Pizarro ed il “quipu” di Napoli

Sconvolgenti rivelazioni ed un linguaggio esoterico rivelano forse la vera storia di Pizarro e degli Incas del Perù.

Negli anni ottanta del Novecento, la medievista Clara Miccinelli, grande studiosa di Raimondo de Sangro, dedicò le sue attenzioni anche ad un misterioso linguaggio degli Incas, il quipu.

Si tratta di un codice precolombiano tutto da decrittare che fu trovato insieme ad una serie di documenti appartenuti proprio al Principe di Sansevero consistenti in un fascicolo di fogli scritti nel Seicento dai gesuiti Cumis, Oliva e Blas Valera in cui si racconta che Blas Valera, ostacolando le violenze dei Conquistadores, subì la censura da parte della Compagnia di Gesù, si rifugiò in Spagna e, quando tornò segretamente in Perù, compose sotto falso nome la celebre “Nueva Coronica y Buen Gobierno”. Questo documento finì in Cile nelle mani del gesuita Pedro Illanes che rimase sconvolto da quanto vi potè leggere. Quando nel 1744 Illanes giunse a Napoli vendette il documento a Raimondo di Sangro che se ne servì per redigere la sua “Lettera Apologetica” dedicata a una misteriosa Duchessa S.. I documenti finirono poi nell’archivio del Duca Amedeo di Savoia-Aosta che li donò al suo amico napoletano Riccardo Cera, che infine li lasciò in eredità alla nipote Clara Miccinelli.

La studiosa, col suo compagno di ricerche Carlo Animato, iniziò dunque ad indagare su fatti straordnari, capaci di riscrivere la storia della conquista del Perù portando alla luce l’efferratezza di Pizarro che sconfisse gli indigeni dopo aver fatto avvelenare i collaboratori di re Athaualpa con vino all’arsenico preparato da un frate domenicano che poi egli stesso pugnalò.

L’orribile destino degli Incas fu raccontato in tantissimi quipu che però furono bruciati dai missionari senza poter mai essere studiati. Questi quipu presentano un misterioso sistema binario per esprimere numeri e racconti. Sono fatti di cordicelle di lana piene di nodi; in cima alla cordicella è legato un simbolo che rimanda ad una parola guida e il numero di nodi sottostante indica quale sillaba della parola bisognava scegliere.

Il secondo documento in possesso della Miccinelli, tra i più grandi biografi del Principe di Sansevero, è ancora un testo di Blas Valera, risalente al 1618, che racconta la vicenda personale del gesuita, l’accusa che gli fu mossa d’intrattenere relazioni con un’india e quanto essa fosse solo una scusa per punirlo di una condotta in difesa degli Incas. Blas Valera racconta che fu esiliato in Spagna per poi tornare segretamente in Perù, organizzare una difesa degli Incas con altri gesuiti e scrivere “Nueva Coronica y Buen Gobierno” facendolo  attribuire al vanitoso Guaman Poma de Ayala.

Tra i vari documenti c’era persino un frammento di una lettera di Cristoforo Colombo, nella quale l’Ammiraglio si firma “portatore di Cristo. La lettera, sigillata nella cera, presenta l’invettiva “Tu, Colombo, figlio di Satana” scritta proprio da Valera.

Attestata la veridicità di questi documenti, la storiografia si domanda ora se la storia che vi è narrata sia completamente attendibile.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: C. Animato, P. A. Rossi, C. Maccinelli, Quipu, il nodo parlante dei misteriosi Incas, Genova 1989

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