Cristoforo Colombo era napoletano?

Cristoforo Colombo era napoletano? E’ una delle domande, ansiose ed entusiastiche, che ci siamo posti, ma i misteri sull’Ammiraglio del mare Oceano son tanti.

Risaltano tutti nel volume “L’uomo che superò i confini del mondo” di Ruggero Marino, ex capo redattore de Il Tempo, da anni impegnato in studi innovativi sul noto navigatore.

Ricapitolando in estrema sintesi quanto si apprende dal suo libro, possiamo dire che la scoperta del nuovo continente non sarebbe avvenuta nel 1492, sotto il pontificato di Alessandro VI, ma anni prima, col pontificato di Innocenzo VIII. La tesi trova conferma nel monumento funebre di questo Papa, sito nella Basilica di San Pietro, in cui si legge: “Durante il suo regno la scoperta del Nuovo Mondo”.

La ricerca si sposta dunque su Innocenzo VIII, nato Giovanni Battista Cybo, genovese di origini ebree e nonna mussulmana. La famiglia Cybo sarebbe originaria di Chio, isola greca che faceva parte dei possedimenti genovesi del mare Egeo, lo stesso Colombo vi sarebbe nato, oppure no. Giovanni Battista Cybo, infatti, prima di divenire Papa, visse a Napoli con suo padre Aronne Cybo, vicerè del Regno con gli Aragonesi. Qui il futuro pontefice avrebbe avuto numerosi figli e tra questi forse addirittura lo stesso Cristoforo Colombo che, proprio a Napoli, fu capitano di alcune navi.

L’interrogativo non è risolto. Sebbene nulla confermi la sua terra natia, così alcuni scrivono sia di Genova, altri di Siviglia, altri ancora portoghese o di Barcellona, è evidente invece che Colombo ebbe un legame particolare col Pontefice. Lo ebbe al punto tale che dette all’isola di Cuba il nome di “Juana”.

Rimandiamo a quanto già da noi raccontato sulla presenza di altri cittadini del Regno di Napoli nei viaggi di Colombo, continuiamo invece a scrivere sui misteri scoperti da Ruggero Marino e che finiscono col dare all’Ammiraglio del mare Oceano i tratti di un crociato.

Colombo veniva spesso raffigurato come monaco o cavaliere e ciò lo lascia ricondurre ai Templari tanto è che sulle vele delle caravelle sventolano tre croci rosse crociate: rappresentano l’unione tra vari ordini cavallereschi come l’Ordine di Rodi, l’Ordine del Santo Sepolcro, l’Ordine di San Lazzaro, l’Ordine di Santiago… L’impegno crociato traspare dalla sua firma: “Xro-Ferens” Christophoros, in greco-latino. “Cristoforo” significa “Christo Ferens”, come il navigatore usava pure firmarsi, ovvero “Portatore di Cristo”; il nome Cristoforo Colombo conterrebbe dunque un messaggio chiaro: Innocenzo VIII finanziò il suo viaggio con spirito evangelico e l’intento supremo d’ottenere oro da destinare alla liberazione del Santo Sepolcro.

Tale obbiettivo sarebbe stato condiviso dai Re di Spagna. Colombo infatti scrisse ad Isabella d’Aragona: “…da qui a sette anni potrò pagare a Vostra Altezza cinquemila cavalieri e cinquantamila fanti nella guerra e conquista di Gerusalemme, per effettuare la quale si decise questa impresa; e dopo altri cinque anni altri cinquemila cavalieri e cinquantamila fanti, che faranno diecimila cavalieri e centomila fanti…”.

Intanto le scoperte di Colombo crearono scompiglio.

Saltò fuori che una bolla di Sisto IV aveva conferito già ai portoghesi l’investitura sulle regioni che avessero incontrato a Occidente. Così il re lusitano Giovanni II dichiarò di essere giunto da tempo nelle terre scoperte ma di non averne dato l’annuncio per la politica del “Sigilo” che prevedeva la massima segretezza sulle rotte percorse dalle flotte portoghesi e sui risultati conseguiti. Lo spagnolo Alessandro VI spaccò però il globo in due, favorendo i Re Cattolici. I portoghesi non l’accettarono.

La prinma raya traccita dal pontefice venne contestata dai portoghesi che ottennero una curiosa correzione: l’asse dell’ecumente venne spostato, in un incontro a Tordesillas, di 370 leghe a ovest delle isole di Capo Verde. La variazione può sembrare inspiegabile. Cosa poteva esserci in quel vuoto che rendeva felice il Portogallo? Stranamente vi fu scoperto il Brasile.

A tal riguardo, un tale Estevan Frois, accusato di essere approdato in terre non appartenenti al Portogallo, scrisse che quella terra era occupata dai Portoghesi da almeno trent’anni. Si dà poi notizia di una spedizione protoghese e norvegese del 1470, guidata dal capitano Joao Cortereal, in cui si scoprirono Terranova ed il Labrador.

Salta fuori che la terra fosse all’epoca risaputamente tonda coi calcoli di Eratostene finiti a Roma e quindi nelle mani di Colombo e chissà di quanti: anche papa Pio II, nel primo Quattrocento, ne aveva scritto in una lettera indirizzata a Maometto II in cui si legge che “…il circuito della terra, cioè di tutta la sfera, fosse di duecento e cinquantamila stadi…”.

Gli interrogativi ed i misteri non terminano qui. Il libro ne è zeppo, non tutti i nodi vengono sciolti. Parecchie date si intrecciano in modo singolare: il termine ultimo dell’espulsione degli ebrei dalla Spagna coincise con il giorno della partenza di Colombo da Palos, il 3 agosto del 1492, e stranamente, a bordo, più di un marinaio aveva “sangue giudeo”; il 25 luglio del 1492 era morto Papa Innocenzo VIII ed il 25 luglio il calendario della Chiesa di Roma festeggia San Cristoforo

Intanto le cose per Colombo vanno male. Confonde i piloti ed i marinai alterando i conti delle leghe per essere lui il signore delle rotte, questo era l’unico modo per difendere il suo ruolo, la sua vita, il suo sapere. Finì presto in disgrazia, malato e solo, morendo a Valladolid il 20 maggio 1506 in “odore di santità”.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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