La villa rustica di Catone

Tra gli inizi del II secolo e la fine del I a.C., si diffonde a Roma un prototipo di villa rustica particolare, sicuramente  espressione di quel mondo agricolo e idologico delineato nel De agri cultura di Catone, proprietario di possedimenti in Sabina, oltre che in Campania. Parliamo di ville rustiche di modeste dimensioni con manovalanza servile, basate su colture specializzate e selezionate, destinate alla vendita sul grande mercato di Roma e nei centri minori.

Ville così sono dislocate in tutta la fascia sabina, platee rettangolari sostruite su tre lati, come quella in località Arnalicchio presso Cerreto Laziale, esposte preferenzialmente a Sud e ad Est per poter godere di vantaggi climatici e della massima salubrità. Il Censore di queste ville fu ideologo, difensore e insegnante.

Nel “De agri cultura” di Catone si legge: “Fin dalla prima adolescenza il padre di famigliadeve seminare il campo. Prima di costruire, deve pensare a lungo; non si deve pensare di seminare, ma di agire. Quando l’età si avvicina ai 36 anni, allora si deve edificare se hai un campo seminato. E’ utile che il padre di famiglia abbia una fattoria ben costruita: la cantina e l’orciaia, molte botti, in modo che gli sia gradito attendersi benevolenza. Edifica una villa cittadina secondo le tue possibilità. Se avrai edificato in un buon podere, avrai agito bene, se avrai abitato felicemente in campagna, verrai più volentieri e più spesso, il fondo sarà più fertile, avrai la possibilità di sbagliare di meno, otterrai più frutti. Sii utile ai vicini. Se il vicinato ti vedrà con piacere, venderai più facilmente i tuoi frutti, piazzerai le tue attività, assumerai gli operai. Se è necessario qualcosa per il tuo benessere, ti difenderanno volentieri”.

In questa villa gli ambienti dovevano essere modesti ma funzionali. Catone, dopo aver sperimentato in gioventù la fatica del lavoro agricolo, diventato vecchio e ricco, suggeriva di costruire le ville rustiche senza esagerare negli agi e nello sfarzo.  Doveva essere certamente comoda, perchè il proprietario fosse invogliato a risiedervi, ma non lussuosa altrimenti non il proprietario non sarebbe stato indotto al lavoro ma all’ozio. Una villa del genere era esclusivamente legata alla produzione, al lavoro, Catone, infatti, auspicava visite frequenti e soggiorni prolungati affinchè la terra fosse coltivata con solerzia e desse più frutti. In quest’ottica gli unici ambienti che reputava indispensabili erano cantina e orciaia. La necessità di molte botti suggerisce ancora che l’unica funzione della villa catoniana era quella produttivo-agricola con la prospettiva di avere operai e vendere poi bene i propri frutti.

Catone si fa voce di una economia agricola e schiavista, elegge bravo proprietario colui che non lascia mai gli schiavi inattivi, neppure nei giorni festivi e riesce a vendere gli anziani e i malati, divenuti ormai un inutile costo. Tuttavia per questi schiavi in catene prescrive pure un vitto più abbondante, affinchè maturi un rapporto positivo tra le parti che conduca ad un maggiore rendimento lavorativo.

Si è stimato che la villa del Censore nell’ager Sabinus sia stata pari a 100 iugeri ed era per lo più destinata alla produzione del vino, comprendeva poi tra i 62 e i 76 iugeri per il grano destinato agli schiavi e per l’arbustum ed altri 3,5 iugeri per la produzione di legna, canne e vimini per i tralicci delle viti, lasciando così tra i 20 e i 32 iugeri alla vigna vera e propria. Questo terreno produceva vino destinato al mercato per un valore di 8130 sesterzi circa, ma il guadagno effettivo doveva essere minore, considerando il costo della manodopera servile e il capitale investito nella villa.

La sua è anche una risposta alla diffusione dell’economia mercantile: “Sembrerebbe talvolta più lucroso dedicarsi ai commerci marittimi, se non fosse così rischioso, e ugualmente prestare denaro a interesse, se fosse onesto. I nostri avi così ritennero e così stabilirono nella loro legislazione, che il ladro fosse condannato al doppio, l’usuraio al quadruplo. Da ciò si piò giudicare quanto peggior cittadino essi abbiano giudicato l’usuraio che il ladro. E allorquando lodavano un uomo buono, così lo lodavano, un buon agricoltore, un buon coltivatore. E si riteneva che ricevesse somma lode chi era in tal modo elogiato. D’altra parte stimo il mercante pieno di coraggio e zelante nella ricerca del guadagno ma, come ho detto sopra, esposto ai pericoli e alle sciagure. Ma è dagli agricoltori che nascono gli uomini più forti e i soldati più coraggiosi, ed essi conseguono un guadagno massimamente giusto, il più stabile e il meno soggetto all’invidia, e per null’affatto coloro che sono impegnati in questa attività sono soggetti a parvi pensieri”.

Il primato dell’agricoltura si afferma sul piano valoriale, col potere dei secoli di contadini-soldati e delle tradizioni romane, ma anche sul piano utilitaristico perchè dà più sicura ricchezza. Catone affermò così una vera e propria ideologia agraria alla cui base pose il mos maiorum e la concezione stessa della società romana.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete
Bibliografia: V. Merlo, Contadini perfetti e cittadini agricoltori nel pensiero antico; Z. Mari, La villa romana di età repubblicana nell’ager Tiburtinus e Sabinus

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