Pio VII prigioniero

Nella notte del 5 luglio del 1809, il Pontefice Pio VII venne prelevato con la forza dal Palazzo del Quirinale, per ordine del Generale Miollis, arrestato e condotto prigioniero prima a Grenoble e successivamente, passando per il colle di Tenda, Cuneo e Mondovì, a Savona. Ce ne parla Artaud de Montor in Storia di Pio VII.

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Il viaggio del Papa dalla Certosa di Firenze sino ad Alessandria durò sette giorni, dal nove cioè al quindici di luglio. Una mattina, nelle prime giornate; diversi paesani si erano raccolti intorno li carrozza e domandavano la benedizione: il comandante si vide obbligato di fermarsi e di permettere al Santo Padre di benedirli. Immediatamente dopo questa breve e commovente azione, il Papa pregò l’un d’essi, che tuttora erano in ginocchio, di portargli un po’ d’acqua fresca: quella moltitudine s’alzò tutta ad un tratto; gli uni corsero a cavalli per trattenerli, altri si portarono innanzi a gendarmi; un gran numero corse precipitosamente ad alcune vicine capanne, prorompendo in grida di gioia e di affezione. In un istante da tutte parti si offrirono a Sua Santità rinfreschi d’ogni sorta. Bisognò ch’ella ne prendesse da tutte le mani, che ne presentavano, od almeno che toccasse tutto quello che non si poteva accettare. Ciascun gridava ‘Da me, da me, Santo Padre, da me ancora? – Da tutti!’ rispondeva il nostro pio Pontefice, bagnato il volto di lagrime. Nel gettare nella carrozza i più bei frutti, uno dei paesani con queste due sole parole energiche e terribili: (Vuole? dica!) propose al Papa di re spingere i soldati e di liberarlo: e il Papa con accenti di vera tenerezza, colle preghiere, e persino colle suppliche raccomandò a tutti, che non si facesse nessun atto di resistenza, e di nuovo si abbandonò al suo custode, il quale si rimise in viaggio, presa la direzione alla volta di Genova. Un po’ più lontano il Papa trovossi disgiunto da suoi bagagli e oppresso dall’eccessivo caldo: domandò in prestito una camicia qualunque. Accorse tosto un paesano, e gliene offerse una; e questi, mentre baciava con trasporto la mano che lo benediceva, staccò da una manica della veste del Santo Padre una spilla che portò via come un ricco pegno del suo prestito.

Alla distanza di tre miglia da Genova, presso una casa di campagna chiamata Castagna ed appartenente, dicevasi, alla famiglia Spinola, il comandante ordinò di fermarsi, quantunque non fosse ancora mezzodì. Poco tempo dopo giunse il sig. Boisard, altro comandante della gendarmeria, che doveva essere sostituito al sig. Mariotti; e vennero con lui due lettighe: nell’una entrò il Papa, nell’altra monsignor Doria: il resto del seguito ebbe ordine di proseguire il viaggio a piedi insino al mare. Là giunti, montarono tutti a bordo d’una feluca, e dopo un remigare di più ore, trovaronsi verso l’alba dall’altra parte di Genova, cioè a San Pietro d’Arena. Quindi si prese la via della Bocchetta e di Novi per giugnere ad Alessandria, ove il Papa fu deposto nella casa Castellani, i cui signori prodigalizzarono ad un ospite si illustre le cure più dilicate. Una specie di febbre nervosa convulsiva aveva assalito Pio VII dal primo giorno del suo arresto, ed ora cominciava a scemare. Dopo tre giorni di fermata il dolente corteggio venne diretto alla volta di Mondovì.

