Il viaggio di Carlo VII in Egitto e in Palestina

Nel 1895, in Spagna, fu stampato un nuovo libro che andò ad arricchire la vasta biblioteca del Carlismo: Viaje de los señores Duques de Madrid a Egipto y Palestina. Sul frontespizio figura il nome di Marcos Laguna, ma lo storico carlista Melchor Ferrer (1888-1965), nella sua monumentale Historia del tradicionalismo español (Tomo XXVIII, Volumen II, Documentos, 1959), ci informa che si tratta del «Seudónimo de Francisco Martín Melgar [1849-1926]. Carlista.», ossia il segretario del re proscritto Carlo VII (1848-1909), nonché un ottimo scrittore e giornalista. Come vedremo, riconoscere la vera identità dell’autore dell’opera non è un’impresa così ardua, tuttavia va almeno ricordato che Ferrer conobbe personalmente il Nostro e condivise con esso alcune specifiche posizioni politiche.

 

Dopo la terza guerra carlista (1872-1876), Francisco seguì Don Carlos nel suo esilio. Inizialmente visse quindi a Parigi, dove si era trasferito il monarca, e a partire dal 1880 fu suo segretario per vent’anni. Dal 1881, Melgar diresse La Corrispondencia de París, pubblicato dagli esuli tradizionalisti, e in seguito all’espulsione di Carlo dal territorio francese si spostò a Venezia, presso la corte carlista di Palazzo Loredan, accompagnando sempre il re in tutti i suoi viaggi, compresi quelli in Egitto e Palestina del 1895.

Melchor Ferrer nel ventiduesimo volume della sua già citata, colossale, opera inserisce un profilo sintetico del segretario, tratteggiando una vita interamente dedicata al legittimismo: «Nacque a Madrid. Diresse il giornale carlista “La Estrella”. Durante la terza guerra carlista fu redattore di “El Cuartel Real”. Terminata la stessa emigrò, venendo assunto come segretario di Carlos VII. Collaborò con i periodici carlisti e antiliberali spagnoli e sudamericani. Il suo incarico di segretario cessò nel 1900. [Fu] Consigliere di Jaime III [1870-1931]. Carlos VII gli concesse il titolo di Conte di Melgar. Morì a Parigi nel 1927». Nel corso della sua carriera, al pari di altri esponenti di spicco del tradizionalismo (nonché degli stessi reali proscritti), dovette sopportare le accuse diffamatorie mossegli da giornalisti e scrittori di parte avversa. A differenza di quanto sostenuto da alcuni, nel 1900 il suo incarico non cessò a causa di un deterioramento dei suoi rapporti con il re: invero egli si licenziò poiché non sopportava più la regina, Berta de Rohan (1868-1945). La corte accettò le sue dimissioni e dopo poco tempo Berta distrusse buona parte dell’archivio di Palazzo Loredan.

In due articoli pubblicati lo scorso anno su Historia Regni, a cui ci si permette di rimandare, chi scrive ha già fornito alcune notizie sul soggiorno veneto di Carlo Maria di Borbone Spagna (Il re carlista Carlo VII a Palazzo Loredan e I Carlisti a Venezia). Questa parentesi “veneziana” del Carlismo ha ricoperto una parte importante nel cammino del movimento e la città lagunare, a suo tempo, ha esercitato un fascino singolare sugli spagnoli, basti pensare che nel 1896, a Granada, nacque addirittura un «periodico popolare carlista» chiamato Venecia, diretto da Don Alfonso Muñoz de Mesa – ma si potrebbero citare anche altre intitolazioni suggestive. Non è quindi un caso che Don Francisco abbia scelto lo pseudonimo di Marcos Laguna.

Va rimembrato che l’Egitto, dopo essere stato occupato dagli inglesi, divenne ufficialmente un loro protettorato il 18 dicembre 1882 e tale era nel 1895, al tempo della vacanza dei reali carlisti, che qui poterono notare la convivenza multiculturale in cui crebbero anche artisti italiani come Filippo Tommaso Marinetti e Giuseppe Ungaretti, nati entrambi ad Alessandria d’Egitto rispettivamente il 22 dicembre 1876 e l’8 febbraio 1888.

Diversa era la situazione politica in Palestina, allora direttamente governata dall’Impero Ottomano; nella terra di Gesù, per altro, i cristiani palestinesi (a quel tempo come oggi) erano perseguitati sia dai musulmani che dagli ebrei.

