Rodolfo Valentino, il divo

Il nome Rodolfo Guglielmi dice sicuramente poco ai più. L’icona del cinema degli Anni Venti del Novecento, nato a Castellaneta, in provincia di Taranto, nel 1895, è a tutti noto col suo nome d’arte: Rodolfo Valentino. Ad indirizzarlo al successo nel mondo dello spettacolo era stata una stroncatura. La scuola per macchinisti navali di Venezia l’aveva respinto per una insufficienza toracica. Era così emigrato in Francia, poi in America, di giorno, a fare da manovale e giardiniere nel Central Park di New York e, dopo il tramonto, a fare il ballerino nei locali notturni.

Nel 1919 conobbe, ad una festa conobbe la sua prima moglie, Jean Acker. Il matrimonio durò appena una notte…

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale aveva provato ad arruolarsi nell’aviazione statunitense, ma ricevette una nuova bocciatura, stavolta per miopia. Tuttavia alla visita medica conobbe un attore che lo aiutò ad ottenere una piccola parte in L’avventuriero, un film del 1920. Fu il suo trampolino di lancio. L’anno dopo fu il protagonista de Quattro cavalieri dell’Apocalisse. Il trionfo lo travolse e l’innalzò tra i vip del cinema dell’epoca.

La sua carriera si spense drammaticamente nell’arco di cinque anni, quando una peritonite l’uccise. Era stato l’idolo delle donne, aveva incarnato il modello ideale di bellezza, il divo per eccellenza, l’oggetto di delirio delle ammiratrici, il protagonista dei celebri Il giovane Rajah, Sangue e arena, L’Aquila nera, Il figlio dello sceicco. Valentino recitava e dettava la moda: gli abiti alla Valentino, i capelli alla Valentino, gli stivali alla Valentino, e soprattutto lo sguardo alla Valentino

Senza abbandonare le tante amanti, nel 1923 aveva sposato Natacha Rambova, incontrata sul set de La signora delle camelie, ed era tornato in Italia, a Roma, per il viaggio di nozze. In quella circostanza non ottenne udienza con Mussolini e scoprì pure che le sue pellicole erano praticamente sconosciute. Si rese conto che in quell’Italia l’unico protagonista e doveva essere il Duce. Di lì a poco dichiarò che “i pezzi grossi del fascismo sono veri e propri gangsters”. Il regime ordinò la messa al bando dei suoi film, poi Valentino fece retromarcia, si dichiarò “italiano, anzi italianissimo nunc et semper” ed i suoi film tornarono a circolare in Italia. Pace fatta e così ai suoi funerali, il 23 agosto del 1926, la salma fu vegliata dai fascisti di New York in camicia nera.

Nello stesso giorno furono organizzati due immensi cortei, uno a New York, l’altro a Hollywood. Seguirono il feretro, oltre agli attori più celebri dell’epoca, da Gloria Swanson a Chaplin, decine di migliaia di persone in una ressa indicibile, che paralizzò il traffico e causò decine di feriti, mentre Pola Negri, la sua ultima amante, svenne teatralmente sulla sua bara. Le sue spoglie furono sepolte nel Mausoleo della Cattedrale all’Hollywood Memorial Park di Los Angeles.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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