irradiato da una luce, esultò: “Vittoria, vittoria, le nostre orazioni sono state esaudite”. Poi si seppe che la Congregazione dell’Indice aveva salvato le opere. Frà Paolo Bernardini da Lucca, confratello al Savonarola, nel 1558, scrisse che: “Per tutto si facevano parti colari orazioni con gran moltitudine e frequenzia di persone, e massime in Fiorenza: e il simile anco si faceva in Roma, e particolarmente il giorno della congregazione delli illustrissimi cardinali dell’ Inquisizione, per questa sola cosa: in modo che, quando si dava principio alla congregazione, una gran parte dei frati , e etiam de i secolari ragunati nella Minerva avanti al Santissimo Sacramento, continuamente e nel medesimo tempo pregavano Iddio, che al giusto intento e desiderio nostro sortisse buono effetto; e quando noi tornavamo da palazzo dopo fornita la congregazione, si cantava in coro il Te Deum laudamus o altre devote orazioni per ringraziare la maestà d’Iddio. E non solo nel nostro convento della Minerva, ma ancora in altri vari luoghi di Roma, dalli devoti secolari; e non solo dalle monache del nostro Ordine, ma ancora da quelle che forse non mai udito avevano ricordare il nome di frà Girolamo si facevano, dico, le orazioni delle quaranta ore. E era gran miracolo e stupore a vedere tutta la città di Roma commossa e sottosopra per questo conto; e fino alli banchi de’ mercanti e tra tutti li bottegari se ne parlava pubblicamente”.

Quei libri furono letti dal duca Cosimo de’ Medici e da Michelangelo e tenuti in grande stima da Santa Caterina de’ Ricci. La santa conservò come preziose reliquie un dito di Girolamo Savonarola, il cerchio di ferro che ne aveva sostenuto il corpo sul rogo ed un suo ritratto dipinto da fra Bartolomeo.

Il domenicano Frà Timoteo riporta pure che la giovane suora fu guarita, nel 1540, dopo un voto a frate Hieronimo: “Cadde el suo capo in sul suo braccio appoggiato in sul detto altarino; e parvegli in istanti addormentarsi. Et eccho tre frati molto splendidi, dello habito di S. Domenico, gli apparvono; de’ quali quel del mezzo gli pareva in una nugola: et a questo suora Chaterina dixe: Chi siete voi? E lui rispose: Oh! non mi cognosci tu? A questo lei rispose: Padre no, che io non vi cognosco. Alle quali parole lui replicò: A chi chiedi tu dunque le gratie? E essa, A questo (rispose), a frà Hieronimo le chieggo. Et io son quello; gli disse lui. Ma avanti che io ti sani, voglio che tu mi prometta dua cose: prima che ti exerciti quanto tu puoi nella virtù della obedientia: secondario, – che ti confessi et comunichi domattina. Che era el dì della santissima Trinità, et ancora la festa sua e de’ sua compagni; che in tal dì, nel 1498, erono con seco stati nella città di Firenze abbruciati. Et decte queste parole, gli fece un segno di croce in sullo stomacho tanto infiato et così in sul corpo; et poi gli baciò (come gli parve) la parte destra del viso, dove gli erpno più giorni innanzi uscite alcune schianze rosse e grande. Et poi gli dixe: O sta su, et va ringratia Iddio: et sappi che le tribulatione presto presto saranno, et presto sarà la gloria nostra in terra. Et mentre gli parlò, sempre tenne la sua mano sulla spalla di lei. E la decta suora, destandosi, si trovò sanata”. La santa qualche tempo dopo assistette all’apparizione di frà Girolamo insieme con la Vergine e il Bambino e compose una lauda che riportiamo:

Da che tu m’ha’ dimostro tanto amore,

Servo di Cristo, con quel dolce sguardo

E con quel don che or m’è doppio dardo,

Sempre t’arò nel mezzo del mie’ core.

 

Nelli tormenti e pene ero somersa,

E tu pietosamente subvenisti:

Ogni letizia stava per me persa,

Quando la tuo’ pietade ad me apristi.

I’ ti chiamavo ; e tu al fin venisti,

Come pietoso padre ad una figlia,

Con quella faccia lucida e vermiglia

Che rutilava lucido splendore…

 

O divo Padre, che tuo’ figlia morta

Ad una nuova vita riducesti,

A te ricorro………..

 

Ricordati, benigno Padre mio,

Che le tuo’ figlia è fragil per natura:

Soccorri dunque sempre al mie’ desio,

E fa la mente mia casta e pura……..

 

Quel vivo amor che ti commosse ‘l petto

A render all’ancilla sanitade,

Quello ti muova, Padre mie’ diletto,

A crescer nella figlia la bontade.

 

Riscalda ‘l petto con la fiamma ardente, –

E la speranza drento al cor ravviva;

Alluma con la fede la mie’ mente,

E Giesù sposo in mezzo al cor si scriva.

La dolce pace che nostre alme adviva,

E purità che fa le spose oneste,

L’umiltà vera, come sopraveste,

Ancor ti chieggio, dolce genitore.

 

E quel ch’i’ chieggio a te, Padre pietoso,

Ai compagni tuo’ il chieggio ancora.

Così come vo’ siate nel riposo

Uniti, nella gloria che v’ onora ;

Così v’unisco in me e vi ringrazio…..

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: T. S. Centi, Girolamo Savonarola, il frate che sconvolse Firenze; C. Guasti, Le lettere spirituali e familiari di S. Caterina de’ Ricci; P. Villari, La storia de Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi; G. Carducci, Fra Gerolamo Savonarola e S. Caterina de Ricci

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