Il re sui tetti: il complesso di San Domenico ad Aversa

Figlio di quel ritrovato interessamento degli angioini per la città di Aversa, il complesso domenicano verosimilmente fu fondato nel 1298 con il re Carlo II d’Angiò che dedicò la chiesa allo zio re dei francesi Luigi IX canonizzato nel 1297. Il nuovo complesso inglobava, diventandone quasi una superfetazione, la piccola chiesa parrocchiale normanna di sant’Antonino, su autorizzazione del vescovo di Aversa Leonardo Patrasso che essendo molto amico degli angioini concesse ai domenicani il permesso di ampliarsi.

Del piccolo nucleo normanno, già presente nel 1126 oggi  restano visibili  il chiostro piccolo e tre volte. Dal re Carlo II il complesso domenicano ottenne numerosi privilegi  e donazioni. Si evince infatti da un documento del 1350 che l’angioino avrebbe concesso ai domenicani, durante la fiera di san Luigi che iniziava il 25 agosto, il privilegio di esercitare sulla fiera sia i diritti giurisprudenziali che quelli di bagliva. Più tardi, in questa stessa circostanza, il catapano della città si recherà al convento per far benedire il vessillo versando ai monaci una quota di 10 carlini.

Con l’introduzione del codice napoleonico e dunque con le leggi  che abolivano gli ordini monastici, per opera di  Giacchino Murat, re di Napoli, i domenicani furono mandati via e dal 1813  il complesso passò ai frati minori osservanti della Maddalena che lo tennero fino al 1911. Il vento della guerra poi, che non  è rispettoso abbastanza del culto e della storia, danneggiò non poco la struttura che venne infatti chiusa al culto nel maggio del 1946.

Sette anni dopo, precisamente il 27 settembre del 1953, il complesso fu riaperto. Continui furti hanno fatto del complesso una  vittima illustre ricordiamo i dodici clipei delle famiglie nobiliari, una Resurrezione del Solimena, due tele rappresentanti Sant’Antonio e San Francesco di Fabrizio Santafede trafugate nel 1970, condizione aggravata dal sisma del 1980.

Incamminandoci all’interno del complesso e proseguendo sotto il susseguirsi di volte a crociera, giungiamo ad un arco che apre su di uno scalone che porta alla sala della biblioteca (qui allocata nel 1876) sul cui estradosso è possibile leggere il noto motto cittadino: “Qui sub ingesta iacuit basiscus harena invictum  liber protulit ille caput” ( quel basilisco che sotto un cumulo di sabbia giacque negletto / libero mostrò l’indomito capo).

 

L’impianto angioino rimase tale fino agli inizi del 1700 quando , in un clima di fervore edilizio alimentato ancora dagli strascichi conciliaristi, si avviarono lavori di risistemazione  che sovrascrissero al linguaggio medioevale un linguaggio tutto ispirato ai dettami del  barocco.

Per la chiesa Gian Battista Nauclerio, già attivo nella sistemazione del dormitorio delle benedettine, realizzò dei disegni per l’ammodernamento dell’altare seicentesco.

I lavori di riscrittura iniziarono alacremente nel 1742, cambiando i connotati  sia alla facciata della chiesa che alla struttura interna. Quest’ ultima si presenta come una vasta, dilatata, aula unica, assunse l’aspetto a noi oggi visibile a partire dal 1747 quando i lavori passarono sotto la direzione di Francesco Maggi a cui si deve la barocca trabeazione che corre lungo tutto il perimetro della chiesa alternando linee rette e curve creando l’illusione di un andamento concavo convesso dell’impianto murario.

 

La facciata è di chiara matrice barocca, nella sua accezione di “classicismo barocco”, ha un impianto concavo tale da creare un rapporto dialettico con la piazzetta antistante, si suddivide in due ordini architravati con tribuna centrale, culmina con un curvilineo frontone su cui campeggia la statua del San Luigi Re. Il tutto amalgamato da una progressione che spinge l’occhio dell’osservatore sul Re, passando per le quattro statue dei Papi domenicani  papa Benedetto XIII, papa Pio V, Benedetto XI, Innocenzo V.

Il papa Benedetto XIII avrebbe soggiornato proprio a San Domenico durante il viaggio di ritorno da Capua a Benevento, essendo giunto ad Aversa per far visita al suo amico vescovo Innico Caracciolo. È sulla base di tale visita che si avalla un’ipotesi sull’esecutore del progetto per la facciata perchè si pensi essere stato il Raguzzini, architetto proprio del pontefice domenicano e al suo seguito durante la visita aversana. Raguzzini avrebbe proposto il disegno presentato al concorso per la facciata di San Giovanni Laterano tolti i corpi laterali. Altra ipotesi invece vede nel Nauclerio il progettista della facciata anche esso già noto per i lavori al complesso delle benedettine e altresì conosciuto da Benedetto XIII durante la visita a Benevento dove Nauclerio aveva lavorato per la ricostruzione dopo il sisma del 1702. Girando intorno alla fabbrica si nota come il medioevo si racconta ancora nella parte esterna dove oltre alle evocative pietre di tufo è visibile un’ampia monofora lanceolata nonchè i contrafforti laterali e i merli della torre campanaria.

Oggi la struttura è chiusa al culto ma l’ associazione culturale “I Normanni”, volontariamente postasi  come intermediaria fra sovrintendenza e curia, sta cercando con la sua caparbietà di dissipare l’oblio in cui la fabbrica è avvolta.

 

 

 

 

Autore articolo: Grazia della Volpe, giornalista

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