Il legittimismo europeo e i briganti meridionali
Il legittimismo europeo, mobilitato da emissari della corte di Francesco II, ebbe un rapporto a dir poco complicato coi briganti meridionali.
Comitati borbonici si costituirono a Barcellona e Malta, ma i più attivi furono sicuramente quelli di Trieste e Marsiglia.
La cittadina portuale francese, sotto la guida del generale borbonico Clay, vide imbarcarsi numerose figure di nobili ed ufficiali come il conte de Christen, il conte Coataudon, l’ufficiale Louis Robert de Noe, il marchese Trazeigner di Namour, l’ufficiale de Langlois, il conte d’Equevilley, alcuni presto arrestati e rimpatriati, altri caduti in conflitto. Da Marsiglia partì anche il catalano Jose Borjes.
Per Trieste il discorso fu diverso. Già alla fine del 1859 il governo viennese aveva concesso a quello napoletano di ingaggiare volontari per il suo esercito ed effettivamente con regolarità, da Trieste, si svolsero numerose partenze di arruolati. Le sconfitte subite dall’esercito borbonico portarono alla cattura di austriaci che a più riprese furono rimpatriati. Tali rimpatri proseguirono anche dopo il 1860 assieme a quelli concernenti volontari garibaldini provenienti dall’Impero asburgico.
Documenti attestano anche il transito a Triste di esponenti borbonici incaricati di raccogliere volontari, armi e denaro a favore della reazione. Negli stessi anni si accrebbe il numero di borbonici rifugiatisi a Trieste per motivi vari e si registrarono pure contrasti tra essi e la popolazione locale così forti da indurre Francesco II ad inviare sul posto il maggiore Lo Giudice per “far tornare all’ubbidienza i sudditi napoletani ospitati a Trieste per la generosità dell’imperatore”.
Ad unità d’Italia proclamata l’afflusso di mercenari d’ogni parte d’Europa, in attesa di raggiungere le coste meridionali d’Italia, portò a Trieste i legittimisti Tristany (probabilmente contattato da emissari di Francesco V di Modena), Zimmermann, Krackrent di Gota e Cathelineau. Numerosi dispacci confermano l’arruolamento e l’imbarco di uomini destinati alla guerriglia, anche papalina, nonché voci di acquisto d’armi a nome di Francesco II.
Gli uomini di questa sorta di Internazionale reazionaria erano soldati, esperti e di valore, come i reduci carlisti, ma non mancarono avventurieri come Ludwig Richard Zimmermann che, nel 1869, tornò a Napoli come anticlericale delegato dei Liberi Pensatori d’Austria.
Come è risaputo, questa componente legittimista estera non ebbe una convivenza facile con le bande di briganti meridionali, anzi val la pena ricordare che Chiavone morì giustiziato per furto proprio su ordine di Tristany. Il generale carlista fu poi catturato a Roma ed espulso dall’Italia e Francesco II gli donò, in virtù della limpidezza del suo operato, una spada con impugnatura d’oro. Tristany ricordò pure, nelle sue memorie, che gli uomini della banda erano “armati ed equipaggiati malissimo, senza organizzazione né disciplina militare”.
“Si saccheggia tutto, tanto i realisti quanto i liberali in modo orribile; hanno anche assassinato una donna e persino, da quel che mi dicono, tre o quattro contadini”, queste invece furono le amare riflessioni di Borjes che puntò a trasformare la banda di Crocco in un esercito regolare e che invece dovette più volte scontrarsi con l’indisciplina, la mancanza di solidità morale e la volontà di saccheggio dei briganti. “Lo spagnolo rimproverava al brigante di essere: il maggiore ladro da lui mai conosciuto; un vigliacco che faceva sostenere agli spagnoli le azioni più pericolose e non si azzardava ad uscire dal territorio conosciuto; un meschino timoroso di perdere il denaro accumulato con le ruberie; un presuntuoso, preoccupato di perdere parte della propria autorità in caso venisse data alla lotta un’organizzazione davvero militare” (Albonico, La mobilitazione legittimista contro il Regno d’Italia).
Probabilmente i carlisti credevano di trovare nel Sud Italia i requetés di Navarra, disciplinati, religiosissimi, estranei al furto ed allo stupro, rispettosi della proprietà privata, che in Spagna, col generale Zumalacárregui, alimentarono la guerra contro i liberali della regina Isabella II di Borbone. Non fu così. Lo stesso Carmine Crocco ammise: “Le stragi e le carneficine di Trivigno segnano una triste pagina della mia vita; Borjes non ingiustamente ne attribuì la colpa a me solo, egli però allora non comprese che se le stragi ed il saccheggio fossero state risparmiate, sarebbe mancato a lui in seguito tutto l’intero appoggio della mia banda”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia:
L. Tuccari, Brigantaggio Postunitario, il legittimismo europeo a sostegno della reazione nel napoletano, in “Rassegna Storica del Risorgimento”
E. Cinnella, Carmine Crocco. Un brigante nella grande storia
A. Albònico, La mobilitazione legittimista contro il Regno d’Italia