Memorie della Grande Guerra: l’eroismo di Giuseppe Garrassini Garbarino

“Se un giorno queste mie righe dovranno essere lette, io, orgoglioso e sereno, avrò data la mia vita per la patria nostra. Non si versi per me alcuna lacrima. Ho amato la mia carriera ed il mio mare, e da essi ho avuta ogni soddisfazione. Come ad essi avevo dedicato ogni mia energia, così sono fiero di aver dato per essi anche la vita”. Sono queste le parole che Giuseppe Garrassini Garbarino, nato a Loano l’8 gennaio 1895, poche ore prima di quello che fu il suo ultimo volo, riuscì a scrivere.

 

Tenente di vascello e pilota aviatore Comandante la Stazione Aeronautica di Venezia, Garassini Garbarino le riportò su un foglio che chiuse in una piccola busta e ripose sul suo petto.

Frequentò il ginnasio a Finalborgo, il liceo a Chiavari, poi entrò all’Accademia di Livorno da cui uscì col grado di Aspirante Guardia Marina. Divenuto tale il 17 dicembre del 1905, prestò giuramento di fedeltà a bordo della corazzata Benedetto Brin e da quel giorno cominciò a correre i mari, raggiungendo persino Cina e Giappone con la Regia Nave Vesuvio. Ritornò dopo tre anni come Sottotenente di Vascello e, quando l’aviazione, ai suoi primissimi passi, ebbe bisogno di uomini, volle essere tra i pionieri.

Conseguì il brevetto di pilota nel 1910, primo su 150 allievi. Rientrò momentaneamente nella Marina imbarcandosi sulla Regia Nave Piemonte e compì su di essa un giro di circumnavigazione dell’Africa. Tornato, passò definitivamente all’aviazione negli anni in cui l’Italia era impegnata nella Guerra di Libia. Raggiunse la base navale di Tobruk e si guadagnò la medaglia d’argento con al seguente motivazione: “Pilota di aeroplano compiva utili ricognizioni sul campo nemico, noncurante dei pericoli derivanti dallo strumento ancora imperfetto, dalle condizioni atmosferiche spesso precarie e dalle offese nemiche”.

Terminata la guerra, il Garassini Garbarino si sentì portato allo studio e al perfezionamento degli idroplani, fondendo il suo amore per il mare e per l’aria. Studiò a Douai in Francia, e, tornando, con un Curtiss tentò il primo volo Antibes-Spezia-Roma, volo interrotto a Oneglia per difetto dell’apparecchio. Imbarcato quindi, prima sull’Amalfi, poi sulla San Marco, e infine sull’Elba, ebbe a sua disposizione due apparecchi: un Curtiss e poi un Breguet, coi quali diede un apporto preziosissimo al progredire della nuova organizzazione. Quando l’Italia entrò nella Grande Guerra prese il comando di una squadriglia di aeroplani Caproni, che si doveva costituire a Ferrara. Il materiale necessario però non giunse mai poiché gli stabilimenti italiani, limitatissimi per nu mero e per mezzi, non riuscivano a far fronte alle ingenti richieste ed allora si dedicò ai dirigibili.

Fu Varese per il collaudo degli apparecchi destinati alla marina e per l’istruzione degli allievi piloti e, nel settembre del 1916, ebbe l’ambitissima nomina di Comandante la stazione aerea di Venezia, la più avanzata e più importante del nostro fronte, quella che doveva tener testa alla base austriaca di Pola, la munitissima città forte in mano al nemico.

Ben presto egli poté organizzare bombardamenti assai efficaci su Pola, Trieste, Rovigno, Salvore, Parenzo, ma le imprese più brillanti di tale periodo furono il volo con Gabriele D’Annunzio su Trieste nell’agosto del 1916, volo durante il quale furono lanciati esclusivamente messaggi d’italianità al popolo, e l’incursione del 13 settembre su Parenzo, fatta pure con D’Annunzio. In tale occasione furono impiegati 12 idrovolanti da bombardamento, dei quali uno francese, e quattro caccia francesi, bombardando gli hangars d’aviazione. In questa occasione l’apparecchio guidato dal Garassini Garbarino fu colpito al motore ed il pilota riuscì ad ammarare con ardita manovra a 15 miglia da Cortellezza presso una delle torpediniere di servizio.

L’undici febbraio 1917 ricevette l’ordine d’inviare tre idrovolanti italiani, con due francesi, a fare una esplorazione su Pola per accertare la presenza e la dislocazione delle forze avversarie nel porto e nel canale di Fasana, per osservare se fossero in corso opere di raccordo ferroviario fra le linee Pola-Divazza e San Pietro-Fiume, bombardando contemporaneamente Scoglio Ulivi, importante centro di raddobbo. A protezione della spedizione due squadriglie di siluranti vennero dislocate fra Punta Maestra e Pola, ed una squadriglia di areoplani da caccia stette a vigilare.

Garassini Garbarino assunse il comando dell’impresa. Scoperti dalle batterie antiaeree del nemico, si ritrovarono attaccati da un caccia. Garassini Garbarino fu colpito al cuore e ad una mano dai proiettili.

La motivazione della medaglia d’oro concessa alla memoria di Giuseppe Garrassini Garbarino, con decreto luogotenenziale dell’1 giugno 1917, riassunse la sua eroica vita: “Nelle officine tecnico esperto, rese preziosi servizi all’aviazione, istruendo nuovi piloti. Sui dirigibili prima, poi capo squadriglia e comandante di stazione aerea, spiegò mirabili qualità di organizzatore. In varie azioni di guerra con esemplare ardimento condusse numerose squadriglie a bombardare i muniti obiettivi militari nemici, finché sprezzante di ogni pericolo, fulminato nell’aria da mitraglia nemica, orgoglioso e sereno dette alla Patria in olocausto la vita, lasciando di sé esempio fecondo di nuovi ardimenti (Alto Adriatico)”.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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