Il Quarantotto

Lo storico trapanese Niccolò Rodolico, membro della Consulta dei Senatori del Regno decorato dell’Ordine civile di Savoia, in queste pagine, indaga sulle vicende italiane del Quarantotto.

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Che cosa significasse la guerra del ’48-49, anche se perduta, per i soldati che dieci anni dopo riprendevano le armi contro gli Austriaci, disse Vittorio Emanuele II quando nell’aprile del 1859 lasciava Palazzo Reale, e partiva per il campo.

Affidando al Conte Nigra, Ministro della Real Casa, la custodia del Palazzo, così ordinava: “Io procurerò di sbarrare la strada di Torino; se non ci riesco e che il nemico avanzi, ponete al sicuro la mia famiglia e ascoltate bene quello che vi dico: vi sono al Museo delle armi quattro bandiere austriache prese dalle nostre truppe e là deposte da mio Padre. Questi sono i trofei della sua gloria. Abbandonate tutto, se occorre, valori, gioie, archivi, collezioni, tutto ciò che continene questo palazzo, ma mettete in salvo quelle bandiere, che io le ritrovi intatte e salve come i miei figli: ecco quello che vi chiedo”. Nessuna parola è stata più conveniente ed eloquente a dire ciò che la campagna del ’48 lasciò nell’animo di un soldato italiano…

Il 1849 è tutto un seguito di fallite rivoluzioni, guerre perdute, per il prevalere della forza sul diritto. Di ciò che si proposero rivoluzioni e guerre del ’48 nulla quasi sopravvisse un anno dopo. Repressi nell’Impero austriaco i moti nazionali di Boemia, di Polonia, di Ungheria, d’Italia, soffocata ogni voce di unità del popolo tedesco, revocate le costituzioni in Germania, stroncato ogni movimento economico-sociale in Francia, avviata ormai la Repubblica francese verso la dittatura, travolto dall’armata russa il sogno dei patrioti insorti per una Polonia libera ed unita, sopraffatta a Novara la ripresa delle armi contro l’Austria, costrette alla resa le repubbliche di Roma e di Venezia.

Il bilancio fallimentare non poteva chiudersi in modo più rovinoso: che se forme costituzionali erano sopravvissute in Piemonte, vi era pur motivo di dubitare che vacillasse il regime costituzionale.

Questa è l’Europa del 1850. Dieci anni dopo la vecchia facciata cade pezzo a pezzo; ed è proprio l’Italia che dà il primo colpo con la proclamazione del Regno; sei anni dopo è la volta dell’Ungheria e dell’Austria che conquistano le libertà costituzionali; poi è l’unità politica col popolo tedesco e poi la formazione di stati nazionali nella Balcania.

 

 

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