La Prima Guerra Mitridatica

La Prima Guerra Mitridatica fu combattuta da Roma contro il Regno del Ponto tra l’89 e l’85 a.C..

Il prospero regno di Mitridate VI Eupatore, sul Mar Nero, rappresentava da tempo una minaccia per Roma ed i suoi alleati, anzitutto Nicomede II, re della Bitinia.

I governatori romani spediti in Oriente ebbero, per diversi anni, il compito di tener d’occhio la situazione e saggiare le mire dei pontici che lentamente avevano già conquistato tutte le regioni da Sinope alle foci del Danubio; toccò pure a Silla avere a che fare con le pretese espansionistiche di Mitridate, quando dovette proteggere la legittimità della successione di Nicomede III e quando, da Propretore della Celicia, rimise Ariobarzane sul trono di Cappadocia.

Tutto prese una piega diversa quando Nicomede IV, respinti alcuni tentativi mitridatici di estrometterlo dal trono, attaccò il Ponto.

L’offensiva mitridatica fu inaudita, scalzò il re dal suo trono, lo mise in fuga nella battaglia sul fiume Amnias. La Bitinia fu occupata e, mentre a Roma, Mario e Silla si contendevano il comando dell’esercito che avrebbe dovuto riportare la pace in quell’area, Mitridate massacrava 80.000 italici lasciandoli senza sepoltura ed invadeva la Tracia e la Macedonia. In Beozia, il pretore Bruttio Sura frenò quell’avanzata battendo il generale pontico Archelao in tre battaglie nei pressi di Cheronea, ma Atene, sotto il nuovo tiranno Aristione, si dette al nemico. Fu proprio questa la citta che pagò il più alto prezzo della guerra.

Silla, salpato a Brindisi, decise dapprima di attaccare il Pireo, dove Archelao si era rifugiato, ma l’altezza delle mura, prossima ai venti metri, lo obbligò a ritirarsi presso Eleusi e Megara e rivedere i suoi piani dotandosi di macchine d’assedio adeguate.
Preoccupati, Ateniesi e Pontici si precipitarono fuori le mura per combattere ma furono tavolti dalle truppe romane.
Ancora preoccupato per il sorgere di quelle imponenti macchine che davano consistenza ad un assedio i cui effetti iniziavano a farsi sentire, Archelao ottenne rinforzi e si lanciò in un nuovo attacco il cui esito però, ancora una volta, non fu positivo: Silla lasciò sul suolo duemila nemici e costrinse gli altri a rifugiarsi all’interno delle mura.

Col sopraggiungere dell’inverno i Romani si stabilirono ad Eleusi e chiesero rinforzi navali ai loro alleati. Piccoli scontri iniziarono a verificarsi ogni giorno ed una notte, mentre le guardie sui muri del Pireo dormivano, i Romani scalarono le mura, uccidendole e lasciando gli assediati in angoscioso scoramento. Come se non bastasse in città la carestia era divenuta grave e, nuove fortificazioni romane, impedivano agli Ateniesi di scappare.

Le operazioni d’assedio iniziarono con l’attivazione delle macchine e l’uso degli arieti; parti delle mura furono abbattute e date alle fiamme. Silla mantenne un blocco incessante, cambiando continuamente la parte che assaltava, inviando soldati freschi ed ingaggiando continui piccoli scontri, fino a quando, notando che le truppe nemiche erano indebolite, condusse l’armata all’attacco. Archelao seppe trovar riparo e Silla quindi modificò i suoi piani erigendo una serie di fortificazioni intorno al porto di Atene in modo da ottenere un vero e proprio blocco per ridurla definitivamente in carestia.

Ormai l’esito dell’assedio era evidente. Ad una delegazione atenese in cerca di pace, Silla rispose: “Tornate da dove siete venuti e portate co voi i vostri discorsi poichè se i Romani mi hanno mandato qui non è per istruirmi ma per punire i ribelli”. Il generale romano tornò ad assaltare la città con scale e macchine d’assedio e riuscì finalmente ad entrarvi. La punizione fu tremenda. La capitale attica fu saccheggiata, innumerevoli furono i massacri ed il resto della popolazione fu venduto in condizioni di schiavitù. In più, come risarcimento dei danni di guerra, Atene versò venti chili di oro e 600 libbre d’argento.

Archelao decise di fuggire in Tessaglia, attraverso la Beozia.
Silla lo inseguì sino a Cheronea ma, in una prima fase, evitò lo scontro spostandosi in continuazione con l’obiettivo di individuare un terreno a lui favorevole, che penalizzasse la cavalleria pontica. Quando lo trovò, la battaglia cui dette vita fu durissima e lasciò sul campo oltre 100.000 marti. Archelao continuò la sua fuga ma ancora fu raggiunto ad Orcomeno. Qui Silla, prima di combattere, fece preparare il terreno, trasformandolo artificialmente. Ai fianchi delle sue truppe fece scavare delle profonde trincee rendendo impossibile l’accerchiamento da parte della cavalleria. Dietro la sua prima fila, poi, fece piantare nel terreno dei pali appuntiti, creando una formidabile arma di difesa contro i terribili carri di Archelao. Nella battaglia che si accese, i pontici persero 80.000 uomini.

La Grecia era definitivamente riconquistata, Archelao, temendo la collera di Mitridate preferì chiedere asilo ai Romani. La sconfitta cocente costrinse Mitridate a stipulare la pace accogliendo tutte le condizioni imposte da Roma, tornò quindi entro i propri confini e consegnò a Silla 70 navi e 500 arcieri. Il restante della flotta mitridatica fu smantellato ed un contributo di 3000 talenti fu verasto dal re del Ponto a Roma. Presto però Mitridate avrebbe ripreso le armi.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: G. Brizzi, Storia di Roma; A. Frediani, L’incredibile storia di Roma antica

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