Il sacrificio di Harald Dohrn

Harald Dohrn fu fucilato il 29 aprile del 1945, a 59 anni, poche ore prima dell’ingresso degli americani a Monaco di Baviera. Era nato a Napoli nel 1886, figlio del biologo marino Anton Dohrn, fondatore della stazione zoologica cittadina. Harlad era il suocero di Christoph Probst, un esponente della Rosa Bianca, e fu fucilato nella Perlacher Forst, vicino al carcere di Stadelheim, con suo suo cognato Hans Quecke ed altri centocinquanta prigionieri politici.

Erano tutti stati catturati nell’ultima retata ordinata dal Gauleiter di Monaco. Dorhn era stato processato il 13 luglio del 1943, il giorno dell’esecuzione di Schmorell e Huber, animatori della Rosa Bianca. Con l’architetto Manfred Eickemeyer, che aveva messo a disposizione del gruppo il suo atelier, col libraio Josef Sohngen e col pittore Wilhelm Geyer, Dorhn era accusato di aver preso parte a delle riunioni della Rosa Bianca nel gennaio di quell’anno. Se l’erano tutti cavata con l’assoluzione per mancanza di prove, eccetto il libraio che era stato condannato a sei mesi di carcere. Tuttavia, tornato in libertà, Dorhn aveva ripreso i contatti con l’opposizione al regime.

Cresciuto nel culto dell’umanesimo e della classicità, in un ambiente cosmopolita, s’era laureato al Wilhelmsgymnasium di Monaco nel 1904. Era divenuto cattolico e, col tempo, era entrato in contatto diretto con alcuni dei più decisivi ispiratori della Rosa Bianca. Quando Herta, la figlia del suo scoparso fratello Wolf, di cui Harald aveva sposato la vedova, andò in moglie a Probst, tra i due iniziò a maturare un profondo legame fatto di confronti e riflessioni aperte che condussero anche Probst al battesimo, ricevuto poco prima di morire ghigliottinato, nella sua cella.

Morto il ragazzo, Harald Dohrn fece del sanatorio di Bad Wiessee, sul lago Tegernsee, un piccolo centro della resistenza passiva al regime, aperto a liberali e oppositori, incurante delle spie della Gestapo. Stava lavorando, negli ultimi giorni della guerra, ad una collaborazione ad una serie di iniziative nell’attesa degli Alleati, ma le cose andarono storte e, con un anticipo di poche ore dalla sospirata liberazione, fu denunciato dai suoi domestici, catturato e messo a morte da un commando delle SS nella foresta di Perlacher.

Due giorni prima che gli americani invadessero il nord di Monaco, cioè sabato 28 aprile 1945, le stazioni radio Erding e Freimann lanciarono degli appelli ai tedeschi annunciando la “Campagna per la libertà della Baviera”. Il gruppo, presentatosi come Freiheitsaktion Bayern, era guidato da ufficiali e uomini della Wehrmacht di Monaco e di Frisinga che volevano impedire l’opposizione dei nazisti della città all’ingresso degli americani e, allo stesso tempo, dimostrare l’esistenza di un’altra Germania. L’annuncio entusiasmò Dohrn, ma mue domestiche si presentarono alla Gestapo e denunciandolo insieme a suo cognato Hans Quecke. Non si sa esattamente che relazione ci fosse tra i due ed i diffusori dell’appello, ma entrambi vennero nelle mani del commissario alla Difesa del Reich e del Gauleiter Paul Giesler presso il Ministero Centrale di Ludwigstrasse.

Qui erano già in corso una serie di fucilazioni che si intensificarono tra sabato e domenica, 28 e 29 aprile. L’intenzione di Giesler era di sterminare i civili sospetti di dissidenza e far saltare in aria tutti i ponti di Monaco, il che avrebbe avuto conseguenze devastanti per l’approvvigionamento della popolazione. Quando però la situazione divenne più difficile, bisognò lasciare la città e allora le esecuzioni furono spostate in un luogo solitario nella foresta di Perlacher. Qui trovò la morte Harald Dohrn. Insieme a suo cognato fu tra i pochissimi i cui corpi furono successivamente identificati.

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: P. Ghezzi, La Rosa Bianca

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