Venendo al contenuto del libro del memorialista, esso è un resoconto del viaggio intrapreso dalla famiglia reale e dal loro seguito verso l’Egitto e la Terra Santa. Dopo aver passato l’inizio dell’inverno del 1894 a Napoli, i duchi di Madrid, nel mese di dicembre, raggiunsero Viareggio per festeggiare il santo Natale e il capodanno con i loro cari. Tornarono nella città partenopea ai primi del 1895 e da qui si imbarcarono il 9 gennaio, a bordo di un vapore della compagnia Florio Rubattino (il cui nome, ironicamente, si lega alle vicende di Garibaldi). La nave fece scalo a Messina e poi si diresse verso Alessandria d’Egitto.

Il “Laguna” svolse «con sumo gusto» il compito di cronista volontario, il suo è un diario familiare, come quello scritto da un fratello per i suoi fratelli assenti: lo dedicò a tutti i carlisti. Anche se lontani, i tradizionalisti erano costantemente uniti al re per il loro affetto; per noi lettori contemporanei queste 181 pagine sono una raccolta di ghiotte curiosità che, se adoperate con acutezza, possono illuminarci sui legami internazionali di amicizia o di simpatia intessuti da Don Carlos. Egli era un uomo semplice e alla mano, fortemente pratico, ma dai molti interessi: lo appassionavano l’arte e le culture orientali, e ovviamente osservava con grande attenzione gli sviluppi degli equilibri geopolitici, ma anche ogni questione relativa all’ambito militare. Al Cairo uno dei monumenti che colpirono di più Don Carlos furono le mura di Saladino, che erano ancora in condizioni abbastanza buone, con le torri intere, strutture che sfruttò anche Bonaparte per la difesa della metropoli: «questa città è piena di ricordi della spedizione in Egitto, punto di partenza della fortuna di Napoleone». Il narratore spiega che anche i viaggi di Carlo sono di impostazione carlista: il re visitò le Americhe por la Patria, cioè ricordando la grandezza dell’impero universale ispanico, e raggiunse la Palestina por Dios.

Tra gli incontri piacevoli e le accoglienze calorose, però, ci sono anche diverse note dolenti: «Non può esserci città alcuna in cui l’anima di un credente soffra tanto quanto a Gerusalemme, teatro di continui sacrilegi e profanazioni» scrisse Melgar, «Dalla porta della gran Basilica, la più venerabile e sacra della Cristianità, i guardiani turchi, seduti o sdraiati su un divano, ridono, fumano e disturbano fin dentro il tempio stesso, riempiendo lo spirito di un senso di vergogna, di rabbia e di dolore, che aumenta quando, avanzando all’interno del sacro recinto, si vedono gli spazi in cui si sono svolte le scene più auguste del mistero della Redenzione, profanati dalle sectas disidentes che li hanno usurpati, ora con la forza, ora con la corruzione, compiacenti le autorità turche. Così accade con la cappella della morte del Salvatore».

I signori duchi di Madrid visitarono anche la famosa moschea di Omar, «il monumento che fa di Gerusalemme, agli occhi dei musulmani, una città santa, subito dopo la Mecca e Medina. La legge [turca] condanna a morte ogni cristiano che varca la soglia di questa moschea, pena per la quale si può essere perdonati solo abbracciando l’islamismo. Questa legge rigorosa, in vigore anche all’inizio di questo secolo, è caduta in disuso dopo la guerra di Crimea», al tempo della visita regale, infatti, era concesso di visitare l’edificio con un permesso particolare del governatore e la protezione speciale di alcune guardie, per essere tutelati dal «fanatismo musulmán». Melgar chiama ironicamente «genízaros» questi uomini del governatore, ma in realtà il corpo dei giannizzeri fu abolito definitivamente nel 1826 per volontà di Mahmud II (1789-1839), sovrano che durante il suo regno – durato dal 1808 al 1839 – tentò di modernizzare il già traballante Impero Ottomano.

Viaje de los señores Duques de Madrid a Egipto y Palestina segue gli stilemi classici del racconto di viaggio, è un testo denso di riflessioni erudite e aneddotiche. La vita di Carlo VII è talmente ricca di curiosità che anche Ferrer ammise di essersi posto un limite a causa dell’ampiezza di tale materia. Marcos Laguna ci racconta come l’aristocratico conoscesse anche padre James Issaverdens, «cronista de la Comunidad armenia que existe en Venecia, en la isla de San Lázaro», degli armeni di Venezia Don Carlos fu caro amico e al monastero di San Lazzaro donò una raccolta di minerali (oggi conservata in uno spazio non accessibile al pubblico).

