Caravaggio e la Vocazione di San Matteo

La scena si volge in un ambiente poco illuminato, con due estranei appena entrati che si fermano davanti a cinque esattori, intenti a contare denaro. Uno dei due arrivati indica con un gesto solenne un personaggio seduto al centro del tavolo e quesit, abbagliato dalla luce che irrompe improvvisamente nella stanza, si chiede: “Chi, io?”. E’ il momento della chiama di Matteo e i misteriosi personaggi davanti a lui sono Gesù e San Pietro. L’opera è la Vocazione di San Matteo, una delle più importanti realizzate da Caravaggio. Per comprendere a pieno il significato della tela bisogna ricordare che essa finì collocata in una chiesa francese e in Francia, da poco, il re Enrico IV di Borbone si era convertito al cattolicesimo abbandonando la fede ugonotta. Secondo la Chiesa era dunque un peccatore illuminato dalla Grazia Divina, proprio come Matteo.

Nel 1565 Mathieu Cointrel, italianizzato Contarelli, datario di Gregorio XIII e poi cardinale, acquistò una cappella nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, a Roma, con l’idea di di dedicarla al suo santo eponimo. Specificò i motivi iconografici che avrebbero dovuto essere presenti nelle decorazioni e, alla sua morte, fu il suo esecutore testamentario, il cardinale Francesco Maria del Monte, a far rispettare quelle disposizioni. Il cardinale, colto mecenate e protettore di Michelangelo Merisi, assegnò proprio a lui i dipinti previsti. Era il 1599 e vennero vennero commissionate al Caravaggio tre tele destinate alla Cappella Contarelli: la Vocazione di San Matteo, il Martirio di San Matteo e San Matteo e l’angelo.

L’opera che più attira l’attenzione delle tre è certamente la Vocazione. Dimostra infatti tutte le capacità pittoriche di Caravaggio, ma anche la sua idea di narrazione dell’evento. Dal punto di vista compositivo si può dividere in due parti. Sulla sinistra c’è un gruppo di cinque uomini seduti intorno al tavolo a formare un primo blocco orizzontale, sulla destra, ci sono le figure di Cristo e San Pietro che seguono un andamento verticale. Anche i costumi separano i due gruppi, da una parte ci sono i cinque che indossano abiti del Cinquecento, dall’altra ci sono Cristo e San Pietro scalzi e avvolti in abiti antichi. Il vuoto tra i due blocchi è colmato dal gesto di Cristo che protende il braccio verso Matteo. Quel suo gesto crea un raccordo tra la vita terrena e quella eterna, un ponte dalla perdizione alla salvezza, chiama il gabelliere a seguirlo. Una luce che irrope fulminea nell’ambiente evidenzia un sottile gioco di sguardi, movimenti degli occhi, tensioni dei visi. Cristo chiama Matteo con la sua mano e Matteo riecheggia indicando se stesso come se la luce fosse veicolo di quell’appello.

Caravaggio, giunto a Roma nel 1592, fu allievo del Cavalier d’Arpino che lo adoperò per fare nature morte, ma presto si impose con diverse pitture per la sua attenzione all’uso della luce. Recuperò infatti le sperimentazioni della pittura lombarda, per esempio quelle dei notturni di Alessandro Bonvicino detto Moretto, quelle negli effetti a lume di Antonio Campi da Cremona o ancora gli gli studi di Gerolamo Savoldo, e così maturò quel gioco di chiaroscuri, di luci rarefatte che lasciano appena intuire i contorni degli oggetti in ombra, e che si intrecciano con sorgenti luminose più calde che caratterizza opere come la Vocazione di San Matteo.

L’opera rappresenta assieme l’evoluzione artistica di Caravaggio e la sua ascesa sociale ed economica. Dai quadri meno pagati di natura morta degli anni giovanli, il pittore approda prima ad opere con mezze figure di soggetto profano e poi, nella piena maturità, ai soggetti sacri a figure intere.

La tela ebbe un impatto rivoluzionario, incarnò una completa rottura col passato. Per la prima volta un episodio sacro veniva raffigurato nel presente e il messaggio evangelico non era stemperato da elementi allegorici, ma acquistava attualità nell’immediatezza di una scena quotidiana che tutti potevano vivere in una tavera romana dell’epoca. Inoltre, agli sfondi architettonici o ai paesaggio campestri presenti nelle opere dei pittori contemporanei, Caravaggio oppone la monocromia di fondi a terra d’ombra dai quali le figure emergono attraverso un progressivo schiarimento della tinta.

Per comprendere l’impatto della pittura del Merisi sull’ambiente romano basti ricordare che dovette eseguire per ben due volte una delle opere della Cappella Contarelli, ovvero il San Matteo e l’angelo, perchè la prima realizzazione fu ritenuta indecorosa a causa della raffigurazione troppo umile dell’evangelista. La splendida versione originale andò distrutta nel corso della Seconda Guerra Mondiale e rappresentava un santo in veste di rozzo contadino, analfabeta perchè intento a scrivere sotto la guida della mano dell’angelo. Nella seconda versione, oggi nella cappella romana, il santo assunse le sembianze di un dotto che scrive sotto ispirazione. Nella Roma dell’epoca certi dettagli erano visti con attento spirito critico. Si noti, tra l’altro, come, ogni particolare aderisca perfettamente al cattolicesimo rinnovato nel al Concilio di Trento.

Nella tela della Vocazione, per esempio, Cristo e San Pietro siano raffigurati scalzi secondo i precetti della Controriforma che indicava l’assenza di calzature come simbolo dell’ideale di povertà a cui la Chiesa doveva conformarsi. Ma è l’intera tela ad essere un’affermazione controriformista. Il gesto di Cristo viene ripetuto da Pietro, primo pontefice successore di Gesù e simbolo della Chiesa Cattolica Romana, che media tra il mondo divino e quello umano e a sua volta è ripetuto da Matteo. Questa è la rappresentazione simbolica della Salvezza che passa attraverso la ripetizione dei gesti istituiti da Cristo, cioè i sacramenti, come ribadito al Concilio di Trento.

La cosa si ripete nel Martirio. Qui il pittore raffigurò il carnefice nell’atto di uccidere il santo che tende la mano verso un angelo, in una scena pervasa da una drammatica agitazione in cui però la luce assume lo stesso significato simbolico della Vocazione, ma con cambio di protagonista. La posizione aperta delle braccia di San Matteo,  richiama la croce, tuttavia egli non è illuminato totalmente come invece è il suo carnefice, perché egli è già in Grazia Divina. Il vero protagonista-peccatore è dunque il sicario, è su di lui che deve agire la luce salvifica di Dio.

Alla fine la pittura del Caravaggio convinse e gli vennero commissionati anche i laterali della Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo.

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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