L’irrequieto Trecento di Milano: Gian Galeazzo Visconti

L’eredità dell’arcivescovo Giovanni era stata divisa tra i suoi nipoti e Milano si ritrovava così nelle mani di Galeazzo II e Bernabò, sconsiderati, astuti, violenti. Per la città si aprì un periodo di sconquassi e lotte, guerre continue sino alla fine del secolo.

Da subito andaron perse Bologna, perché il luogotenente visconteo Giovanni da Oleggio se ne proclamò signore nel 1355, Genova, che l’anno dopo si proclamò indipendente con il doge Simone Boccanegra, e pure Pavia, riconquistata solo dopo un lungo assedio, nel 1359.

Pavia divenne il vero centro politico del dominio visconteo e surclassò Milano, di fatti ospitò Petrarca, vide nascere lo Studium Generale, che sarebbe diventato la futura Università, ed il Castello, che divenne sede della corte viscontea. Bernabò osò rivendicare Bologna ma Giovanni da Oleggio l’aveva data al Papa che rispose alle pretese milanesi con la scomunica e la guerra. Bernabò fu sconfitto da Galeotto Malatesta a San Ruffillo nel 1362. Due anni dopo, il nuovo papa, Urbano V, volle la pace ed i Visconti fecero buon viso e cattivo gioco per ritornare alla guerra conquistando Reggio e Modena. Lo Stato Pontificio, ora di Gregorio XI, fu costretto a riarmarsi, rimise in piedi una lega antiviscontea e provò a recuperare i territori persi. Non vi riuscì.

Anche Firenze, scorta la potenza dei Visconti, provò ad ostacolarla e si mise in alleanza col pontefice che da Avignone era tornato a Roma. Era il 1377, Galeazzo II morì l’anno dopo lasciando come suo erede suo figlio Gian Galeazzo, Conte di Virtù, che si sbarazzò dello zio facendolo arrestare e rinchiudere nel Castello di Trezzo. Tale spregiudicato atto presagì a tutti un periodo irrequieto e violento.

Gian Galeazzo si avvicinò alla Francia divenendo alleato di re Carlo VI e promettendo sua figlia Valentina al duca Luigi d’Orleans, fratello del re, e poi si scagliò contro Verona e Vicenza, tolte ad Antonio della Scala nel 1387 con l’appoggio di Francesco da Carrara, Signore di Padova. Subito dopo si alleò con Venezia proprio contro Padova e la fece sua. L’amicizia con i veneziani però intimorì Firenze che chiamò in Italia il condottiero Giovanni d’Armagnac, la cui sorella, Beatrice, aveva sposato Carlo, uno dei figli di Bernabò. Il signore di Milano aveva appena riperso Padova ma contro il francese ottenne una vittoria totale, nell’Astigiano, facendo prigioniero il d’Armagnac. Il successo arrise ad una nuova stagione espansionistica per i Visconti: Gian Galeazzo fece acclamare signore di Pisa un suo vecchio amico, Jacopo da Appiano, irritando Firenze, poi ottenne il titolo di Duca dall’Imperatore Venceslao nel 1395, quello di Conte di Pavia nel 1396 e quello di Conte di Angera nel 1397. Siena, Perugia, Assisi, Spoleto finirono nelle sue mani e la sua conquista della Toscana si fermò solo quando Venceslao fu deposto e sostituito da Roberto del Palatinato, amico dei fiorentini, per poi riprendere i suoi disegni con il sostegno della Francia.

Morì di peste il 3 settembre del 1402 a Melegnano, e Firenze fu salva. Il Conte di Virtù lasciò ai posteri la Calà del Sasso, la scalinata più lunga d’Europa, che collega il comune di Valstagna al comune di Asiago, in provincia di Vicenza, ma a lui debbon pure la Certosa di Pavia, il completamento del Castello di Pavia e l’inizio dei lavori del Duomo di Milano.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Bosisio, Storia di Milano; AA.VV., Storia di Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri; C. de’ Rosmini, Istoria di Milano

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