La riserva navale veneziana nel Settecento

Nel secondo volume di “Storia della Marina Veneziana”, opera di Mario Mocenigo, si legge: “Nell’Arsenale, appena cessata nel 1718 la guerra col turco vennero sospese le costruzioni navali. Le navi che già erano sullo scalo vi rimasero incompiute per diversi anni. I vascelli Sant’Ignazio e San Iseppo furono ad esempio varati rispettivamente nel 1745 e 1746. Il San Giacomo ed il Buon Consiglio nel 1765. Ma il record fu raggiunto dal vascello Forza che rimase sullo scalo la bellezza di 55 anni”. Il libro di Mario Mocenigo è stato per molto tempo “pietra di paragone ” per quelli che si interessavano alla storia della Marina Veneta, me compreso, e non nascondo che la lettura trasmetteva un senso di decadenza ed abbandono…

Ho però avuto modo di consultare il libro di Guido Ercole “Vascelli e fregate della Serenissima – Navi di linea della Marina Veneziana 1652 -1797”, e del testo mi ha colpito una notizia particolare.

Ercole si è basato per scrivere il libro, tra gli altri, sul “Catalogo Generale di tutte le Pubbliche Navi” scritto a Corfù nel 1796. Il volume si divide in tre parti, la prima è un’analisi storica dell’evoluzione della marina a vela veneziana, la seconda è costituita dalle “schede vascello” ed infine dalla riproduzione anastatica del catalogo di cui sopra. Ho iniziato la lettura partendo proprio dalle schede vascello, e sono rimasto colpito, casualmente, da un particolare.

La scheda del vascello Buon Consiglio riporta queste informazioni: ” …impostato il 19 Luglio 1719, completato fino a 18 carati (75%) e messo ‘in riserva’ sullo scalo…”. Quest’informazione si ripete con molta frequenza per quanto riguarda navi costruite prima e dopo il Buon Consiglio.

Nel libro di Ercole c’è scritto che la consistenza ideale dell’Armata Grossa in tempo di guerra era trenta navi, di cui venti di primo rango e dieci di secondo – informazione che si riferisce alle navi in acqua, e non al totale, e che è identica a quella contenuta nel libro di Mario Mocenigo –  e che alla fine della seconda guerra di Morea (1718) l’Armata Grossa era composta da trentasei navi.

Poichè in tempo di pace si riteneva che la consistenza ideale dell’Armata Grossa fosse di dieci navi, quindici furono lasciate a Corfù, mentre le altre venti ritornarono a Venezia e vennero poste “in riserva” nel canale della Giudecca, disarmate e disalberate.
Via via che le navi a Corfù raggiungevano il termine della vita operativa venivano sostituite con quelle della riserva della Giudecca.
Contemporaneamente nell’Arsenale, tra il 1718 ed il 1724 vennero impostate altre undici navi. Queste, però, non furono completate, il loro avanzamento veniva portato fino a 18 carati ( 75% ) e quindi venivano poste  “in riserva” sullo scalo. L’avanzamento dei lavori al 75% era stato scelto perchè per completare una nave dal 75 al 100% erano necessari quattro mesi di lavoro.

Nel corso degli anni le navi “in riserva” nell’arsenale aumentarono progressivamente fino a superare le venti unità a partire dagli anni ’40 del diciottesimo secolo.

La politica veneziana era in sintesi questa: dieci navi in servizio a Corfù, per garantire un deterrente contro eventuali azioni della Sublime Porta, ed altre venti in Arsenale – la riserva della Giudecca si esaurì verso il 1730 – che potevano essere completate in tempo breve.

Le navi “in riserva” sullo scalo, non erano abbandonate a se stesse, ma erano costantemente seguite, per evitare, ad esempio, che la lunga permanenza sugli scali seccasse troppo il legno, portando a fessurazioni che avrebbero compromesso la stabilità della struttura.

L’esperienza pratica dei costruttori dell’Arsenale era che dieci anni di permanenza controllata in squero corrispondevano ad un anno di permanenza in mare, una nave con una vita teorica in mare di venti anni, che fosse rimasta in squero per cinquanta avrebbe avuto una vita residua in mare di quindici anni. Una soluzione pratica ed economica.

L’immagine dell’Arsenale che ne viene fuori è allora completamente diversa da quella trasmessami dal Mocenigo.
A discolpa di quest’ultimo dobbiamo però dire che i documenti su cui si basava erano quelli disponibili cento anni fa, il “Catalogo Generale di tutte le Pubbliche Navi” che è servito come traccia ad Ercole, è stato riscoperto solo nel 2011.

 

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo

Bibliografia: G. Ercole, Vascelli e fregate della Serenissima – Navi di linea della Marina Veneziana 1652 – 1797; M. Nani Mocenigo, Storia della Marina Veneziana da Lepanto alla caduta della Repubblica

 

 

 

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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