La morte di Bruno Garibaldi in Argonne

Il battesimo del fuoco della Legione Garibaldina si verificò il 26 dicembre. I tre battaglioni, divisi ciascuno in quattro compagnie guidate da un capitano francese e da un tenente italiano, si misero in marcia alle 6.00. Il 1° e il 2° battaglione costituirono la testa d’attacco, il terzo restò in riserva, ad eccezione del secondo tenente Bruno Garibaldi, che ottenne dal fratello Peppino l’autorizzazione ad unirsi agli attaccanti. La truppa si diresse verso l’altopiano di Bolante mentre le artiglierie già tuonavano. Furono lanciati due assalti, ma privi del sufficiente supporto dei cannoni francesi, non riuscirono a prendere le trincee tedesche protette dal fitto labirinto di filo spinato. Caddero 4 ufficiali e 44 soldati, la maggior parte impigliati nelle reti, i feriti furono 112. Tra i morti ci fu pure Bruno Garibaldi.

Sin dal primo assalto, Bruno Garibaldi era stato colpito al braccio. La ferita gli fu fasciata, è tornò coraggiosamente alla battaglia.  Fu allora che due proiettili lo trafissero. Perse sangue in abbondanza, i suoi compagni lo trascinarono presso un albero e fu così che spirò, mormorando a chi gl istava accanto: “Bacia i miei fratelli per me!”.

Il suo corpo rimase due giorni e due notti nel fitto fango del terreno inzuppato di pioggia, i vani tentativi di riportarlo indietro lo stesso giorno avevano avuto solo l’effetto di aumentare il numero di morti. Nella notte tra il 27 e il 28 dicembre, diversi garibaldini si offrirono volontari per andare a prenderlo. Scavarono una trincea ed il giovanissimo caporale Salgemma strisciò verso il corpo caricandoselo sulla schiena. Fu raggiunto dai suoi compagni che lo aiutarono a tornare al riparo. Henry-Jacques Hardouin racconta che “durante questo supremo ritorno alle linee francesi, arrivò una palla colpire di nuovo Bruno Garibaldi nel cervelletto”.

Il generale Gouraud, comandante della decima divisione di fanteria sostenuta dai garibaldini ai suoi ordini, rese eloquente omaggio a Bruno Garibaldi ed ai morti italiani. I caduti furono seppelliti nel cimitero della Forestière. Pochi giorni dopo, accompagnato da due dei suoi fratelli, Ezio e Sante, la bara dell’eroe fu trasportata alla stazione di Sainte Méné per essere riportata in Italia.

Il 6 gennaio 1915, quando finalmente la salma giunse a Roma, una processione interminabile di gente comune mescolata a personalità imminenti, vecchi soldati e veterani dell’epopea garibaldina, salutò il feretro accompagnato da due giovani in uniforme francese, Ezio e Sante Garibaldi. La bara fu portata in una cappella organizzata sotto la stazione poi al cimitero di Campo Verano, dove si trova la tomba della famiglia Garibaldi.

Il vecchio generale Ricciotti Garibaldi, non lasciando trasparire nulla dal suo dolore di padre, fu, in quella circostanza raggiunto da una seconda triste notizia. Un altro suo figlio, Costante Garibaldi, era morto nella Legione Garibaldina. Con voce trafelata disse: “Vai Bruno, ti saluto con l’orgoglio di un padre e di un italiano, perché sei caduto per dovere. Ma non sarai solo, tuo fratello presto si unirà a te … L’Italia ti vendicherà!”. La folla accolse quelle parole gridando: “Viva Garibaldi! Abbasso l’Austria! Abbasso la Germania! Guerra! Guerra!”.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: M. Cuzzi, Sui campi di Borgogna. I volontari garibaldini nelle Argonne (1914-1915)

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