Enrico IV ed il Ministro Sully

Enrico IV, salito al trono di Francia, tentò di tenere la pace interna con l’Editto di Nantes che ristabilì la libertà di culto per gli ugonotti, ma ogni suo sforzo, col supporto del Ministro Sully, fu volto soprattutto a ristabilire l’autorità monarchica fortemente intaccata dai guasti delle guerre di religione.


Per farlo riordinò il bilancio statale, ma per farlo si servì del sistema di vendere uffici amministrativi e giudiziari, puntò poi sul rilancio dell’agricoltura occupandosi della lotta al brigantaggio, del prosciugamento delle paludi, di condizioni favorevoli all’esportazione di cereali. Sotto il suo regno fiorì la produzione di stoffe in seta, di cristallerie e di tappeti, le strade furono migliorate e ciò giovò al commercio.

Questa grande iniziativa fu assunta grazie all’abile Ministro Sully così descritto da fonti veneziane: “M. di Rosny viene dal re più di ogni altro amato, e ciò potrò dire con verità avendomi Sua Maestà in diverse occasioni liberamente detto tenere la fede di questo per la più candida e più sincera. Dimostra il re l’affetto che gli porta lasciandogli esercitare il carico di finanziere generale di tutto il regno, per le mani del quale passano tutte le entrate della corona. A lui non sono veduti li conti, ma egli bensì li rivede agli altri. Tiene in mano il tesoro, e con l’avere anche le artiglierie restano nel suo potere le armi e la soprintendenza di tutti gli Arsenali del regno. Per prova dell’affetto che Sua Maestà gli porta lo fece duca di Sully e pari di Francia, titolo antichissimo e tenuto in grande stima né si sa essere stato mai conferito a chi ha avuto il carico delle finanze, ma solo delle principali cose del regno di Francia. E’ egli abbondantissimo di ricchezze, e le sue entrate ascendono a più di settanta mille scudi all’anno, e tiensi per fermo che abbia per il valsente fra denari e gioie di più di un milione e mezzo d’oro, e forse potrebbe ancora avanzare questa somma per i guadagni grossissimi che egli va, veduti così facilmente da ognuno… E’ diligentissimo ne lproprorre al re partiti, con l’effetto dei quali va ogni giorno estinguendo debiti della corona, e ciò fa senza sborsare denaro, avendo nel tempo che io sono stato in Francia recuperate molte entrate regie, che erano state perdute dai re passati”.

Gli stessi ambasciatori erano meno tenero con Enrico IV che descrive come affabile e dolce, ma facile alla collera, afflitto dalla gotta, puntiglioso poco colto e prudentissimo per natura ed esperienze fatte (N. Barozzi e G. Berchet, Relazioni degli stati europei lette al senato dagli ambasciatori veneti nel secolo XVII).

In politica estera siglò il Trattato di Bruzolo con Carlo Emanuele di Savoia e annodò alleanze con i governi protestanti d’Olanda, Svezia e Danimarca. Con lui, inoltre, la Francia mise piede nell’America Settentrionale, infatti, nel 1608 una prima spedizione fondò Quebec e Port-Royal, nell’odierno Canada. Senza il suo operato probabilmente la Francia non si sarebbe avviata a contendere, e poi superare, la potenza spagnola.

Morì assassinato dall’ex frate Francesco Ravaillac, il 14 maggio del 1610, e parte dei suoi progetti si arenarono. Così descrisse la sua morte un ambasciatore veneziano: “…uscì Sua Maestà senza le solite guardie nella strada di San Dionigi vicino a luoco, ove si faceva un arco trionfale, essendo attraversata la strada convenne fermare la carrozza presso una carretta. Il re che vuol per ordinario star alla portella era seduto di sopra dalla parte di dietro e il duca d’Epernon li era vicino, onde non li restava da ritirarsi; aveva il giuppone tutto intorno staccato, il ferraiuolo sopra una sola spalla, e si era abbassato con la testa per vedere le figure del detto arco; il scellerato omicida detto Francesco Ragguagliace d’Angoulemme, di bassissima nascita, postosi fra la carretta e la carrozza, montato sopra la ruota da dietro di essa, tirò un colpo in quella parte che non era difesa da altra cosa che dalal camicia. Il re allora gridò, io sono ferito, ed il ribaldo replicò il secondo colpo che diede la morte. Disse Sua Maestà, mio Dio, abbi pietà di me, e le uscì sangue dalla bocca senza più poter parlare. Si lasciò cader in braccio del duca di Bombason, furono immediate calate le cortine da tutte le parti, e la carrozza s’avviò correndo alla casa reale. Dall’andare così veloce alcuni argomentarono che le ferite del re fossero lievi ed altri mortalissime e che fosse già morto. Giunto al Louvre fu posto il corpo del re sopra il suo letto senza alcun altro segno di vita che un’agitazione dei polsi, che in mezzo quarto d’ora si perderono del tutto, e così uno dei più valorosi re che abbia mai avuto il mondo terminò la vita nel colmo delle sue maggiori felicità…”.

Ormai però la monarchia aveva consolidato le sue basi nel supporto della borghesia. Fu grazie a questo che Luigi XIII poté liberarsi della tutela della madre e far continuare l’ascesa francese con Richelieu.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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