Memorie della Grande Guerra: i fanti della Terza Armata

Primavera inoltrata del 1916. Erano alle spalle cinque sanguinose battaglie sull’Isonzo. La Terza Armata aveva assolto un gravoso compito.

“Soldati – si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, scrisse Ungaretti. Un verso che rimanda al crudo vivere dei soldati in trincea, alla loro eroica quotidianità contraddistinta da combattimenti e privazione, ma, al contempo, caratterizzata anche da quella normalità quasi surreale dei momenti di attesa o riposo.

Il nemico, il 24 maggio del 1915, aveva fatto saltare i ponti sul fiume ed aveva inondato la piana di Monfalcone e s’era assestato sull’Altopiano carsico erigendo grandi opere. Una trincea scavata in gran parte nella viva roccia e coperta allo sguardo, partendo dal mare, saliva per i margini estremi dell’altopiano, ne circondava le vette ominanti, ne incideva gli speroni. Profonde fasce di reticolati proteggevano la trincea. La nostra artiglierie non riuscì ad ottenere risultati. Così le nostre fanterie dovettero guadagnarsi con rilevanti perdite il primo gradino del Carso. Andò così la Prima Battaglia dell’Isonzo.

Le successive non furono meno aspre e sanguinose. Ci videro patire il martellamento continuo delle artiglierie nemiche e mancanza di ricoveri, di acqua, di cibo caldo. Serpeggiava il colera tra le nostre linee, eppure non calà lo spirito di sacrificio dei fanti della Terza Armata che accettarono con entusiasmo e slancio l’offensiva autunnale, pur minati dal tormento fisico, dalla pioggia, dal fango, poi la neve e il freddo, la quarta e quinta battaglia. Nelle notti, rotte dall’improvvisa luce abbagliante dei razzi, piccoli nuclei di fanti, consacrati alla morte, scavalcavano i ripari, strisciavano con i loro tubi esplosivi e provavano così ad aprire brecce nei grovigli di ferro austriaci. Tornavano ridotti in numero, straziati nello spirito.

Grandi furono gli atti di eroismo: la brigata Sassari perse i due terzi delle proprie forze conquistando il Trincerone e le trincee delle Frasche e dei Razzi; la brigata Casale finì mezzo sepolta ad Oslavia dopo dieci assalti ad arma bianca senza rinunciare a combattere per altri cinque giorni… Riuscimmo ad occupare i margini sassosi dell’altipiano di Doberdò, le colline del Podgora, il Sabotino.

Alla metà di maggio 1916, erano passati sugli altipiani. Alle brigate che conoscevano il Carso, il compattimento aperto su per le montagne di Asiago parve quasi una liberazione. Affrontarono con prontezza le truppe austriache, ne spezzarono l’impeto, ne circoscrissero i movimenti e lo costrinsero, infine, sotto una ferra pressione, a ripiegare. Assolto al compito cui erano stati chiamati, furono riportate d’innanzi al Campo trincerato di Gorizia.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: R. Raja, La Grande Guerra giorno per giorno; A. Sema, La grande Guerra; J. R. Schindler, Isonzo. Il massacro dimenticato della Grande Guerra

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