Sistemi monetari preunitari: la contabilità nel regno svevo di Sicilia

Pervenuto al trono di Sicilia grazie al suo matrimonio con Costanza d’Altavilla, Enrico VI confermò parte del sistema contabile siciliano. Partiamo dalle sue misure in questa materia per analizzare la contabilità nel regno svevo di Sicilia.

Vennero mantenuti l’Oncia d’oro da 30 tarì come moneta di conto ed il Tarì d’oro, da spendersi a peso, come moneta effettiva. Queste vennero affiancate da Denari, monetine di basso argento, titolo 250/1000, e pesanti 1/30 di oncia del valore nominale di 1/16 di tarì da spendersi a numero.

Apparentemente si trattava di un sistema bimetallico di tipo moderno, ma nella realtà il questo esisteva solo formalmente. Scriviamo “formalmente” perché anche se le zecche del regno coniavano moneta d’argento, in realtà biglione, questa non era caratterizzata da un rapporto fisso con l’oro.

Infatti, se i Denari fatti coniare da Enrico VI verso il 1196, tariffati ad 1/16 di tarì, pesavano 1/30 di oncia siciliana al fino di 1/4, 1/45 di oncia d’oro puro corrisponde a 4/30 di oncia d’argento, quelli fatti coniare da suo figlio Federico II verso il 1249 non solo sono tariffati ad 1/24 di tarì ma peso e fino sono calati, rispettivamente, ad 1/33 ed 1/32 di oncia siciliana, 1/45 di oncia d’oro puro corrisponde a 1/44 di oncia d’argento.

Concretamente il rapporto relativo tra i valori di oro ed argento passa da 6:1 alla fine del regno di Enrico VI ad un inverosimile 1:1 alla fine del regno di Federico II! Questa condizione, che poteva essere pregiudizievole anche per lo Stupor Mundi, veniva affrontata in questo modo:

1 – Nel Regno di Sicilia ogni nuova emissione di Denari era accompagnata dal ritiro forzato dei vecchi;

2 – I commercianti erano obbligati ad usare nelle transazioni interne solo la moneta “d’argento”;

3 – Era vietata l’esportazione di moneta “d’argento”;

4 – Le esportazioni dal regno andavano pagate in moneta d’oro.

 

È da ritenersi molto probabile che fosse anche previsto il pagamento delle tasse solo in oro.

Queste disposizioni concretamente mettevano Federico al riparo dai rischi correlati a continue svalutazioni. Incoronato Re di Sicilia, Federico II confermerà il sistema contabile stabilito dal padre, pur con le già accennate svalutazioni del Denaro, la prima vera innovazione si avrà nel 1231 con l’introduzione dell’Augustale, moneta d’oro col fino del Solido ed il titolo dell’Iperpero da spendersi a numero e tariffata ad 1/4 di oncia.

A Federico II viene tradizionalmente attribuita la definitiva regolazione del sistema di rapporti per i metalli preziosi, cioè un sistema di valori basato sulle seguenti equivalenze:

1 Libbra = 12 Oncie

1 Oncia = 30 Tarì

1 Tarì = 20 Grani

1 Grano = 6 Denari

 

Scriviamo “tradizionalmente” perché sul momento in cui sarebbe stato istituito questo schema non vi è unanimità tra i numismatici. Alcuni lo vogliono introdotto da Federico II, presumibilmente dopo la sua incoronazione ad Imperatore dei Romani, altri lo fanno risalire all’incoronazione di Ruggero II come Re di Sicilia.

Effettivamente la prima menzione ufficiale del sistema monetario è contenuta nelle Costituzioni del Regno di Sicilia del 1231 ma i primi contratti in cui è specificato un pagamento in “uncia, tarenos et grana” sono antecedenti di sei anni. Ci piace pensare che, forse, Federico II si limitò ad ufficializzare uno stato di cose già in essere al momento della sua nascita. Questo perché tutti gli autori concordano sul fatto che durante il regno degli Altavilla i tarì d’oro non erano accettati a numero, bensì a peso e che quindi il pagamento era perfezionato ritagliando da una moneta le frazioni eventualmente necessarie al raggiungimento della somma pattuita. Infine l’equivalenza di 1 tarì a 20 grani potrebbe aver avuto origine nel tasso di cambio di 1 tarì per 20 romesine in vigore nel Regno di Sicilia prima della riforma monetaria di re Ruggero II del 1140.

 

Di seguito si riporta uno schema di come si teneva la Contabilità nel Regno di Sicilia dal 1194 al 1266:

  • Enrico VI

1 Oncia = 30 Tarì

1 Tarì = 16 Denari

 

  • Federico II (dal 1197 al 1224)

1 Oncia = 30 Tarì

1 Tarì = 16 Denari

 

  • Federico II (dal 1225 al 1230)

1 Oncia = 30 Tarì

1 Tarì = 18 Denari

 

  • Federico II (dal 1231 al 1235)

1 Oncia = 4 Augustali

2 Augustali = 15 Tarì

1 Tarì = 18 Denari

 

  • Federico II (dal 1236 al 1242)

1 Oncia = 4 Augustali

2 Augustali = 15 Tarì

1 Tarì = 20 Denari

 

  • Federico II (dal 1243 al 1250)

1 Oncia = 4 Augustali

2 Augustali = 15 Tarì

1 Tarì = 24 Denari

 

Lo schema rimase identico con Corrado I (1250 – 1254), Corradino (1254 – 1258) e Manfredi (1258 – 1266).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

 

Bibliografia: C. Trasselli, Appunti di Metrologia e Numismatica Siciliana; G. Magli, Zecche e monete in Puglia durante la dominazione Sveva; H. Kolwaski, Zur Metrologie und zu den Beizeichen der Augustalen, Realen und Tari; L. Bianchini, Della storia delle finanze del Regno di Napoli; L. Dell’erba, La monetazione Sveva nell’Italia meridionale ed in Sicilia

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *