Storia del Cristianesimo: analisi del Pentateuco

Lo studio del Pentateuco si fa comunemente risalire al francese Jean Astruc che, nel 1753, pubblicò un’analisi della Genesi. Dopo di lui questo studio perseguì lungo la linea dell’ipotesi documentaria con numerosi protagonisti e si sostenne l’esistenza di documenti letterari indipendenti che sarebbe poi confluiti nel Pentateuco.

Eichborn e Ilgen si concentrarono sui documenti “elohisti”; Vater fu colpito dai tratti eterogenei dei brani narrativi e si spinse verso una ipotesi frammentaria ovvero di passi sconnessi poi riuniti assieme; Ewald ripropose l’idea di un documento base nel quale confluirono altre fonti o estratti di esse; Hipfeld scompose la Genesi in due documenti elohisti ed uno jahvista; successivamente Rehim individuò pure un documento deuteronomista.

La cronologia dei documenti fornì basi solide a queste teorie: il documento deuteronomista fu identificato col libro ritrovato nel tempio durante il regno di Giosia, nel 622 a. C., e gli altri furono datati confrontandoli con esso perché i documenti elohisti e quello jahvista, che presumevano una pluralità di luoghi di culto combattuti nel deuteronomista, erano evidentemente anteriori.

Fu Wellhausen ad ordinare e sintetizzare gli studi, tuttavia Engnel, e la scuola di Uppsala, negarono attività letterarie in Israele sino ai tempi post-esilici, asserendo che il materiale era trasmesso oralmente e ciò, oltre a frenare la datazione tanto tardiva della scuola di Wellhausen, precluse anche la possibilità di una profonda analisi letteraria unitaria. In linea di massima, tutti convennero nell’individuare evidenti ripetizioni nei brani legali e narrativi nonché stili e vocabolari che mostrano tradizioni distinte sviluppate in Israele e poi integratesi nel testo complessivo.

Queste quattro tradizioni sono:

  • la tradizione jahvista, datata intorno al X secolo nel regno meridionale, presenta una panoramica storica vastissima che parte dal primo uomo e giunge sino ai patriarchi con alcuni elementi di base come quello del “figlio minore” ovvero Isacco scelto a Ismaele, Giacobbe ad Esau, Giuseppe preferito tra i figli di Giacobbe… tutto forse riflesso dell’ascesa della tribù di Giuda sulle altre e con la scelta di Davide sui suoi fratelli.
  • la tradizione elohista, forse nata nel Nord, che inizia con Abramo e culmina nell’alleanza e nell’accettazione del principio dinastico instaurato da Davide, presenta una costante linea di rigetto degli antropomorfismi e l’idealizzazione del deserto in reazione alla civiltà pagana circostante.
  • la tradizione deuteronomista che riflette la caduta d’Israele ed il ritorno ad un culto più puro affermando il concetto dell’alleanza intesa come elezione amorosa d’Israele da parte di Dio e della legge come risposta d’Israele alla sua elezione.
  • la tradizione sacerdotale, attribuita ai sacerdoti di Gerusalemme, è predominante nel Levitico ed segnata da uno stile ridondante e dalle minuziose descrizioni degli elementi rituali, in cui ogni periodo è contrassegnato da una speciale alleanza con Dio e sempre affiancato da grande interesse per la liturgia, per cui la liberazione pasquale dall’Egitto fa di Israele un popolo santificato attraverso la celebrazione rituale.

Queste quattro tradizioni ricevettero forma definitiva in vari periodi dal X al VI secolo, quindi anche la più antica di esse è in realtà molto più tardiva di Mosè. Ritorna quindi l’idea di un compilatore che abbia sviluppato un accostamento tardivo a contenuti originari. Si può anche presumere l’esistenza di un capo religioso capace di indicare il senso degli eventi ai suoi contemporanei. Mosè ha questo ruolo nel racconto dell’Esodo e della peregrinazione nel deserto, una figura che potrebbe spiegare lo sviluppo omogeneo delle tradizioni. Senza Mosè, infatti, non ci sarebbero adeguate spiegazioni per il Pentateuco.

Questa fu la visione di Albert Marie Henry Lagrange. Probabilmente la locuzione “Dio disse a Mosè” è una finzione letteraria che giustifica il bisogno di armonizzare l’aspetto mutevole della legge col suo aspetto eterno, una formula che ribadisce l’elemento immutabile nella legge mutabile. Dunque se la tradizione storica è completamente valida, quella letteraria è invece condizionata dal mosaicismo come centro della storia di Israele.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: E. H. Malvy, Introduzione al Pentateuco

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