La Battaglia navale della Meloria

La strenua rivalità tra le repubbliche marinare di Genova e Pisa per il dominio sui commerci in Siria e nel Tirreno ebbe il suo culmine nella Battaglia navale della Meloria del 1284.

A poche miglia dalla costa pisana si scontrarono le flotte delle due città in un combattimento sanguinoso che rappresentò l’inizio del tracollo della Repubblica di Pisa. Non solo, infatti, la sconfitta determinò in politica interna una vera rivoluzione con la rovina della fazione ghibellina e l’affermazione del conte Ugolino della Gherardesca e di suo nipote Nino Visconti, ma c’è da aggiungere che in politica estera dovette progressivamente rinunciare alla Corsica ed a buona parte delle sue pretensioni sulla Sardegna persa definitivamente nel 1324. Il testo che segue è tratto dagli Annali di Jacopo d’Oria.

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Il nostro stuolo, così ordinato, in due schiere, essendo pervenuto nel giorno VI d’agosto, nella festa del beato Sisto martire, fra l’ora nona e il vespro, davanti alla Veronica del Porto Pisano, lungi tre miglia, i Pisani, ordinate le loro galee che erano presso le torri del Porto Pisano, ma tuttavia in una sola schiera e di fronte, ravvisando essi dai castelli e dalle macchine soltanto la prima schiera di Genova, da principio sembravano venire con grande animo contro i Genovesi col loro stuolo ottimamente preparato. Ma quanto si avvidero della seconda schiera di Genova, ebbero i cuori debilitati, però non aveano più possibilità di fuggire, onde dall’una e dall’altra parte fu intrapresa battaglia terribile e acerba. I guerreggiatori usarono da per tutto, nel combattere, ogni specie di dardi, e calcina e sapone e macchine e tormenti, che parea che quasi niuno ivi fosse, abbenchè il tempo allora fosse tranquillissimo e sereno. Nel combattimento la galea del podestà di Pisa venne a battaglia con la galea del detto messer Oberto d’Oria ammiraglio del comune di Genova; ma la galea del detto Benedetto, virilmente e celermente, si pose lunghesso la galea del podestà di Pisa, così che la prese dopo lungo combattere. E il potestà Pisano era similmente aiutato dai suoi. La galea dov’era lo stendardo del comune di Pisa venne a battaglia con al galea di San Matteo, dov’erano i Doria; e si investirono lungamente, e andò in suo soccorso la galea del Finario, e dopo diuturno e pericoloso combattere, lo stendardo dei Pisani fu catturato, ed era anch’esso difeso dalle altre galee di Pisa. E’ abbenché lo zendado dello stendardo fosse stato dilaniato tutto dai nostri, tuttavia l’antenna di esso stendardo non poteva essere gittata a terra né tagliata, ché era circondata di ferro durissimo e grosso. Ma non appena la detta antenna fu dai nostri tagliata, i Pisani, ciò vedendo, volsero a fuga, sicché, Dio volendolo, arrise ai nostri al vittoria con modico nostro danno. Ma dei Pisani fu fatta sì grande strage, che il mare da ogni parte appariva rosso, tanto era coperto di scudi, di remi e dei cadaveri dei morti. E allora furon prese XXVIIII galee dei Pisani e VII, secondo si dice, furon sommerse. Le altre galee curarono di fuggire verso il Porto Pisano, ponendosi dentro la catena, abbenché le nostre le avessero inseguite per oltre un miglio; ma per il sopraggiungere della notte non poterono minimamente averle. Nella detta battaglia, come comunemente si diceva dalle genti, furono uccisi V mila e più uomini; fatto il ricercamento dei prigionieri, furono allora trovati nelle prigioni del comune di Genova, computati quelli ch’erano stati presi innanzi, VIII mila CCLXXII uomini. Lo stendardo del comune di Pisa, preso dalla galea dei Doria, fu da essi portato nella chiesa del beato Matteo, e pende nella predetta chiesa. E ivi fu catturato il predetto potestà dei Pisani turpemente ferito nel volto, e con esso il sigillo del comune di Pisa avente impressa la figura dell’aquila; e la scritta del detto sigillo era questa: “Sigillo di Alberto Maurecino di Venezia, potestà e signore generale di guerra di mare e di terra del comune Pisano”. Il quale sigillo pende nella chiesa del beato Matteo in Genova presso lo stendardo predetto. E ivi fu anche preso un certo cartolaro della cancelleria del potestà Pisano, nel quale era l’esemplare di molte lettere che i Pisani mandavano nelle diverse parti del mondo, significando falsamente ch’erano stati per più giorni nel porto di Genova, e che niuno aveva osato contro essi battaglia; il quale cartolaro fu posto nella sacrestia dove sono i privilegi del comune di Genova. E nella battaglia fu anco preso il detto conte Loto, figlio del conte Ugolino, e tutta la nobiltà della città di Pisa, e i giudici in numero di XVII, così che chi volesse cercare o vedere Pisa l’avrebbe trovata in Genova…

 

 

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