La fine della rivoluzione di Milano

Questo è il mesto resoconto della fine dei moti di Milano, scritto da Cristina di Belgioioso, che partecipò attivamente alla rivoluzione.

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Il 3 agosto il re era alle porte di Milano con la sua armata: la notizia della loro venuta si sparse rapidamente per la città, e gioia e fiducia parvero rinascere. Tutti dicevano: “Dunque il re vuole proprio difenderci; egli non ci abbandona. Dio gliene renda merito!”.

Il popolo si attendeva una dichiarazione ufficiale di Carlo Alberto; sperava, informato dell’arrivo del re, di conoscere quali fossero i suoi disegni. Ahimè, il sole era già a metà del suo corso e nessun proclama era venuto incontro a quelle speranze. Allora ognuno cominciò a sospettare. Il ceto medio e il popolo cambiarono il tono dei loro discorsi: “Il re è dunque proprio alle porte? Se così è, perché si nasconde= Perché ci lascia all’oscuro della sua venuta? Non ha forse fiducia in noi? E chi difenderà le nostre strade, le nostre piazze? Chi guarderà le nostre case, se non noi?…”.

Volli assolutamente conoscere come la pensasse quell’infimo ceto, che l’alta società diceva freddo e indifferente. Percorsi io stessa i quartieri più poveri della città, entrai sotto l’umile tetto, interrogai l’artigiano da solo, lo studiai nei crocchi che si formavano sulle pubbliche strade. Dovunque ebbi una sola risposta, conobbi in tutti un solo sentimento: irresistibile desiderio di farla finita coll’Austriaco, sicurezza di un esito favorevole, non priva di diffidenza per l’esercito piemontese.

Era comune pensiero che il ritorno degli Austriaci là dove un popolo inerme li aveva scacciati fosse cosa voluta dal destino per loro più grande espiazione. Qui era cominciata la lotta, qui avrebbe dovuto finire. Noi avevamo dato il primo moto, a noi l’ultimo colpo.

Scorreva lenta la notte dal 4 al 5. La guardia nazionale vegliava sui bastioni, il popolo sulle barricate, la città era tutta illuminata. Il re si era deciso di entrare in Milano per sottrarsi, così si diceva, al pericolo d’un attacco improvviso; abitava nel centro della città, a Palazzo Greppi, posto sulla Corsia del Giardino. Quella stessa notte gran parte delle truppe, abbandonati i loro posti, erano entrate in Milano; questo lo si seppe più tardi. Spuntò l’alba del 6 agosto. Il sole continuava a salire nell’orizzonte e il cannone non si faceva ancora sentire. Ognuno domandava spiegazioni d’una tregua così lunga; taluno diceva che si sarebbe atteso il mezzogiorno per attaccare.

Infine, voci vaghe cominciarono a circolare: il re aveva capitolato! I milanesi non vollero dapprima crederle. Due sventurati, che per primi avevano portata la notizia, furono massacrati dal popolo furibondo nella Piazza dei Mercanti. Furono creduti austriaci travestiti venuti apposta a seminar discordie fra il popolo e l’esercito. Ma ben presto le voci si moltiplicarono, mille e mille persone le ripeterono; il velo cadde e la verità fu in luce.

 

 

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