In questa città l’entusiasmo del popolo prese un carattere più spiegato; alcuni Ordini religiosi vennero processionalmente incontro al Pontefice, e lo scortarono. I Piemontesi contavano i gendarmi con un girar di ciglio, poi pareva che si proponessero, sotto tutte le forme di segni e di linguaggio, d’operare la liberazione del Papa. Il sig. Moiraghi, primo aiutante di Camera del Papa, in una sua relazione lasciò scritto queste espressioni: ‘Quanto più noi ci avvicinavamo alla Francia, tanto più l’entusiasmo aumentava’. Nel primo villaggio francese le autorità dei dintorni, sotto pretesto di vegliare al buon ordine, cercavano di avvicinarsi più che potevano al Santo Padre, ed era solo per coprire di baci la sua mano, per consolarlo, per compiangerlo. Pio VII andava dicendo ‘E Dio potrebbe comandare di mostrarsi in sensibili a sì belle prove d’affezione?’ Egli le aggradiva certamente con dignità e con modestia. A Grenoble si seppe, di buon mattino, che il Papa doveva venire per soggiornare in quella città, e qui preparavasi una di elle scene storiche, le quali fanno la maggior impressione sullo spirito dei popoli. In quella città le due sole resistenze che Napoleone trovasse sul continente, la Santa Sede e la Spagna, dovevano in certa quale guisa incontrarsi. La valorosa guarnigione di Saragozza trovavasi prigioniera di guerra in Grenoble. Si annuncia l’arrivo del Papa. Questa guarnigione tutta intera chiede la grazia di andargli incontro. Nel momento in cui compare la carrozza del Santo Padre, tutta la guarnigione, come se fosse un uom solo, ad un colpo s’inginocchia. Il sig. di Genoude, il quale è stato testimonio di questa commovente scena, me l’ha raccontata egli stesso. Il Papa inchinò quasi tutto il suo corpo fuori della carrozza, e con un’aria di gioja, di felicità, di viva tenerezza, stese su questi eroi, ai disagi deformati, una generale benedizione. Tutta la città di Grenoble avea seguito il movimento degli Spagnuoli. Il sig. Gérard, consigliere di prefettura, sostenendo le veci del prefetto, accolse il Papa con sentimenti di rispetto, ma separò da lui il Papa con sentimenti di rispetto ma separò da lui il cardinale Pacca, che da qualche giorno avea raggiunto il corteggio. Alla domane lo stesso signor Gérard avendo significato a Sua Santità, ch’erano pronte alcune carrozze, se volesse fare una passeggiata, il Santo Padre rispose: ‘Se queste carrozze ci debbono ricondurre a Roma, noi vi entreremo immediatamente per rifare il viaggio: ma nello stato di prigionia, in cui siamo, non dobbiamo uscire di casa a di porto’.

La folla dei religiosi paesani che domandavano la benedizione del Papa era tale, che bisognò scegliere un luogo abbastanza spazioso in un giardino, ove di tempo in tempo s’ammettevano tutte quelle persone che venivano per ossequiare il Santo Padre. Il solo vescovo venne escluso sotto mille pretesti; ora il Pontefice era indisposto di salute, ora il prelato erasi presentato troppo tardi. In questo frattempo arrivarono due vicari-generali del cardinale Fesch, i quali fecero al Papa esibizioni d’ogni genere e gli consegnarono lettere di cambio pel valore di cento e più mila franchi. Egli fu oltremodo commosso per quest’atto di rispetto sì coraggioso. Nel 30 luglio il sig. Gérard era stato invitato ad un pranzo: tuttavia con cedette al Papa la permissione di andare nel giardino, come soleva sempre. Ma siccome il giorno avanti eransi manifestati alcuni segni d’insubordinazione nel popolo, e le medesime persone volevano più volte tornare a far visita al Papa nello stesso giorno, per cui l’udienza durava alcune ore, e il tempo non bastava neppure a soddisfar tutti, così per prudenza il Papa non volle presentarsi nel giardino mentr’era assente il signor Gérard. Questa determinazione destò una specie di tumulto polare. Improvvisamente arrivò l’ordine di partire per Valenza. Il Papa, giunto in quella città, non ebbe la permissione di visitarvi il monumento innalzato a Pio VI.

Dovevasi direttamente da Valenza passare ad Avignone. E’ impossibile di concepire come il colonnello Boisard abbia avuto l’idea di far entrare il Papa in questa città ed in pieno giorno, Avignone aveva appartenuto alla Santa Sede; tutti sanno per quali circostanze essa sia stata riunita alla Francia al principio della rivoluzione, e nulladimeno per tutto il contado era vivo tuttora un sentimento di affezione al Pontefice. Si credette allora che il signor Boisard tutto ciò ignorasse: ma mi è ciò difficile persino ad immaginare; e come mai nessun prefetto, nessuna autorità, nessun abitante di que paesi non l’avevano prevenuto? Puossi dire che tutta intera la città, senza distinzione di età e di sesso, s’ affollasse attorno alla carrozza del Pontefice fermatasi sopra una piazza. Questa moltitudine salutava il Pontefice con gridi di gioja; alcune signore e personaggi della più distinta condizione comperarono a prezzo d’oro la facoltà di avvicinarsi alle portiere. Boisard, ordinò d’allontanare tutti questi importuni: ma i soldati, in numero troppo piccolo, non potevano far uso delle loro armi. Il comandante avendo saputo che la popolazione dei dintorni accorreva per la strada di Carpentras, e che da tutte le rive del Rodano di Linguadocca i villaggi precipitavansi a torrenti verso Avignone, come se si recassero ad una crociata, comandò che si chiudessero le porte della città. Già eransi tenuti degli abboccamenti tra alcune persone del corteggio del Papa ed il popolo. Un uomo di nobile aspetto ed elegantemente vestito s’avvicinò al sig. Moiraghi, e gli disse: ‘Signore, è vero che il Papa ha scomunicato Napoleone?’ E il Moiraghi a lui: ‘Non vi posso rispondere, signore. – Bastami, soggiunse l’interlocutore: basta così per me’.

