La Battaglia di Rovereto descritta da Napoleone

Sconfitto il generale Wurmser a Castiglione, Napoleone si inoltrò nel Tirolo, prese Trento e scatenò un nuovo scontro con gli austriaci che culminò nella Battaglia di Rovereto, di cui egli stesso informò il Direttorio con una missiva del 6 settembre 1796 (Napoleone, Opere scelte, 1847).

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Cittadini del Direttorio! Il giorno 26 varcò l’Adige, al ponte di Golo, la divisione del general Massena, seguitando la strada maestra del Tirolo, e il dì 18 era arrivato ad Ala; nel qual giorno pure, a due ore pomeridiane, la nostra cavalleria di un assalto di sciabole ai posti avanzati de’ nemici, prendendo loro sei cavalli. In pari tempo il generale Augerau con la sua divisione è partito di Verona, ed ha preso la vetta de’monti, che gli stati di Venezia separano dal Tirolo. Similmente con la sua divisione, prendendo la parte sinistra del lago di Garda, è partito da Storo il general Vaubois; il cui avanguardo è stato a Torbole raggiunto dalla brigata del general Guieux, imbarcatosi a Salò sul detto lago; mentrechè l’ avanguardo di Guieux, comandato da Saint-Hilaire, generale di brigata, scontratosi col nemico sul ponte della Sarca, lo ha rotto, e fattogli cinquanta prigioni.

