La San Francesco da Paola contro i corsari di Barberia

Uno dei luoghi devozionali più importanti di Genova è il Santuario di San Francesco da Paola che sorse sul finire del Quattrocento sull’altura chiamata Caldetto, quando, attorno ad una piccola chiesa intitolata a Gesù e Maria, si costruì pure un convento per la comunità dei Frati Minimi.

Più tardi fu ampliato coi finanziamenti di Veronica Spinola, Principessa di Molfetta, ed iniziò ad esser scelto dalle famiglie illustri della città come luogo di sepoltura. Così fu per la benefattrice Veronica Spinola, come per l’Arcivescovo Nicolò Antonio Spinola, il senatore Giuseppe Cambiaggio, la marchesa Luisa Pallavicini, l’architetto Ippolito Cremona, il marchese G. B. Lomellini, il conte Luigi Serra. La chiesa, divenuta centro di pellegrinaggi, si arricchì pure di importanti decorazioni e di preziose opere, eseguite da grandi artisti dell’epoca, alcune delle quali sopravvissute.

Tra i quadri se ne conserva uno raffigurante la battaglia sostenuta nelle acque di Ibiza il 17 ottobre del 1763 dal capitano genovese Domenico Castellino contro i corsari barbareschi avvicinatisi alla sua nave, la “San Francesco da Paola”.

I bastimenti mercantili genovesi erano esposti alla duplice minaccia dei corsari barbareschi, ma anche di quelli di Corsica, all’epoca in rivolta contro la Repubblica. Dunque la “San Francesco da Paola” era armata “in guerra e in mercanzia” ovvero aveva un equipaggio accresciuto da distaccamenti di fanteria ed era dotata di armamento.

Nell’ottobre di quell’anno, la San Francesco da Paola fu circondata da cinque sciabecchi e una fregata. I corsari potevano contare su mille uomini armati ed oltre cento bocche da fuoco, mentre la nave genovese disponeva di trentadue cannoni e di un equipaggio di 207 uomini di cui 50 erano soldati tedeschi che si trovavano a bordo come viaggiatori paganti.

Castellino, senza vento a favore, prima che i barbareschi potessero completare l’accerchiamento, decise di attaccare i due sciabecchi a lui più vicini, guadagnò vento a favore e s’andò a frapporre ad essi. I due sciabecchi furono fatti colare a picco. La formazione nemica si ritrovò spaccata e Castellino poté affrontare le navi separatamente. Un terzo sciabecco tentò l’arrembaggio, ma i marinai genovesi riuscirono a respingerlo. Quando i corsari delle altre due imbarcazioni tentarono l’abbordaggio, i rampini vennero tagliati. La fregata fu costretta ad allontanarsi, 700 furono i corsari uccisi, 400 i feriti ridotti in schiavitù, mentre solamente trentadue marinai genovesi persero la vita.

Dopo sette ore di combattimento la San Francesco da Paola riprese la sua navigazione, col carico salvo, sino all’isola di Formentera, forse reale obiettivo della squadra barbaresca.

Ibiza, grata a Castellino, dedicò al capitano genovese una targa ed una piazza, Genova, invece, iscrisse il suo nome nel libro d’oro della nobiltà.

Una guida di fine Ottocento presenta l’episodio come “ultima prova di virtù in estenuata Repubblica: e però a maggior torto o negletta o disconosciuta dagli scritti contemporanei”. In effetti fu forse questa l’ultima impresa navale della Repubblica di Genova contro i barbareschi. L’ex-voto oggi conservato presso il Galata Museo del Mare di Genova ce ne serba testimonianza.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Padovano, Alla scoperta dei segreti perduti di Genova; W. Lipartiti, Mare Uomini e Velieri; F. Alizeri, Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze; A. Cappellini, S. Francesco di Paola; S. Bono, Lumi e corsari: Europa e Maghreb nel Settecento

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