Regina della Scala

Nata a Sant’Angelo Lodigiano, Regina era figlia di Mastino II della Scala, signore di Verona e valente capitano di ventura. Il suo matrimonio con Bernabò Visconti sancì una solida alleanza politico-militare. Avevano diciannove anni lei e lui ventisette e andarono daccordissimo. Bernabò governò Milano, col fratello Galeazzo, in forza del riconoscimento imperiale concesso dall’imperatore Carlo IV, e Regina gli diede ben quindici figli, affiancandolo tanto in politica quanto nelle imprese militari.
Sempre in guerra, e con lo Stato Pontificio, e con Firenze, e finanche col fratello, Bernabò ebbe al fianco una donna non meno violenta. Regina, infatti, viene ricordata per la sua crudeltà nei confronti dei prigionieri. Si narra di come arrostisse i poveretti su graticole ardenti e persino di prigionieri scorticati vivi. Sia il Corio che il Giovio la definiscono superba, indubbiamente dovette esserlo.

Regina fu abile cavallerizza e affiancò il marito sotto le mura di Verona, quando il Signore di Milano decise di pigliarsi pure la città che gli aveva dato in sposa una sua figlia. Respinto con successo l’assedio delle truppe di Giovanni Hawkwood e Lucio Lando, i veronesi se la videro presentarsi sotto le mura, nel novembre 1378. Regina ricevette le chiavi di Verona, accondiscendendo alle pretese del marito che pure la stava usando per i suoi diritti successori. Ancora in ossequio alle disposizioni del coniuge, nel febbraio 1379, rinunciò ai suoi diritti su Verona in cambio di 440.000 fiorini e una pensione annua di 2000 fiorini.

Abile politica, andò accumulando personalmente un lungo elenco di titolarità feudali, quelli di Somaglia, Castelnuovo Bocca d’Adda, Maiano, Monteoldrado, Sant’Angelo Lodigiano e Merlino, quelli di Cassano, Stezzano, Chignolo, Villanterio, Roccafranca, Tabiano e Pizzobellasio, e ancira Roncaglia, Sarzana, Valenza, Santo Stefano e Carrara. Ebbe in feudo anche Urago d’Oglio, Calcio, Fiorano, Pumenengo e Garegnano. Sostanzialmente potè esercitare un vero e proprio governo sulla Lunigiana e pure su Pisa, conquistata da Bernabò. Amministrò pure Reggio Emilia che il marito aveva sottratto a Feltrino Gonzaga.

I due forse andarono sempre d’accordo, sicuramente condivisero l’amore per le arti. Fu Regina a scegliere le decorazioni pittoriche dei castelli di Pandino, Melegnano e Trezzo. Fu lei a spronare la locale scuola giottesca. Nella Rocca d’Angera, si possono vedere infatti, nella grande Sala della Giustizia le novità della pittura di Giotto intrecciarsi con le semplificazioni narrative popolaresche, negli affreschi inneggianti ad Ottone Visconti, capostipite della dinastia milanese.

Regina fu certamente in contatto anche col sommo Petrarca che in quel periodo scrisse, proprio a Milano, il De Viris Illustribus. Regina si occupò pure dell’arca funeraria per il marito. Ne affidò la realizzazione a Bonino da Campione e ancora oggi destano clamore per la loro bellezza. Quella di Bernabò è al museo del Castello Sforzesco, una imponente statua equestre che mostra il condottiero a capo scoperto, in segno di sfida verso tutti i rivali. Originariamente l’urna era posta nell’abside di San Giovanni in Conca, accanto all’altare maggiore, congermando ai posteri l’irriverenza religiosa ed il disdegno per l’autorità ecclesiastica che sempre nutrì il Visconti.

Bernabò, infatti, aveva sottratto diverse città al papa, anzitutto Bologna, e aveva persino confiscato i beni ecclesiastici e proibito ai suoi sudditi di intrattenere rapporti con la curia. Di conseguenza fu scomunicato come eretico nel 1363 da papa Urbano V.

Nel 1381 diede inizio ai lavori di costruzione della Chiesa di Santa Maria alla Scala. Non ne vedrà mai la fine, ma fu questo edificio a consegnarla alla memoria collettiva: abbattuto nel Settecento, l’Imperatrice Maria Luigia d’Austria decise sullo stesso luogo di far sorgere il famoso Teatro alla Scala di Milano.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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