Gli spettacoli al circo nella Roma imperiale

Gli spettacoli al circo costituivano nella Roma imperiale un momento di grande seguito popolare. Gli spettacoli, a cui il potere aveva sempre dedicato attenzioni per fornire distrazioni da problemi politici e sociali, ricevettero enormi finanziamenti dagli imperatori. Del resto il poeta Giovenale osservava amaramente che ai suoi tempi la gente desiderava soltanto due cose, panem et circenses.

Plinio il Giovane, nella lettera che segue, offre una vivace testimonianza sulle passioni che agitavano il pubblico e lo dividevano in tifoserie scatenate al seguito dei colori di un “pannus”, una stoffa colorata, paragonabile a quella delle maglie dei calciatori, che identificava una squadra. Egli scrive: “Ho trascorso nella più piacevole tranquillità tutto questo tempo, in mezzo alle mie tavolette ed ai mie scritti. Tu mi domanderai: Come ci sei riuscito in città?. Si svolgevano i giochi del circo ed io non sento la minima inclinazione verso questo genere di spettacoli. Non c’è nulla di nuovo, nulla che sfugga alla monotonia, nulla che non basti d’aver visto una volta sola. Perciò è tanto maggiora la mia meraviglia che tante migliaia di uomini, ridiventando fino a quel punto ragazzi, desiderino periodicamente contemplare dei cavalli al galoppo e degli aurighi piantati sui cocchi. Se poi il loro entusiasmo nascesse dalla velocità dei cavalli o dalla maestria degli aurighi, questa passione avrebbe ancora una qualche giustificazione: ora invece fanno tifo per una maglia, spasimano per una maglia e se, proprio nello svolgersi della corsa e nel cuore della competizione, questo colore passasse di là e quello venisse di qui, si scambierebbero anche l’ardore ed il tifo ed abbandonerebbero di colpo i celebri guidatori, i celebri cavalli che sogliono riconoscere da lontano e di cui non si stancano di gridare i nomi. Tanto è il credito, tanto è il prestigio di cui gode una camicia da quattro soldi, non dico agli occhi del volgo, che vale ancora meno dei quattro soldi della camicia, ma agli occhi di certi signori di gran peso. Quando io mi rappresento nella mente questi tali che sciupano tanto tempo, senz’esserne mai sazi, in un’occupazione vuota, scipita, monotona, traggo una certa soddisfazione dal non essere tratto a questa soddisfazione. E così, mentre gli altri sprecano nei più sfaccendati perditempi questi giorni, io li impiego con il massimo gusto dedicando alle lettere tutti i miei momenti liberi dalle faccende. Stammi bene”.

Nella Roma imperiale c’erano quattro circhi di cui il più grande era il Circo Massimo, capace di contenere 250.000 spettatori. Vi si svolgevano corse di cavalli, montati da fantini o organizzati in cocchi trainati, sia bighe ad un sol quadrupede che carri tirati da dieci, i decemiuges.

Spesso l’allestimento di questi spettacoli veniva fatto a spese dello stato. A volte, soprattutto in prossimità delle elezioni a qualche carica prestigiosa, erano i privati a sovvenzionarli. Offrire al popolo uno spettacolo garantiva grande popolarità di cui avvalersi sicuramente per fini politici. Anche Cesare lo capì e, quando fu eletto edìle, si indebitò pesantemente per allestire uno spettacolo.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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