Appunti sul Castello di Valbona

Il comune di Lozzo Atestino è caratterizzato dalla presenza sul suo territorio di un piccolo castello medievale, molto ben conservato, il Castello di Valbona.

Non si conosce con precisione l’anno di costruzione di questo fortilizio di località Valbona. Viene menzionato per la prima volta in un codice del 1258 riportante l’elenco delle fortificazioni esistenti sul territorio padovano.
Apparteneva originariamente ai conti di Lozzo e nel corso del XIV secolo, verosimilmente dopo la fallita congiura anti-carrarese di Nicolò III del 1345, passò ai Carraresi che provvidero ad ingrandirlo.

Citato in una lettera di Francesco Novello del 1402, il castello rimase ai Carrara fino alla dedizione di Padova a Venezia.

Con Ducale del 4 agosto 1475, Pietro Mocenigo, per Grazia di Dio Doge dei Veneziani, stabiliva che chiunque volesse vendere a Padova gamberi lozzesi potesse farlo solo presentando il bollettino rilasciato dal capitano del Castello di Valbona.

Nel 1509, durante le fasi iniziali della Guerra della Lega di Cambrai, il castello fu occupato, in nome del re di Francia, da un veronese, il condottiero Cucchin, che lo tenne fino al febbraio 1513.
Verosimilmente, dopo il trattato del 1523 tra la Repubblica di Venezia e Carlo V, il castello perse ogni residua importanza e fu venduto a privati, infatti lo Scardeone, nel suo “De antiquitate urbis Patavii”, lo definisce “ad privatos devoluta”.

Si ignora il nome dei primi proprietari del castello di Valbona dopo la sua alienazione dai beni della Repubblica.

Germano Peraro, in “Lozzo Atestino tra cronaca e storia”, lo vuole proprietà dei Lando, ma non specifica da dove ha ricavato questa informazione. Anna Maria Baraldo, nella sua tesi di laurea, invece, afferma che dopo l’alienazione il castello fu acquistato dai Corner, poi in comproprietà con i Barbarigo ed infine definitivamente ceduto a questi nel 1723. Da una xilografia di Francescano Vincenzo Coronelli (1650 – 1718), però, si sa che già tra il 1660 ed il 1697 il castello era proprietà della famiglia Barbarigo. Andrea Gloria, in “Il Territorio Padovano Illustrato”, scrisse che il castello apparteneva agli eredi di Antonio Targa, mentre Giacomo Rusconi, nel libro “Il Castello di Valbona”, lo indica proprietà della famiglia Albrizzi.

Probabilmente l’ultimo passaggio di proprietà avvenne nel 1974, cioè quando gli Albrizzi cedettero i loro terreni agli ex fittavoli, ma purtroppo non ho idea di chi fosse all’epoca il compratore.

Attualmente il castello si presenta con sei torri oltre al mastio, ma nel corso dei secoli il suo aspetto, pur mantenendosi nel complesso costante, ha subito alcune modifiche.

Nel suo lavoro, il Rusconi inserisce una ricostruzione dell’aspetto del castello pre-1550, effettuata dal professor Augusto Capovilla, in cui il castello si presenta con il cortile sud ancora scoperto.
Nella già citata xilografia del Coronelli, immagine “artistica” della facciata est del castello, si può notare che, ancora nel periodo 1660 – 1697, il cortile sud si presentava scoperto. Questa xilografia ci mostra però già il castello con sei torri ed il mastio, ed era pure stata aperta una finestra al primo piano, decorata da elegante balaustra lapidea. Questo piccolo particolare è indice che i lavori di trasformazione del castello in azienda agricola, con abitazione dell’amministratore-fattore, erano avviati.
Sempre Rusconi, invece, descrive il castello come dotato di quattro torri, e non sei, dunque due in meno della xilografia di Francescano Vincenzo Coronelli. A mancare erano quelle agli angoli del lato sud. In più questo studioso ci dice che il cammino di ronda era interrotto da un corpo di fabbrica che ha coperto il cortile sud. Non ne fa cenno nella sua descrizione ma dalle foto e dai disegni inseriti nella pubblicazione si nota che sul lato est erano state aperte altre tre porte pedonali, una delle quali tuttora esistente.

Testimonianze orali attendibili, riferiscono che ancora nei primi anni ’70 del secolo scorso nel castello abitavano alcune famiglie di fittavoli, trasferitesi altrove dopo che, nel 1974, gli Albrizzi alienarono il loro latifondo e che le porte pedonali davano accesso alle abitazioni.

Germano Peraro, in “Il Fortilizio di Valbona” del 1985, descrive il castello come “circondato da un corso d’acqua…, in parte interrato appena 60 anni fa”. L’esistenza in passato della fossa è confermata dal Rusconi, il quale afferma che non se ne vede più traccia ma che doveva essere larga e profonda e questo era confermato “dalla mancanza di caditoie che sempre si trovavano nelle opere fortificate del XIII secolo, per l’efficace protezione del piede del muro” ed anche dal fatto che il castello è “munito di due porte di accesso…, fatto assai raro, se non unico”.

 

 

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo

Bibliografia: G. Nuvolato, Storia di Este e del suo Territorio; A. Gloria, Il Territorio Padovano Illustrato; G. Rusconi, Il Castello di Valbona; G. Peraro, Lozzo Atestino tra cronaca e storia; G. Peraro, Il Fortilizio di Valbona; F. Selmin e R. Ponzin, Lozzo Immagini e Storie; R. Ponzin, Un colle… due campanili

 

 

 

 

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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