Una moneta comune europea?

Nel Sinodo di Francoforte del 794 veniva ribadita l’obbligatorietà della riforma monetaria voluta da re Carlo solo pochi anni prima, riforma che, oltre a demonetizzare l’oro, stabiliva il solo “corso legale” per il Denaro d’argento, definito come 1/240 di Libbra Carolingia in argento. Multipli del Denaro, ma solo come “monete di conto”, erano il Solido, valore 12 Denari, e la Libbra, valore 20 Solidi, che così assumeva la doppia funzione di unità di peso e unità contabile. Nacque così una moneta comune europea?

La riforma carolingia fu accettata rapidamente nella parte dell’Impero situata alla sinistra del Reno ed a sud delle Alpi, ovvero quei territori già parte dell’Impero Romano e quindi caratterizzati da una, per quanto sofferente, economia che impiegava la moneta come mezzo di scambio. Ben diversa fu la situazione sulla riva destra del Reno, caratterizzata da un’economia decisamente più primitiva, dove l’uso del denaro era assente.

Nel 843, con la dissoluzione dell’Impero Carolingio, si vennero a formare tre entità statali, Francia Occidentale, Francia Media poi evolutasi nel Regno Italico, e Francia Orientale. Mentre nelle prime due la riforma carolingia rimase in vigore, nella Francia Orientale, dal 911 Regno Teutonico, fu “de facto”, dimenticata.

Nonostante esistesse un commercio vivace lungo il Danubio le monete giocavano solo un ruolo subordinato. I pagamenti venivano effettuati o in barre di metallo o con moneta merce, grano o sale. Il regolamento doganale Raffelstetter (904-906) – che disciplinava il commercio tra l’Ostland bavarese e i vicini popoli slavi – prevedeva per le merci frazionabili, vino, frutta, cereali, un dazio in natura costituito da una parte della merce trasportata, mentre per le merci non frazionabili, schiavi o animali, il pagamento in moneta metallica. Nel 962, con la conquista militare del Regno italico da parte di Ottone I e l’incoronazione di questi ad imperatore, le due entità statali vennero fuse nel Sacro Romano Impero che ereditò le zecche di Lucca, Pavia e Verona, attive nel Nord Italia.

La circolazione del denaro rimaneva comunque vivace solo nella parte meridionale del nuovo impero. Per l’apertura di una nuova zecca a nord delle Alpi si deve aspettare la prima metà del XII secolo quando Konrad von Abenberg, Arcivescovo di Salisburgo, impiantò a Friesach una zecca per lavorare l’argento estratto dalle miniere locali, denari detti, dal luogo di produzione, frisacensi e caratterizzati dall’essere basati su un piede monetario del tutto nuovo, il Marco di Friesach, pari a circa 586/1000 di Libbra Carolingia.

Nello stesso periodo anche in Francia ed Italia l’uso della Libbra Carolingia veniva abbandonato in favore di Marchi locali, ma conservando però l’uso di tenere la contabilità in Solidi e Libbre, nomi che sempre più spesso venivano storpiati in Soldi e Lire, in Francia in Sou e Livres. Nel XIII secolo in Italia vedevano la luce monete d’oro, Fiorini a Firenze e Ducati a Venezia, destinate ad avere un incredibile successo commerciale (furono coniate ininterrottamente per oltre cinque secoli, ma anche copiate da numerose zecche fino a diventare uno standard di riferimento).

Nonostante la loro diffusione a livello europeo Fiorini e Ducati d’oro non possono essere definiti una sorta di “moneta comune” ante litteram. Troppo alto il loro valore unitario per essere usate nella vita di tutti i giorni, negli oltre 500 anni in cui sono state coniate la quasi totalità della popolazione europea non ha mai visto Fiorini e Ducati che riposavano solo negli scrigni dei ricchi, nei borsellini della gente comune si trovavano Bezzi, Marchetti, Soldi, Gazzette ed altri pezzi in rame o biglione, ma nessun Ducato.

Il XVI secolo vide la comparsa del primo standard monetario della Germania, il Reichstaler, sottomultiplo del Marco di Colonia, mentre 200 anni dopo in Francia la quasi millenaria Livres era sostituita dal Franco, moneta completamente nuova e decimale.

Le Guerre Napoleoniche esportarono il Franco in Italia e Germania, ma mentre nella seconda con la Restaurazione venne ripristinato il Reichstaler, sostituito nel 1873 dal Goldmark, in Italia il nummo figlio della Rivoluzione riuscì ad attecchire con l’antichissimo nome di Lira.

Il XX secolo vide Francia ed Italia mantenere stabile il nome (non si può dire la stessa cosa per il valore) della propria moneta, in Germania invece nel 1923 il Goldmark, ormai divenuto qualcosa di puramente teorico, fu sostituito dal Rentenmark, a cui fece seguito già nel 1924 il Reichsmark.

Con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale la Germania sostituì il Reichsmark con il Deutschemark e nel 1957 a Roma, insieme a Francia, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, diede origine ad un’organizzazione sovranazionale “sui generis”, la Comunità Europea, per un curioso scherzo del destino, dal territorio quasi perfettamente sovrapponibile all’antico Impero Carolingio di 1200 anni prima. Diversamente però da quanto accaduto in passato non si stabilì una moneta comune, probabilmente perché le sei valute circolanti, tutte legate al dollaro statunitense in forza degli Accordi di Breton Woods, godevano di un regime di cambi con minime oscillazioni.

Nel 1971 il collasso del Sistema di Breton Woods costrinse i vertici della Comunità Europea a studiare dei meccanismi per stabilizzare i cambi tra le sei divise e, tra le varie soluzioni proposte, vi fu anche quella di istituire una Moneta Comune Europea con cambio fisso nei confronti delle valute degli stati membri e da utilizzare almeno nella redazione del Bilancio Comunitario. In quell’occasione vi fu un dibattito su quale sarebbe dovuto essere il nome di questa futura divisa. Il numismatico Remo Cappelli propose la denominazione di “Ducato” in onore della moneta d’oro veneziana che 700 anni prima era riuscita, grazie alla sua bontà, a diventare una moneta internazionale.

L’idea era sicuramente affascinante, ma, come considerato, per oltre 500 anni, la quasi totalità della popolazione europea, naturalmente con l’eccezione dei superricchi, non ha mai avuto modo di vedere anche solo un ducato, a causa del suo valore troppo elevato per essere usato nella vita di tutti i giorni. Molto più adatto sarebbe stato il nome “Lira”, in ricordo dell’antica valuta carolingia che fu la prima, e fino al 1999 anche l’unica, moneta comune dell’Europa.

 

 

Autore: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Bibliografia: Andrea Metra, Il mentore perfetto de negozianti; Remo Cappelli, Manuale di Numismatica; Remo Cappelli, Per un “Ducato” Europeo

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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