Sarebbe davvero bello conoscere le conversazioni che si tenevano nei circoli legittimisti veneziani orbitanti attorno al Loredan, fu in questo pittoresco contesto – come abbiamo già ricordato in altra sede – che venne a mancare Wagner, il 13 febbraio 1883, quando era ospite del conte di Chambord (1820-1883) presso palazzo Vendramin, dove era alloggiato in una camera del mezzanino.

Lo storico dell’arte René Huyghe (1906-1997), una volta, ha raccontato al collega Marcel Brion (1895-1984): «Abbiamo non un testimone, certamente, della morte di Wagner, ma, a sentir lui, il figlio di un testimone, Pietro Marton, figlio del portiere del Palazzo Vendramin. Ricordo di averlo incontrato alcuni anni fa, ed egli mi raccontò, in questa stanza medesima, quello che era accaduto negli ultimi momenti di Wagner, e come suo padre lo avesse sostenuto, mentre stava per venir meno: “Qui egli ha reso l’ultimo respiro, appena ritornato dalla casa della contessa Morosini. Era stato in sala da pranzo; dopo mangiato si sentì male e passò in questa stanza. Si stese sul letto; venne Cosima…Cosima chiamò papà…papà accorse…ormai non c’era più niente da fare. Egli spirò”».

L’indagine sulle frequentazioni veneziane degli spagnoli richiederà studi più approfonditi; sicuramente un ospite ben conosciuto a Palazzo Loredan fu il principe Boris Czetwertinsky «gran signore russo»: «Coloro che tra i nostri amici fecero pellegrinaggio a Venezia, dieci o dodici anni fa, quando vi si installò Don Carlos, e soprattutto i generali [Elicio de] Bérriz [1827-1901] e [Francisco] Cavero [1840-1905], non dimenticheranno sicuramente la simpatica fisionomia del Principe Czetwertinsky, uno dei frequentatori più assidui di Palazzo Loredan». Questi bei quadri familiari carlisti sono però turbati dalle divisioni sorte nel movimento: «La defezione dei cosiddetti integristi e degli altri che sono passati alla banda alfonsina non può essere compresa se non considerando la miseria umana, che li ha trascinati su quei sentieri. C’è da sperare che un giorno, dissipate le nubi della superbia, dell’invidia e gli altri puntigli che sono sorti nelle menti di questi disgraziati, torni a brillare nuovamente la primitiva e genuina idea di Don Carlos e della Comunione Carlista che essi stessi avevano tanto giustamente concepito, e che alla luce di questa idea ritornino alla casa paterna come un altro figliol prodigo». Per chiarezza nei confronti del lettore italiano, va ribadito che l’integrismo spagnolo rappresenta un fenomeno a sé stante, che non deve assolutamente essere confuso con l’intransigentismo italiano; nel Veneto diversi cattolici intransigenti avevano dimostrato vicinanza a Don Carlos sin dall’ultima carlistada (e soprattutto proprio durante lo svolgimento della guerra stessa), ma pure in questo schieramento vi erano anche molti tiepidi. L’articolo Legittimista e legittimista, apparso sull’Osservatore Cattolico di Milano il 17-03-1892, allora diretto da Davide Albertario (1846-1902), ad esempio, sembra già voler smarcare i cattolici dal lealismo: «No: il cattolico non è né chambordista né orleanista, né carlista né borbonico né austriacante né savoino né monarchico né anarchico né nihilista né giuseppino né tannucino né leopoldino né unitario né federalista… Il cattolico mette al di sopra di tutto la gloria di Dio e della sua Chiesa».

I contatti dei duchi di Madrid con la Terra Santa, comunque, non si fermarono ai viaggi; negli ultimi giorni di novembre e primi di dicembre del 1895, in piazza San Marco – a detta del Melgar – l’attenzione fu monopolizzata dalla vetrina dello studio Naya in cui fu esposto un generoso dono di Don Carlos ai luoghi santi. Carlo Naya (1816-1882) era stato un importante fotografo, molto conosciuto per le sue immagini di Venezia; dopo la sua morte, la ditta Naya passò a sua moglie Ida Lessiak e fu gestita da Tomaso Filippi (1852-1948). Nel 1889, Ida si risposò con lo scultore Antonio dal Zotto (1841-1918) – l’autore del monumento veneziano al Goldoni del 1883 che si trova in Campo San Bortolomìo – che divenne direttore dello studio fotografico, ereditandolo poi dopo la scomparsa della donna, nel 1893. La ditta Naya cessò di esistere solo nel 1918, e tutte le sue produzioni furono acquisite dall’editore Ferdinando Ongania (1842-1911) prima e dal fotografo Osvaldo Böhm poi.