Nella sera dello stesso giorno, ebbi avviso dal general Pigeon, che comandava i fanti leggieri della divisione del general Massena, essere i nemici assai bene afforzati nella terra di Serravalle. Il dirgli che desse l’assalto, e il prendere quella terra, sforzandoli, e facendo loro trecento prigioni, fu tutt’uno. All’alba del 18 s’appiccò la battaglia. L’esercito nemico s’era posto con una divisione a guardia delle strette inespugnabili di Marco, e con un’altra, passato l’Adige, difendeva il campo trincerato di Mori. Frattanto il generale Pigeon, con una parte di fanteria leggiera s’impadronisce delle alture di Marco, e l’aiutante Sornet capitanando la dieciottesima mezza brigata de’ fanti leggieri attacca i nemici bezzicandoli , mentre Victor, generale di brigata, comandando la diciottesima mezza brigata di fanteria di battaglia, in stretta ordinanza di battaglione, dà nel mezzo. Lunga ed ostinata resistenza fecero i nemici; ma sopraggiunto il general Vaubois, e dato l’ assalto alle trincee di Mori, dopo un vivissimo combattimento di due ore, essi cedono per tutto. Allora il cittadino Marois, capitano e mio ajutante di campo, reca l’ordine al generale Dubois di far avanzare il primo reggimento degli ussari, e con esso incalzarli gagliardamente. Il bravo generale vedesi cader morto al lato uno de’ suoi aiutanti di campo, e un momento dopo che giungo io, veggo cader lui, e spirare dicendo: io muoio per la Repubblica; fate che abbia tempo di sapere se la vittoria è interamente ottenuta; e con queste parole Si moi’i. Intanto ritiratisi i nemici a Roveredo, do ordine a Rampon, generale di brigata, di prendere con la trentaduesima brigata il cammino che è fra la detta città, e il fiume Adige : mentre che il generale Victor entra di carriera o nella strada maestra. Di nuovo cedono i nemici, lasciando gran numero di morti e di prigioni. Contemporaneamente il general Vaubois sforza le trincee di Mori, seguitando sull’altra sponda dell’Adige i nemici: i quali (era un’ora dopo mezzo giorno) combattuti da ogni parte, profittando del malagevole sito, ci fronteggiarono in tutte le strette, e poterono ritirarsi a Trento; non avendo ancora noi preso che tre cannoni, nè fatto che mille prigioni. Massena intanto riunisce tutte le mezze brigate, e dà un po’ di riposo alla sua divisione: nel qual tempo noi, con due squadroni di cavalleria, ci trasferiamo a verificare la ritirata de’ nemici; che raccozzatisi avanti Caliano si proponevano di difendere Trento, e dar tempo al campo generale di sgomberare da quella città. Che se durante quel giorno erano rotti dinanzi a Caliano, non era più luogo che fosse inespugnabile. L’Adige va quasi a toccare due montagne a perpendicolo, e forma una gola non più larga di quaranta tese, chiusa da un villaggio, da un alto castello, e da un forte muro che congiunge il fiume colla montagna. Qui i nemici avevano posto tutta la loro artiglieria; onde fu bisogno dare nuovi ordini; dietro i quali il generale Dommartin fa avanzare otto cannoni leggieri per cominciare a tirare, e postosi in luogo vantaggioso, prende la sopraddetta gola obliquamente; intanto che Pigeon co’santi leggieri si volge sulla diritta; trecento feritori si precipitano sulle sponde dell’Adige, e cominciano a trarre; e tre mezze brigate in stretta ordinanza di battaglione, e coll’arme sul braccio, s’aprono il passo. I nemici, sbigottiti dal fuoco delle artiglierie, e dall’ardire de’feritori, non resistendo più alla massa de’ nostri soldati, abbandonano l’imboccatura della gola: lo spavento s’impadronisce di tutta la loro schiera ‘ : la nostra cavalleria gl’incalza. Allora volendo il cittadino Marois, mio aiutante di campo, con cinquanta ussari prendere quell’imboccatura, e tenere in dietro tutta la colonna de’nemici, nell’atto d’attraversarla, è rovesciato a terra, e da più colpi ferito. Sopra il suo corpo passa una porzione dell’esercito memico; molte sono le sue ferite, comecchè alcuna non sia mortifera. È ammazzato il capo di brigata del primo reggimento degli ussari; e il cittadino Bessierès, capitano della mia compagnia delle guide, veggendo che due cannoni erano per issuggirgli, vi si precipita sopra con cinque o sei guide, e non ostante gli sforzi de’nemici, gli prende. La battaglia di Roveredo, una delle più fortunate della presente guerra, fruttò a noi sei o sette mila prigioni, venticinque cannoni, cinquanta cassoni, e sette bandiere; mentre dalla parte dei nemici il danno dovette essere grandissimo. Onde la sera del dì 19 il general Massena entrò nella città di Trento, abbandonata il giorno avanti da Wurmser, per rifugiarsi verso Bassano. Ma il general Vaubois con la sua divisione, non mise tempo in mezzo: e seguitò il nemico: facendo che il suo retroguardo si fortificasse a Lavis, dietro il torrente di Laviso, e guardasse l’uscita del ponte, che intanto bisognava attraversare. Tra il fuoco de’nemici trincerati nel villaggio s’apre il varco, non senza gravi difficoltà, il general Dallemagne, avendo sotto di sè la venticinquesima mezza brigata; e guadando passa il general Murat, con una punta o del decimo reggimento de’cacciatori, e con altrettanti santi, che dovevamo incalzare le genti nemiche. Le quali l’ajutante generale Leclerc, avendo con sè tre cacciatori, e il cittadino Desaix, capo di brigata degli Allobrogi, seguito da dodici carabinieri o granatieri, erano giunti a circuire, imboscandosi una mezza lega sul davanti; onde la cavalleria, che cerca a tutta corsa di salvarsi, è a un tratto arrestata. Leclerc è ferito leggermente da alcuni colpi di sciabola: nel tempo che i nemici tentano aprirsi un passo. Ma i dodici carabinieri, spalleggiati dai tre cacciatori, incrocicchiando le loro bajonette, formano propugnacolo inespugnabile. Già principiava l’oscurità della notte, quando in nostre mani caddero cento ussari del campo nemico, insieme con una bandiera del reggimento di Wirmser.

 

 

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