Il campanile di Solesino

Solesino. Un nome magico per l’appassionato di storia. A chi lo ascolta evoca immediatamente l’immagine di Torello Salinguerra che, presente Guido Conte di Lozzo in qualità di testimone, nel castello solesinese arbitrava la suddivisione dei beni di Folco, Marchese d’Este, tra i suoi tre figli sentenziando che “…fatta la cognizione e udita la volontà dei Marchesi… stabilisco che Bonifazio tripartisca Este con Solesino e la Pieve di Villa. La prima scelta sia del Marchese Alberto, la seconda del Marchese Obizzo e la terza di Bonifazio e questa divisione si faccia coi vassalli, masnade, terre, acque ed altre cose…”.

Ahimè, il viaggiatore che ai nostri giorni passeggiasse per Solesino invano cercherebbe segni e resti del glorioso passato.

Già ad inizio XVII secolo del castello, che un giorno aveva visto tra le sue mura riunirsi i potenti della Terra, sopravviveva solo un torrione destinato, a partire dal 1602, a svolgere il più modesto ruolo di torre campanaria.

Per celebrare la trasformazione venne murata sopra la porta del campanile una lapide su cui si poteva leggere:

“Non ut una sermones in varios solvatur lingua, verum ut multae in unum cogantur Deo canentes, Turris extollitur- pietate admodum Rev. D. Iulii Alexii Oliv. suadente, aere vero Fratalearum opus absolutum. An. Dom. MDCII”.

In italiano

“La torre viene eretta non perché un’unica lingua si diffranga nei diversi idiomi, ma affinché le tante lingue convergano cantando a Dio. L’opera è stata compiuta per devota iniziativa del Rev. Don Giulio Alessio Oliv. e concretamente a spese delle Confraternite (degli Olivetani). Anno del Signore 1602”

Inizialmente aumentato in altezza, e nella seconda metà dell’800 arricchito della cella campanaria, a fine XIX secolo le condizioni del campanile apparivano alquanto precarie.

Insufficienti le fondamenta della torre originaria? Eccessivo il peso delle aggiunte successive?

Credo sia impossibile ormai stabilire il perché, fatto sta che a fine XIX secolo Comune e Parrocchia erano costretti a prendere dei provvedimenti straordinari tra cui la rimozione dell’orologio e la sospensione del suono delle campane.

Il crollo del Campanile di San Marco il 14 luglio 1902 rappresentò un campanello d’allarme spingendo le Prefetture ad avviare accertamenti sulle condizioni statiche delle varie torri esistenti. Il 16 agosto 1902 una commissione del Genio Civile di Este, guidata dall’ingegner Balzoni e dall’arciprete di Solesino don Amedeo Pallina, visitava la torre. Nella relazione datata 21 agosto 1902 il campanile veniva giudicato irrecuperabile e se ordinava l’abbattimento.

Questo fu eseguito, nel silenzio delle autorità civili ed ecclesiastiche, nel febbraio del 1903, distruggendo in breve tempo l’ultimo ricordo dell’antica dominazione estense. Solo la lapide secentesca poté essere salvata.

Il Pegoraro nel suo Solesino breve storia del comune e della parrocchia riporta che dopo la demolizione venne posta sulla facciata della chiesa a destra della porta maggiore e che li, nel 1928, si trovava ancora.

Lo scrivente, effettivamente, può testimoniare la sua presenza nel 2021 ma non può fare a meno di chiedersi come mai riporti il millesimo MDCXI, 1611, invece del MDCII, 1602, indicato dal Pegoraro… ️

Con la demolizione Solesino rimase privo per alcuni anni di una torre campanaria. Solo il 21 ottobre del 1906 poterono iniziare i lavori di costruzione della nuova torre, lavori che alla fine avrebbero importato la spesa, per l’epoca decisamente notevole, di 150000 Lire.

Dopo la pausa imposta dalla Prima Guerra Mondiale, il 14 agosto 1927 la nuova torre, alta ben settantacinque metri, era finalmente terminata e pronta per diventare il nuovo ed amato, simbolo del paese.

 

 

 

 

 

Autore articolo e foto: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

 

Bibliografia: Domenico Pegoraro, ” Solesino breve storia del comune e della parrocchia “, 1928; Gaetano Nuvolato, ” Storia di Este e del suo Territorio “, 1853; Graziano Zanin, ” Solesino un secolo in fotografia “, 2018; Tarcisio Caron, ” Villaggi ultramillenari “, 2012; Tarcisio Caron, ” Il feudo della Corte Elisina e i Marchesi d’Este “, 2009

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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