Teodato, l’inetto re dei goti
Mundo, capitano degli illiri, si portò a Solona, in Dalmazia, Belisario con una flotta entrò nelle acque di Catania e attraccò al porto fingendo di voler poi ripartire per Cartagine. Iniziò così l’attacco dei bizantini al regno ostrogoto d’Italia. Costantinopoli aveva usato una strategia intelligente, aveva attaccato su due fronti periferici e mal difendibili. Mundo prese Solona, Belisario Catania, poi Siracusa. Provò ad opporsi Palermo, credendosi inespugnabile, ma Belisario fece entrare le navi nel porto e issò gli arcieri in cima agli alberi, più alti delle mura, colpendo i goti e costringendoli alla resa. Svernò a Siracura, poi dovette tornare in Africa per sopprimere una rivolta. Era iniziata la fine del brevissimo regno di Teodato.
L’esercito sbarcato in Sicilia contava circa settemila uomini di cui quattromila fanti e tremila isauri. Belisario era affiancato da Costantino, Bessa di Tracia e Perano d’Iberia. Le truppe a cavallo erano guidate da Valentino Magno e Innocenzo, quelle a piedi da Erodiano, Paolo, Demetrio e Ursicino, gli isauri invece erano comandati da Enne e c’erano pure duecento unni e trecento mauri.
Teodato, colto di sorpresa, s’accordò per cedere agli imperiali l’isola, pagare un tributo annuo di trecento libbre e mettere a disposizione di Costantinopoli tremila guerrieri, inoltre tutte le prerogative di governo sarebbero spettate all’imperatore. Ovviamente Giustiniano era ben disposto ad accettare simili condizioni, ma nel frattempo i goti, guidati da Asinario e Grippa, si ripresero la Dalmazia, uccidendo in battaglia Maurizio, figlio di Mundo che per il dolore attaccò i nemici, finendo anch’egli ucciso. L’imperatore allora spedì Costanziano a riprendere Solona e ingiunse a Belisario di tornare rapidamente in Italia per riprendere la guerra. Teodato aveva i giorni contati, ma non sarebbe stato Giustiniano a sancire la sua fine…
Nato a Tauresium, vicino all’odierna Skopje, Teodato era figlio di Amalafrida, sorella di Teodorico, dunque uno dei più influenti esponenti della nobiltà gota. Fu ben istruito nelle lettere latine, nella teologia e nella filosofia di Platone, ma completamente inadeguato alla politica ed alla guerra. Venne associato al trono dalla cugina Amalasunta che lasciò a lui la corona dopo la morte del figlio Atalarico, in cambio del vero governo. Invece, Teodato se ne liberò presto: la mandò in esilio sull’isola Martana, nel lago di Bolsena, e la fece strangolare (Procopio avrebbe poi scritto nella Storia segreta che il re degli ostrogoti l’aveva fatto per volontà dello stesso Giustiniano, istigato da Teodora, sua gelosissima consorte). Scoprendo il vicino regno d’Italia così fragile e preda di intrighi, probabilmente da lui stesso orditi, Giustiniano si finse scosso dall’orrore dell’assassinio e trovò la ragione di muovere guerra.
Gli uomini di Costanziano, approdarono ad Epidauro, ma Grippa, sapendo debole la cinta muraria di Solona e grande il numero dell’esercito bizantino, pose accampamento verso Scardona, lasciando la città ai bizantini per poi tornarsene a Ravenna. Belisario, invece, tornato in Sicilia, lasciò lì una piccola guarnigione, di stanza a Siracusa, e passò da Messina a Reggio, dove lo salutò da amico Ebrimuth, genero di Teodato, che, in cambio del tradimento, ottenne da Giustiniano la dignità di patrizio. L’esercito bizantino, senza trovare ostacoli, procedette per il Bruzio e la Lucania, entrò in Campania e, dopo un lungo assedio, prese Napoli.
Saputo della rapida marcia di Belisario, i goti non tollerarono più la calma del loro re che non osava uscire in campagna contro il nemico e, anzi, sospettarono che stesse tramando la consegna del regno a Giustiniano. Si riunirono così poco distanti da Roma, in una località lungo la via Appia chiamata Regeta, attraversata dal fiume Decennovio. Il consiglio elesse un nuovo re, un guerriero privo di sangue nobile, già distintosi al seguito del rimpianto Teodorico contro i gepidi. Si chiamava Vitige.
Teodato, saputo la nuova, scappò a Ravenna con l’intenzione d’imbarcarsi successivamente verso Costantinopoli. Sulle sue tracce si mise il guerriero Optari, incaricato da Vitige di catturarlo e di consegnarglielo vivo o morto. Procopio di Cesarea ci fa sapere di Optari che nutriva un profondo odio personale per Teodato perchè “aspirando alle nozze di una certa fanciulla ereditiera e di bell’aspetto, questa Teodato, corrotto con denaro, gli tolse dandola in sposa ad un altro”. Il re fu trovato e sgozzato, suo figlio Teodegisco fu fatto imprigionare.
Ora era davvero Vitige il re e come tale doveva comportarsi. Lasciò a Roma un contingente di quattromila uomini sotto il comando di Leuderi e fece radunare guerrieri da ogni angolo del regno. Si portò a Ravenna e prese in moglie Matasunta, figlia di Amalasunta, al fine di rendere più solida la legittimazione della sua corona, poi spedì ambasciatori a Giustiniano per tentare d’ottenere la pace, ma non poté ottenere nulla dall’imperatore, ormai certo di poter riconquistare facilmente l’intera Italia.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: Procopio di Cesarea, Guerre Gotiche