Gli statuti di Tripolitania

Alla proclamazione della Giamhurriya et-Trabulsiyya, ovvero della Repubblica di Tripolitania capeggiata da Ramadan esc-Sceteuri, il governo italiano si mosse spedendo a Tripoli, nei primi mesi del 1919, decine di migliaia di soldati, trecento cannoni, mille mitragliatrici, quaranta aeroplani, lacrimogeni, gas asfissianti, un autoparco di settecento camion. Le prime mosse però – i combattimenti di Zanzur, Gargusa e Zavia – furono fallimentari. Nel frattempo però era entrato in gioco il giovane Hassan Fekini, figlio di Mohammed, amico del sociologo Gaetano Mosca, suo ospite a Roma, e studente dell’Istituto Internazionale di Torino. Hassan riconciliò suo padre con i generali italiani, Garioni e Tarditi, favorendo la pacificazione fra i due popoli. A Roma si era certi che la guerra pur assicurando la vittoria in un primo tempo, per la schiacciante superiorità di mezzi e uomini, non avrebbe però concesso un controllo del territorio lungo e facile. Si preferì allora l’iniziativa diplomatica. Garioni ed il ministro delle Colonie Colosimo aprirono dei negoziati con i rappresentanti della repubblica e fu proprio il giovanissimo Hassan a giocare un utile ruolo distensivo.

Il fronte libico era diviso. C’era chi chiedeva una Tripolitania indipendente e repubblicana riservando all’Italia un vago diritto di protettorato, c’era poi chivoleva uno stato autonomo di Tripolitania retto però da un emiro musulmano, sebbene ancora sotto protettorato italiano. Erano comunque richieste inaccettabili per Colosimo, disposto a concedere ai libici libertà civili e politiche, ma non altro.

La strada era tutta in salita ma a Roma si voleva percorrerla tutta perché stava dando buoni risultati l’accordo siglato, il 17 aprile 1917, con i senussi di Cirenaica. Il Patto di Acroma segnava una sorta di armistizio con Mohammed ben Ali es Senussi .

Si susseguirono incontri inconcludenti, a volte burrascosi, tra marzo e aprile, fino a quando Ramadan esc-Sceteuri accettò l’ultimatum di Garioni, ovvero, un incontro risolutivo per la mattina del 16 aprile in cui discutere solo delle concessioni comprese nel programma italiano. Dopo otto ore di serrati colloqui veniva ratificato un accordo.. Ai libici veniva concessa una cittadinanza sui generis e il diritto di partecipare in modo effettivo all’amministrazione del paese. Per indurre tutti i capi ancora titubanti a ratificare la pace, l’81° divisione mosse dalle basi di Zanzur e Zavia verso Suani Ben Adem e Bir Terrina, mentre la 38° s’apprestò ad occupare Fondugh Ben Cascir e la 1° divisione d’assalto veniva trattenuta in riserva presso l’oasi di Zanzur. Così le ostilità cessarono. Il 21 aprile, sotto la tenda di Ramadan esc-Sceteui, a Khallet ez-Zeitun, italiani e arabi firmavano lo Statuto che, con qualche lieve modifica del nostro ministero, sarebbe poi stato promulgato il 1 giugno di quell’anno.

In sostanza lo Statuto libico sancito dalla legge 931 prevedeva: l’abolizione dell’istituto della sudditanza coloniale ed il riconoscimento agli indigeni della cittadinanza italiana della Tripolitania, distinguendola da quella metropolitana; la sostituzione del servizio militare obbligatorio, di leva, con quello volontario nelle forze armate locali; l’istituzione di un parlamento locale composto da rappresentanti elettivi della popolazione e da membri di diritto; l’eguaglianza linguistica tra arabo e italiano anche negli atti ufficiali; la libertà di stampa e riunione; imposte pari a quelle in vigore nell’impero ottomano; l’insegnamento privato libero, ma vigilato dal governo; la possibilità per i tripolitani, su base elettiva, di far parte del consiglio di governo e dei consigli regionali, circondariali, distrettuali etc. Inoltre i prigionieri italiani sarebbero stati liberati ed i combattenti avrebbero consegnato le loro armi.

Lo statuto fu celebrato con feste e parate, ma né il parlamento nè gli altri istituti sarebbero mai entrati in funzione perchè erano in molti a voler sabotare il patto, persino qualche libico. Il primo ad incrinare i rapporti fu proprio Ramadan esc-Sceteuri che, di fronte alle lungaggini burocratiche per l’attuazione di quanto previsto dallo statuto, creò un Comitato Centrale della Riforma, ufficialmente per coadiuvare il governatore italiano, Vittorio Menzinger, ma in realtà col proposito di ampliare le autonomie previste dallo Statuto. Inoltre Ramadan esc-Sceteuri voleva ampliare i suoi personali poteri e ciò mise in allarme gli altri membri del comitato da lui voluto. In risposta Ramadan esc-Sceteuri stringeva un’alleanza con i ribelli del Garian, i fratelli Coobar, e con Chalifa ben Ascar di Nalut.

Il 15 marzo del 1920, proprio nel giorno in cui Menzinger inaugurava il tratto di ferrovia Tripoli-Zuara, Chalifa ben Ascar faceva abbattere l’antenna della stazione radio di Nalut e ingiungeva agli italiani di abbandonare la località. Qualche giorno dopo la stessa scena si ripeté a Riaina. La pace era finita.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Del Boca, A un passo dalla forca

 

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