Ebrei a Pisa nel Medioevo

Una delle più antiche testimonianze della presenza ebraica a Pisa ci è fornita dal miracolo della Vergine raccontato da William da Malmesbury: sul finire del XII secolo, la Madonna salvò un bambino ebreo pisano che aveva fatto la comunione e che suo padre, un vetraio, accecato d’odio, aveva rinchiuso in un forno acceso.

Un viaggiatore ebreo spagnolo, Beniamino da Tudela, riferì della presenza di una colonia ebraica che contava tra i venti e gli ottanta individui. Probabilmente, per competenze linguistiche, assolvevano nella città marinara al ruolo di corrispondenti commerciali per mercanti loro correligionari d’Africa, Francia e Spagna. Negli stessi anni la legislazione comunale si accresceva del divieto di matrimonio tra ebrei e cristiani, di quello per gli ebrei di subentrare nell’eredità di un cristiano etc.

Le tracce aumentano nel Duecento, quando si intensificano le attività mercantili, marinare ed imprenditoriali di Pisa in tutto il Mediterraneo. Venti epigrafi funerarie in caratteri ebraici, risalenti a questo secolo, sono ancora oggi visibili fuori della Porta Nuova. Sul finire del secolo, oltretutto, le autorità imposero agli ebrei di risiedere in un unico luogo della città, un “classus iudeorum” a nord dell’Arno.

Risale al Trecento, invece, la presenza di ebrei, prevalentemente di provenienza romana, impegnati in una rete finanziaria toscana di prestatori di denaro. I banchieri ebrei fornirono moneta al comune e perfino all’Imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, prima che una probabile esplosione di rancore, inducesse le autorità a costringerli prima all’ostentazione di simboli di riconoscimento e poi alla loro espulsione. Tuttavia il denaro, sia dei prestatori che dei mercanti ebrei, era assolutamente necessario per le fortune della Repubblica, così è del 1353 un bando che invitava gli ebrei a ripopolare di nuovo Pisa. L’afflusso di nuovi ebrei portò in città due noti banchieri, Sabato di Dattilo, proveniente da Roma, e Mattasia di Sabato, proveniente da Perugia. I banchi da loro gestiti rimasero attivi sino alla caduta di Pisa, nel 1406.

Di questo periodo è anche la fondazione di un secondo cimitero ebraico.

Sotto la dominazione fiorentina, la colonia ebraica pisana, infoltitasi pure dei “conversos” spagnoli, ebbe altri prosperi banchieri in Vitale di Mattasia, figlio di Mattasia di Sabato, seguito poi da Isacco di Emmanuele da Rimini, cognato di Vitali, da suo figlio Vitale di Isacco da Pisa, quindi dai suoi eredi Isacco e Simone.

La grande famiglia dei da Pisa non solo fu al centro di reti finanziarie che le valsero proprietà e terre, fu anche sostenitrice di mecenatismo nel campo religioso e culturale ebraico, ospitò illustri rabbini, promosse la realizzazione di preziosi codici… La ribellione di Pisa a Firenze nell’autunno del 1494, comportò per loro un momento di crisi e disperazione. L’espulsione della famiglia fu dettata dall’accusa d’essere fiancheggiatrice dei fiorentini ed in effetti i da Pisa erano strettamente legati ai Medici, di cui erano pure creditori. Poterono dunque recuperare i loro beni e rientrare in città solo quando, nel 1509, Firenze riprese il controllo di Pisa.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: M. Luzzatti, Ebrei e ebraismo a Pisa

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