Il banditismo ai tempi dell’antica Roma

Anche all’apice della sua potenza, Roma non ebbe il completo controllo dei suoi territori. Il banditismo fu una piaga che sempre presente, mai debellata, opprimente e violenta. Montagne, altopiani, foreste, campagne remote restarono spazi dove la legge aveva difficoltà ad affermarsi ed avventurarvisi era molto pericoloso. Qui dominavano i latrones.

Pullulavano di briganti le lontane province d’Africa ed Asia, il delta del Nilo e l’Isaruia, ma anche le campange laziali e Plinio il Giovane riferisce anche di un caso di un ricco cavaliere che partì da Como con una sua scorta di schiavi per poi sparire nel nulla. Anche Strabone ricorda la figura di Seleuro, chiamato figlio dell’Etna, che per molto tempo razziò le città dell’area etnea prima di essere catturato e ucciso nei giochi gladiatori nel 35 a.C..

In ogni angolo dell’impero sono state rinvenute epigrafi in cui compare la tipica formula interfetus a latronibus ovvero “ucciso dai banditi”. Così, per esempio, una lapide rinvenuta in Dacia riporta: “Agli dei Mani di Lucio Giulio Basso, figlio di Lucio, della tribù Sergia, decurione del municipio di Drobeta e questore, ucciso dai banditi, visse cinquatasette anni”. A Salona, in Dalmazia, fu ritrovata ancora una lapide con una storia del genere, sebbene più triste: “Agli dei Mani di Giulai Restuta, sfortunatissima, uccisa all’età di dieci ann ia causa dei suoi gioielli. Posero i genitori giulio Restuto e Statia Pudentilla”. Ancora una lapide proveniente stavolta dall’Africa ricorda il caso di un giovane di nome Lusio: “Mentre desiderava l’abbraccio della cara sorella e affrontava un viaggio di molte miglia, fu ucciso in un assalto di banditi”.

I latrones erano una minaccia per i viaggiatori, per le fattorie, per i villaggi e fu necessario predisporre severissime pene per chi fosse stato catturato. Le punzioni previste dalla legge per reprimere questo fenomeno criminale prevedevano morti atroci e supplizi. I banditi catturati erano di solito giustiziati sul posto, ma, quando venivano processati regolarmente, la loro sorte era terribile, potevano venir burciati vivi, crocefissi oppure condannati ad essere sbranati dalle belve nel circo. Fu Silla il primo a prendere provvedimenti contro i briganti con la promulgazione della Lex Cornelia de sicariis nell’81 a.C., che prevedeva pene capitali come la crocifissione e l’esposizione ad bestias. Tanta severità non bastò però ad estirpare il banditismo.

Lo storico greco Erodiano, che pubblicò verso la metà del III secolo gli avvenimenti compresi tra il 180 ed il 238, sotto il titolo di Storia dell’impero dopo Marco Aurelio, ci ha tramandato le vicende del bandito Materno. La sua comitiva era fatta di tristi figuri, soprattutto di soldati disertori, uomini esperta d’armi e lotta. Operava tra Spagna e Gallia, inizialmente presidiando i valichi, approfittando di solitari viaggiatori ed attaccando piccoli centri. Assunse poi le dimensioni di un vero e proprio esercito e continuò a crescere fino al punto da assalire impunemente le città, darle alle fiamme e far incetta d’ogni cosa. L’imperatore Commodo diede ordine di catturare il capo bandito ma questi addirittura immaginò un colpo esemplare: elaborò un minuzioso progetto, estremamente audace ma non impossibile, puntando addirittura ad assassinare Commodo. Forse esagerò, forse perse la misura delle cose, Erodiano motiva quest’ambizioso proposito così: “Poichè tutte le sue imprese gli erano riuscite oltre ogni aspettativa, pensò che doveva conseguire un successo definitivo facendo qualcosa di eccezionale o almeno trovare una morte non priva di onore e gloria”. Ad ogni modo, in occasione della celebrazione in onore della Madre degli dei, i più fidati e capaci uomini di Materno e lui in persona, avrebbero dovuto travestirsi da guardie pretoriane e aggregarsi al corteo cui avrebbe partecipato l’imperatore, per poi sguainare le spade ed ucciderlo. Qualcosa però non funzionò. Alcuni tradirono Materno e rivelarono la trama all’autorità. Il bandito fu arrestato e condannato a morte per decapitazione.

Il più celebre dei briganti dell’antica Roma resta però Bulla Felix, operante lungo la via Appia durante il governo di Settimio Severo. Lo storico Cassio Dione ci dice che fu a capo di una banda di oltre 600 uomini, tra cui schiavi fuggiaschi e liberti che avevano perso le condizioni di privilegio nella corte imperiale a causa di quella guerra civile che dopo la morte di Commodo aveva segnato l’avvento al trono di Settimio Severo. Questo capo bandito fu scaltro, astuto, imprendibile, informatissimo su tutto e tutti. Bulla Felix fu catturato nel suo rifugio in una grotta marina in Liguria e condananto a morire sbranato dalle belve.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *