La sollevazione spagnola contro Napoleone

L’ostilità della Spagna a Napoleone era anzitutto spirituale. L’identià spagnola si riversò interamente nel carattere della sollevazione antinapoleonica. Herbert Albert Fisher, coi suoi toni di condanna, così ne parla in Storia d’Europa.

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Mentre si veniva svolgendo l’aspra contesa col papa, Napoleone attaccò la Spagna, il paese più religioso d’Europa, per nulla incline ad innovazioni ecclesiastiche e, malgrado un governo debole, inglorioso e sconnesso, orgogliosamente e donchisciottescamente patriottico. L’attaccò benchè certamente non ignorasse le caratteristiche geografiche e climatiche della penisola iberica e sapesse come il sistema montagnoso e fluviale del paese sbarrasse fatalmente la via ad ogni invasione dal nord e come nell’altipiano della Spagna centrale ora arso da un calore torrido, ora gelato dalle raffiche del vento artico, nessun grande esercito potesse sperar di resistere senza un commissariato militare che provvedesse a tutte le sue esigenze. Ma anche più grave del sole e del gelo, dei fiumi, dei monti e delle distese desolate, era l’ostacolo rappresentato dalla psicologia del popolo spagnolo. Gli Spagnoli eran vissuti appartati dalla vita generale d’Europa. Avevano ideali diversi, pensieri diversi, diverse usante. Una certa negligenza, fatta d’orgoglio e di indolenza, aveva impedito lo svolgimento di quelle forme di prosperità materiale che altrove s’eran dimostrate favorevoli alla curiosità e all’iniziativa individuale. Soltanto un terzo del paese era coltivato. Nonostante un vasto impero dìoltremare, non esisteva una flotta commerciale spagnola: lo stesso commercio di trasporti del Mediterraneo era esercitato da stranieri. L’ignoranza era generale, la miseria quasi un vanto. La filosofia liberatrice del diciottesimo secolo non aveva affascinato i contadini ed i monaci, i potenti ed i vagaboni, i contrabbandieri ed i briganti che costituivano la maggior parte della popolazione spagnola. L’illuminato monarca Carlo III il migliore dei re borbonici, che cacciò i gesuiti, soppresse le corride dei tori e cercò d’incoraggiare le languenti industrie del paese, anziché acquistar merito agli occhi dei sudditi per queste sue riforme salutari fu proprio per queste oggetto della loro cordiale avversione. Alla sua morte nel 1788, l’oscurantismo che non era stato mai realmente debellato nelle province, riprese di colpo il suo impero sulla corte e sul governo. E’ facile perciò comprendere quanto ripugnasse alla Spagna l’idea di una filosofia straniera e antipapale imposta dalle baionette francesi. Gli Spagnoli erano assolutamente indifferenti ai diritti dell’uomo e attaccatissimi invece alla religione cattolica e allore loro usanze provinciali. I pesi e le misure dell’Europa significavano ben poco per questa nazione orgogliosa e grave di nazionalsiti, per cui la chiesa contava più della provincia, la provincia più del regno, ed il regno più del mondo intero. La potenza di Napoleone li impressionava così poco che una piccola provincia come l’Asturia, con un esercito di diciotto mila uomini, non esitò a sollevare la bandiera della rivolta contro l’impero francese. Il fatto che Madrid, centro del sistema stradale, fosse per molti anni occupata dai Francesi, era indifferente agli Andalusi nel sud, ai Galleghi nell’ovest o ai Catalani nella riviera orientale. Gli Spagnoli combattevano incuranti di ogni calcolo di probabilità. Benchè spesso battuti dai generali di Francia, non furono mai intimiditi dal prestigio francese. Benchè i loro eserciti fossero poveri di cannoni e di cavalleria, benchè mancassero di disciplina e avessero poca fiducia, tuttavia nella guerriglia, fondamentalmente adatta al loro paese, e tormentosa per il nemico, erano superiori a chiunque. I Francesi ebbero sempre nei loro vicini antagonisti selvaggi, sfuggenti e persistenti; e le loro lunghe vie di comunicazione dai Pirenei a Madrid non furono mai al sicuro dallo sparatore, dal brigante, dall’agguato spagnolo.

 

 

 

 

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