Il colonnello Boisard ottenne finalmente di rompere quella calca di gente: egli teneva in mano due pistole cariche, ma certamente si sarebbe ben guardato dal farne uso, Comandò a postiglioni di partire, e il Papa uscì dalla città tranquillamente. In Aix avvennero simili scene: e tutta quanta la Provenza diede i medesimi argomenti di pietà. Il Papa avvicinavasi a Nizza, e si vociferava che doveva essere condotto a Savona. La città di Nizza fece intanto diversi apparecchi di festa per accogliere il Pontefice. Quando egli fu vicino al ponte del Varo, scese di carrozza per attraversarlo a piedi. Dall’altra sponda uno spettacolo straordinario venne a colpire i suoi sguardi: non eravi, come sul suolo francese, confusione di stati, il fabbro-ferrajo col suo martello sulle spalle, il contadino colla zappa, tutte le classi accorse in disordine, alla rinfusa. Qui tutto era stato previsto; le condizioni erano distinte, ciascuna aveva preso il suo posto: gli ecclesiastici in luogo separato erano vestiti de’ loro abiti sacerdotali; i nobili portavano le loro decorazioni: dieci mila persone erano in ginocchio nel più profondo, nel più religioso silenzio. Il Pontefice, coll’anima ingagliardita da un sì luminoso omaggio, s’inoltrò solo, ritenendo in dietro le guardie con un gesto, che forse non fu esente da un po’ di orgoglio.

In faccia al ponte scorse la religiosa regina d’Etruria in ginocchio fra mezzo a suoi due figli. La Spagna doveva sempre trovarsi una delle prime per dare qualche consolazione all’angustiato Pontefice! ‘Ah! quali tempi diversi!’ disse la regina. – ‘Tutto non ci è argomento d’amarezza, le rispose il Santo Padre; noi non siamo, o nostra figlia, nè in Firenze, nè in Roma; ma vedete tutto questo popolo; ascoltate i suoi trasporti. Il Papa tornò in carrozza. Le contrade di Nizza erano state tutte seminate di fiori, e per tutto il tempo, che il Papa vi dimorò, furono alla sera illuminate. Boisard ben comprese che in questo momento non iscortava un prigioniero di Stato; gli lasciò la libertà di vedere gli ecclesiastici e tutti gli altri abitanti che si presentarono. Nella notte, intorno alla casa abitata dal Pontefice, cantavansi in musica degli inni sacri. Il comandante avendo disposto il rimanente del viaggio in modo che si tenesse una strada meno frequentata ed attraverso alle montagne, una dama ebbe la spiritosa idea d’inviare diverse persone incaricate d’illuminare quella strada al primo apparire della sera col fare appendere lumi agli alberi. Quest’esempio fu tosto imitato per tutta la estensione delle riviere di Piemonte per ordine di varie pie persone e delle autorità municipali.

Il santo Padre fu ricevuto in Savona nella casa del capo della famiglia Santon, e vi passò quattro giorni. Nel quinto giorno li vescovo della città ricevette l’ordine di uscire dal suo vescovado, perchè si lasciassero i suoi appartamenti alla disposizione del Papa e del suo seguito. Si assegnò al Santo Padre, per proprio uso, una camera sola ed una piccola anticamera: il resto gli si permetteva d’invitare tutte quelle persone che voleva ad una mensa sontuosa; ed il conte Salmatoris, maestro delle cerimonie, veniva ogni dì a chiedere quello che il Papa desiderasse di prescrivere. Nello stesso tempo si assegnarono cento luigi al mese a ciascuno de famigliari del Papa, e permettevasi che il direttore delle poste portasse egli stesso a Sua Santità le lettere al medesimo indirizzate.

 

 

 

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