La pittura di Simone Martini

Ebbe i natali a Siena, nel 1284, e qui si mise in luce. A Napoli, Pisa, Orvieto e Asissi si guadagnò la fama che lo condusse, nel 1340, alla corte di Benedetto XII, ad Avignone, in Francia. Simone Martini trovò allora un esaltante ambiente di corte, centro artistico e culturale dell’Europa del suo tempo, nel quale gettò le basi del gotico internazionale.

La formazione di Martini è ricca e complessa. Fu allievo di Duccio, subì il fascino delle sculture senesi di Giovanni Pisano e l’influenza di Giotto. La Maestà del Palazzo Pubblico di Siena, commissionatagli direttamente dalla magistratura dei Nove nel 1315, mostra una complessa impostazione prospettica. Il trono della Vergine, sotto il baldacchino rosso, sorretto da otto aste dorate, dà profondità a tutta la scena. I personaggi appaiono come gli spettatori di un torneo cavalleresco e Maria, come regina, accoglie gli omaggi floreali di due angeli genuflessi. Sostanzialmente Simone Martini innesca nella pittura religiosa, un tema profano. Rompe inoltre con la tradizione bizantina, abbandonando lo sfondo dorato e ricorrendo ad un disegno morbido e ad aureole e vesti dal gusto gotico francese, impreziosite, infatti, da decorazioni geometriche e floreali. In effetti Martini in Provenza approfondì lo studio del gotico che già conosceva tramite i codici miniati che i mercanti senesi acquistvano oltralpe.

Tema profano e tema religioso si rinnovano in una pittura napoletana carica di simbolica politica: San Ludovico di Tolosa che incorona Roberto d’Angiò. Fu realizzata nel 1317, anno in cui Ludovico venne canonizzato dopo aver abdicato al trono. Simone Martini ce lo mostra mentre incorona il fratello Roberto d’Angiò come nuovo re di Napoli. E’ dunque un’opera politica, tesa a dimostrare la piena legittimità della successione. L’impostazione bizantina è superata dalla dolcezza delle linee, dai corpi esili, dalla ricercata armonia dei colori e da una profonda grazia della composizione ch inserisce le immagini bidimensionali in uno spazio reale segnato dal pavimento.

 

Nell’Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita, eseguita per il Duomo di Siena, ritorna più forte la tempra gotica con cinque archi a sesto acuto riccamente intagliati e sormontati da guglie che racchiudono l’arcangelo Gabriele inginocchiatosi ai piedi della Vergine. Le vesti dell’angelo sono raffinate e trapunte d’oro, le sue ali imitano quelle del pavone, il volto e le mani rivelano la sua natura soprannaturale che splende contro l’umanissima Maria avvolta in un mantello blu bordato d’un prezioso ricamo. La composizione è armonica e ben studiata e le ali ancora aperte e il manto svolazzante dell’angelo conferiscono il senso di movimento. Una scritta in oro esce dalle sue labbra dirigendosi verso la Vergine: “Ave gratia plena, Dominus tecum”. L’evangelista Luca aggiunge che, a quelle parole, “ella si turbò”, così Simone Martini la rappresenta nell’atto di ritirarsi timorosa. La Vergine esprime un dolcissimo pudore con una morbida torsione del corpo. Sorprendenti sono le venature marmoree del pavimento che immergono la scena in una realtà quotidiana.

Un’opera del genere non ha modelli coevi in Italia, ma va semmai confrontata con i manoscritti miniati per la corte francese. Ciò spianò la strada per l’arruolamento di Simone nell’entourage dei pittori italiani alla corte papale di Avignone, dove erano presenti altri italiani, ma nessun fiorentino, in quanto la classica monumentalità di scuola giottesca non trovava consensi nella società francese legata al gotico.

Ad Avignone realizzò il Polittico Orsini, commissionato dal cardinale Napoleone Orsini. Consta di otto pannelli. Due recano lo stemma della famiglia Orsini, altri due recano Gabriele Arcangelo Annunciante e la Vergine Annunciata, mentre gli altri quattro raffigurano scene della Passione di Cristo, esattamente il Calvario, la Crocifissione, la Deposizione dalla Croce e la Sepoltura. Le scene si articolano su uno spazio compresso in profondità, che si sviluppa in verticale e si carica di scene affollate e volti inquieti. Poco altro resta in Francia, dove pure si impegnò lungamente negli affreschi della Chiesa di Notre Dame des Doms. Vi conobbe Petrarca, probabilmente realizzò per lui il ritratto di Laura, oggi perduto. Oltre a ciò Simone Martini, prima di spirare nel 1344, miniò per l’amico letterato il frontespizio di un codice con le opere di Virgilio commentate da Servio.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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