Corrispondenza tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi

La questione delle ricadute politiche della Spedizione dei Mille era stata più volte affrontata presso la Corte di Torino. Anche tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi c’erano stati diversi scambi epistolari in merito. Il re aveva sempre respinto l’invito dell’Eroe dei due mondi. Così, anche dopo la conqusita della Sicilia, Vittorio Emanuele II invitava Garibaldi a fermarsi, ma il Nizzardo rifiutava, su consiglio… del re.

 

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22 luglio 1860

Re Vittorio a Garibaldi

“Caro Generale,

Lei sa che allorquando Ella partì per la spedizione di Sicilia non ebbe la mia approvazione; ora mi risolvo a darLe un suggerimento nei gravi momenti attuali, conoscendo la sincerità dei Suoi sentimenti verso di me.

Per cessare la guerra fra Italiani ed Italiani io La consiglio a rinunziare all’idea di passare con la Sua valorosa truppa sul continente Napoletano, purchè il Re di Napoli si impegni a sgombrare l’isola e lasciare liberi i Siciliani di deliberare e disporre delle loro sorti. Io mi serverei piena libertà d’azione riguardo alla Sicilia, nel caso che il Re di Napoli non volesse accettare questa condizione.

Generale, ponderi il mio consiglio e vedrà che è utilie all’Italia, verso la quale Ella puà accrescere i suoi meriti, mostrando all’Europa che, come sa vincere, così sa fare buon uso della vittoria”.

 

22 Luglio 1860

Re Vittorio a Garibaldi

“Ora, dopo aver scritto da Re, Vittorio Emanuele Le suggerisce di rispondere presso a poco in questo senso, che so già essere il suo.

Dire che il Generale è pieno di devozione e di reverenza per il Re, che vorrebbe poter seguire i suoi consigli, ma che i suoi doveri verso l’Italia non gli permettono di impegnarsi a non scorrere i Napoletani quanto questi facessero appello al suo braccio per liberarli da un governo nel quale gli uomini leali ed i buoni italiani non possono aver fiducia. Non poter dunque aderire ai desideri del Re volendosi riservare piena la sua libertà d’azione”.

 

Milazzo, 27 luglio 1860

Garibaldi a Re Vittorio

“Sire,

La M.V. sa di quanto affetto e riverenza io sia penetrato per la Sua persona – e quanto io bramo ubbidirla – però la V.M. deve ben concepire in quale imbarazzo mi porrebbe oggi un’attitudine passiva, in faccia alle popolazioni del continente napoletano, ch’io sono obbligato di frenare da tanto tempo – ed a cui ho promesso il mio immediato appoggio. L’Italia mi chiederebbe conto della mia passività e credo ne deriverebbe immenso danno.

Al termine della mia missione io deporrò ai piedi di V.M. l’autorità che le circostanze mi hanno conferito – e sarò ben fortunato d’ubbidirla per il resto della mia vita”.

 

 

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