Tornando a noi… cos’era il regalo di Don Carlos che stupì i veneziani? Si trattava di una grandiosa lampada d’argento destinata al Santo Sepolcro, ragguardevole fu l’afflusso di gente accorsa ad ammirarla nei brevi giorni dell’esposizione al pubblico: «È un regalo regale, degno di un sovrano sul trono!» disse qualcuno davanti alla vetrina, «È un capolavoro superbo e di dimensioni straordinarie» esclamarono altri, «non ne abbiamo di eguali nella nostra Basilica di San Marco». Ma forse quest’ultima frase potrebbe essere un’esagerazione del segretario carlista: i veneziani sono troppo orgogliosi per pronunciare una simile affermazione (invero piuttosto eccessiva). Tuttavia una ricerca sui giornali veneti dell’epoca potrebbe certamente fornirci maggiori notizie su questa ondata di entusiasmo, altra preziosa testimonianza contenuta nel resoconto di Don Francisco.

Ai padri francescani di Damietta, in Egitto, i duchi di Madrid donarono invece due campane fabbricate in Biscaglia.

Oggi, almeno sul territorio italiano, il libro di Melgar è una rarità assoluta: l’unico esemplare al momento segnalato nei cataloghi è conservato presso la Biblioteca di San Francesco della Vigna, il volume fa parte di un fondo proveniente dal Commissariato di Terra Santa. Fino ad alcuni anni fa, il Commissariato aveva sede a Treviso, poi, con l’unione delle Province francescane in un’unica grande Provincia del Nord Italia, esso si è trasferito a Milano. Questo ente possedeva un piccolo fondo librario ad uso interno dei frati, e con il trasferimento si è deciso di dare alcuni libri (la maggior parte) a San Francesco della Vigna, che è la biblioteca provinciale del Nord Italia, ritenendo che il materiale fosse più utile nella città lagunare, se non altro perché puntualmente catalogato in SBN e reso disponibile alla consultazione. Curiosamente, il destino ha voluto che il tomo di Melgar sia tornato proprio nella città a cui in parte è legato: Venezia.

 

 

 

 

Autore articolo: Riccardo Pasqualin, insegnante di materie umanistiche, si dedica allo studio della Storia Veneta e del legittimismo. Tra i suoi testi si può ricordare “Il paesaggio rurale storico nel Comune di Candiana” (2020).

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: AA.VV., Las Guerras Carlistas, dirigido por Alfonso Bullón de Mendoza, 1993; Alberton Vinco Da Sesso L., Dal Zotto Antonio, in DBI, Vol. 32, 1986; Andreani M., Naya Carlo, in DBI, Vol. 78, 2013; Ferrer M., Historia del tradicionalismo español, Tomo XXII, 1941; Id., Historia del tradicionalismo español, Tomo XXVIII, Vol. II, 1959; Fuentes Codera M., Los intelectuales españoles y la Gran Guerra: ¿un caso excepcional?, in «Storica», Anno XVI, 46, 2010, pp. 49-78; Huyghe R., Brion M., Perdersi in Venezia. Una guida verso la luce, 2011; Melgar F., Viaje de los señores Duques de Madrid a Egipto y Palestina, 1895; Pancheri R., Lo scultore nello studio di Charles Frederic Ulrich: un inedito ritratto di Antonio Dal Zotto, in «AFAT 36», 2018, pp. 179-191; Pasqualin R., I Re carlisti a Venezia, in «Storia Veneta», N.° 56, aprile 2020, pp. 25-34; Rumi G., Intransigentismo e diplomazia delle grandi potenze: il caso dell’«Osservatore Cattolico»  1878-1898, in Opinion publique et politique extérieure en Europe 1870-1915, 1981, pp. 607-643

 

Presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia è conservato un fondo di 194 fotografie di Carlo Naya, ivi depositate nel 1880, il resto dell’archivio dell’atelier è passato agli eredi di Osvaldo Böhm.

 

Ringraziamenti

 

Chi scrive ringrazia il monastero di San Lazzaro degli Armeni, la Biblioteca di San Francesco della Vigna di Venezia e il Commissariato di Terra Santa. Prossimamente, sulla rivista padovana Storia Veneta, dovrebbe apparire un suo nuovo saggio contenente ulteriori curiosità legate alle vacanze egiziane dei duchi di Madrid.

Riccardo Pasqualin

Riccardo Pasqualin, insegnante di materie umanistiche, si dedica allo studio della Storia Veneta e del legittimismo. Tra i suoi testi si può ricordare “Il paesaggio rurale storico nel Comune di Candiana” (2020).

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